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Opinioni

La trasparenza, la libertà d’espressione, la Rete

La pubblicazione di dossier top secret da parte di Wikileaks riapre il dibattito sulla libertà e la trasparenza della Rete.
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Wikileaks-web

La divulgazione da parte di Wikileaks degli scottanti "cablogrammi diplomatici" con i quali funzionari delle ambasciate ed incaricati d'affari comunicavano con il Dipartimento di Stato USA, rappresenta certamente un accadimento epocale. Tralasciando per un attimo l'incidenza di tali rivelazioni e le conseguenze nel breve e medio periodo del "disvelamento" operato da Julian Assange (che per il Ministro degli Esteri Frattini vuole addirittura "distruggere il mondo"), "l'affaire – Wikileaks" spinge a fare alcune considerazioni estremamente importanti. Cominciamo col dire che il discorso è molto più profondo e complesso di quanto si potrebbe pensare, dal momento che non si tratta solo di valutare l'opportunità o meno di tali pubblicazioni.

In tal senso crediamo estremamente esplicative le parole del New York Times:

"la ragione più importante per la pubblicazione di questi documenti risiede nel fatto che essi raccontano il modo con il quale i governi prendono le loro più importanti decisioni, decisioni che spesso costano vite umane e risorse economiche. […] Tacere su queste cose equivale ad affermare il presupposto per il quale i Cittadini Americani non hanno il diritto di conoscere che cosa è stato fatto nel loro nome”.

Quello che invece crediamo sia altrettanto importante è il senso profondo, oseremmo dire quasi ideologico, del "lavoro" di Assange e dello staff di Wikileaks (che non a caso è costretta a tenere i propri server in Belgio e Svezia, nazioni che proteggono l'identità degli informatori e hanno leggi che impediscono la chiusura del sito). Per la prima volta si apre una crepa nella "stanza dei bottoni", per la prima volta parole come trasparenza, informazione e verità si manifestano in tutta la loro pienezza e, si potrebbe  dire, deflagrante potenza; per la  prima volta retorica e propaganda  sembrano spazzate via e persino i  consueti equilibrismi dialettici cui  politici e diplomatici ci hanno abituati trovano davvero poco spazio.

La stessa dirimenza dei dossier, con il clamore suscitato, le preoccupazioni dei "potenti" e gli scenari escatologici connessi (la fine della diplomazia internazionale o la distruzione del mondo, nella fantasiosa accezione del nostro Ministro degli Esteri) sono rappresentazioni di un mutamento epocale, anche considerando che, per dirla con altre parole "nel Sistema i media tendono progressivamente a ridurre al minimo il livello di consapevolezza della gravità dei problemi",anzi, spesso "la nostra consapevolezza degli avvenimenti non è che un'acquisizione sterile di nozioni astratte, che ci piovono addosso come un fiume in piena". In tal senso il coraggio di Wikileaks rompe un meccanismo oliato alla perfezione e fondante un sistema di relazioni fra e all'interno degli Stati stessi.

Un mutamento complessivo di significato, con concetti come quello della trasparenza che vengono ad assumere ben altro valore: non una sterile "visione" dei meccanismi di gestione della cosa pubblica, ma una profonda permeabilità delle stanze del potere, una conoscenza dei fini e delle ragioni che fondano scelte strategiche, oltre che dei "retropensieri" al di là dell'ipocrisia e della facciata. Una rivoluzione, dunque, che ha le sue radici in un modo nuovo di interpretare e utilizzare le enormi potenzialità della Rete e della tecnologia. La possibilità di un accesso diretto ad una enorme mole di informazioni, la continua e costante interazioni fra esperienze e saperi diversi, "la insopprimibile liquidità del digitale" che si rivela impossibile da fissare in forme e schemi tradizionali, l'incapacità di controllare ed incanalare in logiche predeterminate gli stimoli di milioni di individui: sono queste le caratteristiche (e solo alcune) della rete alle soglie del secondo decennio del 2000.

Una opinione comune di fronte alle conquiste della scienza è più o meno la seguente: "Si tratta di uno strumento e gli strumenti non sono nè buoni nè cattivi, dipende dall'uso che ne viene fatto". Ebbene, la rete, i social network, gli strumenti di condivisione vanno ben oltre questo rigido steccato, proiettandosi in uno spazio che è "necessariamente altro". L'informazione dal basso, la possibilità di veicolare messaggi in tempo reale, condividere esperienze, aggregare chiavi di lettura diverse e contrastanti, "modellare il proprio accesso alla realtà ed alle sue manifestazioni": stimoli troppo profondi e vitali per essere ingabbiati in vecchie logiche di "catalogazione dell'esistente". In Rete la libertà di espressione è valore fondante ed assoluto e la stessa pretesa di "controllo", "regolamentazione" delle informazioni è un vero e proprio controsenso, oltre che obiettivo impossibile da attuare. La "democrazia" della Rete, con centinaia di migliaia di interazioni fra utenti nei social network, con milioni di produzioni intellettuali e miliardi di messaggi (anche semplici e perchè no, banali), consiste proprio nel convivere di stimoli, opinioni e rappresentazioni contrastanti, non piuttosto in una omogeneizzazione delle posizioni in nome di una non meglio precisata "etica della responsabilità che tenga conto delle implicazioni della trasparenza".

Questo non vuol dire però, trasformare i mezzi di informazioni in un contenitore sterile di "fatti nudi e crudi", dal momento che nessuno nega l'importanza della "mediazione intellettuale", specie in un settore nel quale evidentemente ogni racconto è già di fatto una interpretazione del reale. Si tratta piuttosto di rispettare il senso critico degli utenti, interagire con gli stimoli provenienti dal basso e, lungi dall'operare una selezione a priori, di fornire agli individui tutti gli strumenti per interagire criticamente con la realtà, sulla strada maestra del confronto e della condivisione di saperi, idee ed esperienze.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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