La straziante lettera di un sopravvissuto al campo di sterminio nazista consegnata dopo 75 anni

La straziante esperienza vissuta in un campo di sterminio nazista durante la seconda guerra mondiale si era appena conclusa quando Jules Schelvis ebbe l'irrefrenabile desiderio di far sapere alla sua famiglia di essere ancora vivo ma non sapeva che l'uomo a cui aveva consegnato quella lettera non sarebbe mai riuscito a consegnarla. Quella lettera ha vagato per decenni e solo domenica scorsa, più di 75 anni dopo, il cugino di Schelvis, Karel Stroz, ha finalmente ricevuto quei fogli che sono ora a tutti gli effetti un reperto storico. A ritrovare quel documento il ricercatore Jos Sinnema del Museo della Resistenza di Amsterdam che lo ha recentemente scoperto per caso decidendo di restituirlo a uno dei destinatari ancora in vita che ha deciso però di donarlo allo stesso museo.
La lettera, che racconta con cruda freddezza quanto accaduto nei campi di sterminio, è datata 7 maggio 1945, quando Jules Schelvis, uno dei più famosi sopravvissuti all'Olocausto nei Paesi Bassi, incontrò un suo conoscente, l'olandese Nico Staal, proveniente dal campo di concentramento di Dachau e diretto a casa. Essendo malato e ricoverato, Schelvis decise di inviare la lettera a sua zia, suo zio e i cugini Annie, Isaac e Karel Stroz. "Gretha, David, Hella, Chel e Herman sono stati, ne sono sicuro al 99 per cento, gasati immediatamente all'arrivo alla al lager di Sobibor, vicino a Lublino. Sarà doloroso per te leggere tutto questo, ma devo dirtelo comunque" si legge nella straziante lettera in cui Schelvis si scusa per il suo tono: “Scrivo tutto questo così freddamente, perché le tante cose che ho visto e vissuto io stesso mi hanno reso duro ".

Jules Schelvis, essendo ebreo, nel giugno 1943 fu trasportato nel campo di sterminio di Sobibor, dove scampò allo sterminio perché messo a lavorare fuori dal campo. Sua moglie così come tutta la famiglia di quest'ultima invece furono immediatamente uccisi. Schelvis sopravvisse a un viaggio infernale attraverso sette campi prima di essere liberato nell'aprile 1945 a Camp Vaihingen vicino a Stoccarda, gravemente malato di febbre tifoide. Dopo il pensionamento, ha testimoniato ampiamente quello l'orrore dei campi di sterminio attraverso numerosi libri e ha dedicato la sua vita a garantire che gli orrori dell'olocausto non venissero dimenticati.