La vita di Aida a Kabul: “Ultimo anno terribile per noi donne, talebani ci hanno tolto ogni diritto”
Nel Paese dei talebani ormai quasi dimenticato dal mondo, le donne afgane da povere sono diventate poverissime. Oltre che perseguitate. Chi ha potuto è andato via, chi non ce l’ha fatta vorrebbe farlo. Ogni prospettiva di futuro è per loro stata cancellata. Ad esse è precluso l’accesso alle scuole secondarie ed è vietato di lavorare, se non in via eccezionale, nel settore della sanità e della scuola.
Non è consentito loro svolgere attività, se non accompagnate da un mahram, un parente stretto come il padre o un fratello, e neppure farsi visitare da dottori di sesso maschile. E ancora. Non possono andare in bicicletta o in moto. È vietato loro indossare tacchi alti, vestiti colorati e ridere ad alta voce. Possono salire soltanto su degli autobus previsti appositamente per loro. Spesso non vanno nemmeno più negli ospedali perché non hanno i soldi per curarsi. E, quando invece lo fanno, è ormai troppo tardi.
Aida è una donna afgana di 27 anni, vedova, ha un braccio amputato ed è disoccupata. Ha quattro figli maschi, tutti sotto i 12 anni, e una bambina di 8. Per il momento tutti i suoi bambini vanno a scuola. Il figlio più grande, però, a causa di forti problemi economici, alterna la frequentazione scolastica con dei lavoretti saltuari per strada. Oggi vivono a Kabul in una casa in affitto di una sola stanza.
Aida ha avuto la fortuna di rientrare nel progetto Dignity, promosso da Nove Onlus, organizzazione no-profit italiana che fornisce aiuti immediati alla popolazione nei casi delle emergenze umanitarie. L’ong fornisce beni e servizi essenziali di supporto alle donne in difficoltà.
Cara Aida, quando si è sposata era molto giovane. La sua famiglia decise per lei?
In un certo senso, sì. Quando mi sono sposata avevo solo dodici anni. Mio padre era morto e mia madre si era risposata. Fu suo suocero a impormi di sposare un uomo di settantaquattro anni. Ero una ragazzina, non ricordo niente. Solo che volevo studiare e mio marito sarebbe stato anche d’accordo. Tuttavia, prima di arrivare a Kabul, vivevo in un’area rurale di provincia, quella di Konduz, dove mancavano i mezzi per farlo. Quindi, oggi sono una donna analfabeta, oltre che menomata.
Come ha perso l’uso della mano destra?
Mi hanno amputato la mano a causa di una ferita di guerra. In realtà, la ferita era inizialmente molto piccola, ma non avevo i soldi per curarla. La situazione è peggiorata drammaticamente e quando ho avuto la possibilità di andare in ospedale era ormai troppo tardi. E hanno dovuto amputarla.
Da quanti anni ha perso suo marito? E come è cambiata la sua situazione da quando sono tornati i talebani?
Mio marito si è ammalato e ci ha lasciato quattro anni fa, prima che venisse ripristinato il regime dei talebani. Non è mai stato facile, ma l’ultimo anno è stato terribile. Prima che si instaurasse il nuovo regime, ricevevo i beni di prima necessità per me e i miei figli da parte del governo, ma spesso anche parenti ed amici ci regalavano il cibo che avanzava loro. Oggi questo non è più possibile perché tutti sono sempre più poveri, il governo non fornice alimenti e riesco a dare da mangiare ai miei figli grazie al supporto di Nove Onlus.
Qual è attualmente la sua più grande paura?
Ho paura del futuro e di che cosa accadrebbe se Nove Onlus (ong, ndr) non ci desse più da mangiare. Non esiste più alcuna prospettiva. Sono una donna disabile, analfabeta e non mi è consentito lavorare. Come potrei sfamare, istruire e far crescere i miei figli?
Pensa che la scuola e l’istruzione siano importanti per i suoi figli?
Ritengo che la scuola e l’istruzione siano fondamentali sia per i miei figli che per il futuro del nostro Paese. Lo studio è la condizione per assicurarsi una vita serena. Il fatto di vivere a Kabul mi tiene aggrappata alla speranza perché nelle zone rurali e di provincia le possibilità di essere istruiti sono ancora più remote. Mi preoccupa particolarmente la situazione della mia unica figlia femmina perché, se le cose non cambieranno ancora, potrebbe rimanere analfabeta come me. E non potrà costruirsi nessun futuro. Non voglio che il mio destino si ripeta per la mia bambina che oggi ha solo otto anni. E ancora una vita davanti.
Che futuro vede per le donne afgane e per i loro figli?
Se il regime dei talebani non verrà spodestato, nessun futuro potrà esserci per le donne e per i loro figli. Questo governo ha privato le donne di qualsiasi diritto e di qualsiasi libertà. Incluso il lavoro e l’istruzione che, a mio avviso, resta la più importante tra le libertà.