Sono cominciate alla Corte Suprema degli Stati Uniti le audizioni per una causa sulla legittimità dell’aborto farmacologico, dalla quale dipenderà il futuro dei diritti riproduttivi nel Paese. La Corte non si pronuncerà prima di giugno, ma se dovesse giudicare illegittimo l’uso del mifepristone, di fatto eliminerà l’unica possibilità di accedere all’interruzione di gravidanza in modo sicuro per milioni di donne. A rischio però non è solo l’aborto: se la decisione della Corte Suprema contrasterà con la Food and Drugs Administration (Fda), l’autorità che regola i farmaci negli Usa, si potrebbe creare un precedente pericoloso anche per altri medicinali, come gli anticoncezionali o i vaccini.
La causa è stata intentata a novembre del 2022 dall’Alliance for Hippocratic Medicine, uno sparuto gruppo di medici antiabortisti e fondamentalisti religiosi, che aveva denunciato la Fda presso un tribunale del Texas, sostenendo che l’agenzia non avesse seguito le procedure necessarie per autorizzare il mifepristone nel 2000.
Da quando la stessa Corte Suprema ha ribaltato la sentenza Roe v. Wade nel 2022, ponendo fine a quasi 50 anni di tutela costituzionale del diritto d’aborto, l’aborto è stato vietato in 14 stati, ma in alcuni casi è comunque possibile ricorrere all’aborto farmacologico. Le decisioni dell’Fda infatti sono vincolanti per tutti gli stati, che non hanno il potere di scavalcarle. Inoltre, la pillola abortiva viene anche inviata per posta e somministrata in telemedicina e alcune catene di farmacie, come Walgreens e CVS, hanno annunciato che cominceranno a venderle nei prossimi mesi. L’aborto farmacologico è diventato così la procedura abortiva più diffusa negli Stati Uniti, scelta in oltre il 50% dei casi. A differenza dei divieti sull’aborto scattati negli Stati repubblicani, un eventuale bando del mifepristone avrebbe conseguenze negative per tutto il Paese, anche laddove l’aborto è ancora legale.
Il tribunale del Texas, presieduto dal giudice trumpiano Matthew Kacsmaryk, aveva dato ragione al gruppo fondamentalista, ma il governo degli Stati Uniti aveva subito annunciato ricorso, portando il caso alla Corte Suprema. Secondo gli esperti, la Corte Suprema avrebbe però espresso scetticismo in merito alla possibilità di vietare l’aborto farmacologico. Il mifepristone è stato infatti approvato più di vent’anni fa dalla Fda per gli aborti fino alla decina settimana ed è una procedura giudicata sicura da molte evidenze scientifiche, nonché preferibile per l’Organizzazione mondiale della sanità perché “migliora in maniera significativa l’accesso, la privacy, la convenienza e l’accettabilità delle procedure abortive, senza comprometterne la sicurezza o l’efficacia”. Al contrario, due degli studi citati dagli antiabortisti come prova della presunta pericolosità del mifepristone sono stati recentemente ritrattati.
Sin da subito, molti commentatori hanno dato per persa la causa dell’Alliance for Hippocratic Medicine. Innanzitutto, nessuno dei medici può dimostrare di essere stato personalmente danneggiato dal farmaco, come avviene solitamente nelle denunce contro l’Fda. I medici parlano di danno morale causato dall’aver dovuto trattare gli effetti collaterali dell’aborto, un’eventualità talmente rara che è improbabile che sia loro successo davvero. Inoltre, hanno diritto all’obiezione di coscienza e sono liberi di non somministrare o prescrivere il farmaco. I medici antiabortisti, tra l’altro, non sono nemmeno residenti in Texas e diversi esperti sostengono che abbiano scelto consapevolmente di intentare lì la causa perché sicuri di vincerla, vista l’affinità politica con Kacsmaryk.
Anche se i giudici della Corte più conservatori, come Clarence Thomas e Amy Coney Barrett, si sono mostrati scettici rispetto alle richieste dell’Alliance for Hippocratic Medicine, l’impatto di questa causa non va sottovalutato. In gioco c’è infatti la credibilità dell’Fda e, più in generale, delle agenzie governative. Inoltre, la causa è appoggiata da Alliance Defending Freedom, la stessa lobby giuridica della destra cristiana che ha portato al ribaltamento della sentenza Roe v. Wade. Alliance Defending Freedom negli ultimi anni ha collezionato una serie impressionante di vittorie contro i diritti civili delle donne e delle minoranze sessuali, estendendo la sua influenza anche fuori dai confini degli Stati Uniti, agendo anche in Europa grazie alla sua divisione internazionale.
Se la Corte Suprema, come sembra, si pronuncerà per mantenere l’accesso all’aborto farmacologico, gli Stati Uniti avranno una chance di dimostrare che la loro democrazia è ancora funzionante. E, il mondo, di rendersi conto ancora una volta che i diritti delle donne non riguardano solo loro, ma hanno un impatto enorme sulla vita quotidiana di tutte le persone.