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L’Argentina elimina la tassa sui redditi per quasi tutti i lavoratori, la pagherà solo l’1% più ricco

Il Parlamento argentino ha approvato una riforma promossa dal ministro dell’Economia, Sergio Massa: il 99% dei lavoratori non dovrà pagare la tassa sui redditi, che spetterà solo a chi guadagna stipendi molto alti. Massa è candidato alle elezioni presidenziali che si terranno il 22 ottobre.
A cura di Luca Pons
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Sergio Massa, ministro dell'Economia argentino
Sergio Massa, ministro dell'Economia argentino

Il 99% dei lavoratori in Argentina non pagherà più la tassa sui redditi – quella che in Italia è l'Irpef. Il Senato giovedì ha dato il via libera, con 38 voti favorevoli e 27 contrari, a una legge che in pratica rende permanente la riforma temporanea già varata dal ministro dell'Economia Sergio Massa l'11 settembre. Ora manca solo la firma del presidente Alberto Fernandez Dovrà pagare l'imposta sul reddito solo chi percepisce più di 15 volte il salario minimo federale: si tratta di 1,77 milioni di pesos, ovvero poco meno di 4.800 euro al mese. La soglia precedente per evitare di pagare l'imposta era a 700mila pesos. Il 99% dei dipendenti nel Paese guadagna meno di 1,77 milioni di pesos, quindi solo l'1% con lo stipendio più alto (circa 90mila persone, soprattutto manager e dirigenti di alto livello) continuerà a pagare la tassa.

La decisione è arrivata quando mancano tre settimane alle elezioni presidenziali nel Paese. Si voterà il 22 ottobre, e se non ci dovesse essere un candidato con oltre il 40-45% dei voti si andrà al ballottaggio il 19 novembre tra i due più votati. Il ministro dell'Economia Massa è tra i candidati alla presidenza, e nelle primarie di agosto – quelle che hanno visto trionfare il candidato di estrema destra ultraliberista Javier Milei – Massa ha ottenuto un risultato deludente, arrivando solo terzo.

Il taglio netto alle tasse, quindi, è stato interpretato anche come una mossa elettorale. Anche perché recentemente c'è stato anche un aumento delle pensioni e degli stipendi per i dipendenti pubblici. La riforma potrebbe anche non avere alcun effetto concreto, di fatto, dato che il nuovo governo entrerà in carica a dicembre e potrebbe cancellare la norma prima ancora che venga applicata.

Il sistema argentino prevede una tassazione progressiva, come per l'Irpef in Italia, e le aliquote vanno dal 5% al 35% (più basse di quelle italiane). In più, già dall'anno scorso per fare fronte alla crisi economica una parte dei lavoratori – quelli con i redditi più bassi – hanno avuto sconti ed esenzioni dal pagamento dell'imposta. In ogni caso, cancellare l'imposta sul reddito per quasi tutti i lavoratori avrà un costo enorme per lo Stato: si parla dello 0,83% del Pil, una somma difficile da compensare e in un periodo di crisi già avanzata, con il Paese in recessione quest'anno e anche il prossimo, secondo le stime.

Il taglio delle tasse potrebbe costare circa 4 miliardi di dollari, che diventano quasi 6 miliardi tenendo conto degli altri aumenti a pensioni e stipendi. Per sostenere la spesa, l'Argentina potrebbe stampare nuova moneta, ma il rischio è che questo farà aumentare ancora di più i prezzi e quindi l'inflazione. Già adesso, i prezzi sono oltre il 120% più alti rispetto a un anno fa, e stanno aumentando di più del 10% al mese.

Stampare più moneta, perciò, potrebbe aggravare ancora di più la situazione. Il governo ha garantito al Fondo monetario internazionale, con cui ha un accordo da 44 miliardi di dollari di prestiti, che i conti resteranno in ordine. Ma l'Fmi sta cercando di "comprendere meglio e valutare l’impatto sui conti pubblici" della nuova misura, ha detto la portavoce Julie Kozack.

Milei, l'avversario principale di Massa, ha criticato la riforma proprio perché rischia di far salire ancora di più l'inflazione. Le proposte (difficilmente realizzabili) del suo partito in tema economico sono radicali: eliminare la Banca centrale argentina, rinunciare al pesos argentino come valuta e utilizzare direttamente il dollaro statunitense.

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