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Conflitto Israele-Palestina e in Medio Oriente

L’appello dell’UNICEF a Israele: “Rafah è la città dei bambini, attaccarla sarebbe una catastrofe”

Andrea Iacomini, portavoce di UNICEF Italia: “Il numero dei bambini uccisi a Gaza supera i 14mila, e stiamo parlando solo delle morti accertate, quelle di cui abbiamo contezza. Di migliaia di bambini non abbiamo più notizie da mesi e sono circa 19mila quelli che vagano per le strade della Striscia di Gaza dopo aver perso i genitori”.
Intervista a Andrea Iacomini
Portavoce di UNICEF Italia
A cura di Davide Falcioni
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"I bambini uccisi a Gaza sono più di 14mila, e stiamo parlando solo delle morti accertate, quelle di cui abbiamo contezza. Di migliaia di bambini non abbiamo più notizie da mesi e sono circa 19mila quelli che vagano per le strade della Striscia dopo aver perso i genitori". A dirlo, in un’intervista rilasciata a Fanpage.it, Andrea Iacomini, portavoce italiano dell’UNICEF, il Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia.

Il funzionario dell'agenzia ONU ha confermato che nell'enclave palestinese sono morti più bambini in sei mesi che in tutti i conflitti del mondo negli ultimi quattro anni. Un bilancio senza precedenti e sconcertante destinato ad aggravarsi se Israele dovesse attaccare la città di Rafah: "Quella è la città dei bambini. È strapiena di minori, che lì si sono ammassati negli ultimi sette mesi dopo l'inizio dei raid israeliani. Pensiamo a cosa accadrà se verranno condotti raid aerei. Dove troveranno riparo? Come potranno salvarsi dalle esplosioni, in un luogo in cui la densità abitativa è doppia rispetto a New York?". Quindi un appello a Israele: "Non attaccate Rafah, non colpite la città dei bambini, sarebbe una catastrofe colossale".

Andrea Iacomini, portavoce di UNICEF Italia
Andrea Iacomini, portavoce di UNICEF Italia

Partiamo da un dato accertato dall’ONU: tra i morti palestinesi ci sono almeno 13mila bambini. Sappiamo che a Gaza sono morti più minori in sei mesi che in tutti i conflitti del mondo negli ultimi quattro anni.

La devo correggere. Il numero dei bambini uccisi a Gaza supera i 14mila, e stiamo parlando solo delle morti accertate, quelle di cui abbiamo contezza. Di migliaia di bambini non abbiamo più notizie da mesi e sono circa 19mila quelli che vagano per le strade della Striscia di Gaza dopo aver perso i genitori. Più di 10mila sono le donne che sono state uccise. Tra loro 6mila erano madri, ciò vuol dire che ci sarà un numero terrificante di bambine e bambini che cresceranno senza la loro mamma. È inaccettabile. Bisogna cessare il fuoco, superare le divisioni e tornare a usare più spesso la parola pace.

La Direttrice generale dell’UNICEF, Catherine Russell, ha aggiunto che un attacco a Rafah potrebbe avere conseguenze devastanti. Ci spiega qual è attualmente la situazione sul campo?

Rafah è la città dei bambini. È strapiena di minori, che lì si sono ammassati negli ultimi sette mesi dopo l'inizio dei raid israeliani sulla Striscia di Gaza. Ebbene, bisogna fare di tutto affinché Rafah non venga bombardata: su circa 1,2 milioni di persone che attualmente vivono lì la metà sono bambini. Pensiamo a cosa accadrà se verranno condotti raid aerei. Dove troveranno riparo? Come potranno salvarsi dalle esplosioni, in un luogo in cui la densità abitativa è doppia rispetto a New York? Bisogna proteggere quei bambini. Faccio appello a Israele. Non attaccate Rafah, non colpite la città dei bambini, sarebbe una catastrofe colossale.

Netanyahu però ha già dichiarato che la guerra non si fermerà e che, con o senza un accordo sulla liberazione degli ostaggi, l'esercito israeliano attaccherà Rafah.

L'UNICEF non entra nel merito delle valutazioni politiche. Netanyahu vuole colpire Rafah ma anche Hamas poche ore fa ha rifiutato la proposta di accordo per un cessate il fuoco. La verità è che in questo conflitto ad avere la peggio sono i bambini: quello israeliani, che il 7 ottobre hanno visto di tutto e che vivono nell'angoscia. E quelli palestinesi, che stanno vivendo una catastrofe. I minori, da qualsiasi parte si trovino, sono le prime vittime della guerra, quelle innocenti.

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È possibile mettere in sicurezza oltre un milione di persone che vivono a Rafah, tra le quali centinaia di migliaia di bambini?

In questo momento assolutamente no. Non esistono piani per mettere in sicurezza un numero così alto di persone: andrebbero aperti i valichi, ma non c'è nessuna intenzione di farlo. E d'altra parte bisognerebbe aumentare anche il flusso degli aiuti umanitari, che attualmente sono per lo più bloccati. Abbiamo dati che confermano che a Gaza la mortalità dei bambini è più che raddoppiata, altri che testimoniano dei livelli di malnutrizione record raggiunti in questi mesi. Le donne sono costrette a partorire nei rifugi, nelle strade e tra le macerie. Il tasso di mortalità dei neonati è impressionante. Intanto le condizioni igieniche peggiorano giorno dopo giorno. Sarebbe importante capire cosa significhi essere oggi un'adolescente a Rafah oggi: sopravvivere in condizioni igienico sanitarie devastanti, senza acqua potabile, senza bagni né medicine per curarsi. Per questo l'UNICEF di recente ha distribuito biancheria e assorbenti a decine di migliaia di bambine e adolescenti.

È vero che la fame viene utilizzata da Israele come arma di guerra, come dichiarato anche da Joseph Borrell?

È vero. Già prima della guerra l'UNICEF aveva stimato che a Gaza 500mila bambini avevano bisogno di supporto alimentare, psicologico e sociale. Oggi quel numero è salito a un milione. In questo quadro è di fatto già in corso una carestia: un bambino su tre nella zona settentrionale della Striscia soffre di malnutrizione acuta, e si tratta di un dato doppio rispetto a gennaio. Quella in atto, come è evidente, è una strategia cinica e spietata da parte di Israele, un'escalation del terrore: quei bambini non combattono, le loro vite andrebbero preservate a tutti i costi. Tutte le parti, sia gli israeliani che i palestinesi, devono tutelate i civili. E trovo incredibile che anche in ambito internazionale sia sparita dai radar la parola pace e l'idea che le due parti trovino un accordo per cessare definitivamente le ostilità. Neppure le parole di un'autorità come il Papa sono state ascoltate.

Esistono stime affidabili sui danni di questi sette mesi di guerra e sui costi di una futura ricostruzione?

Non esistono stime affidabili e d'altro canto sarebbe impossibile farne, mentre i combattimenti sono ancora in corso. Quello di cui siamo certi però è che il danno psicologico sarà immensamente più grave di quello materiale. Ci sono migliaia di bambini che hanno visto i loro genitori e fratelli morire, altri che hanno perso gambe e braccia, e in tutti questi bisognerà lavorare per non instillare l'odio nei confronti dell'altro. Sarà questa la sfida più grande dei prossimi anni.

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