La storia di “Nieto 133”, bambino rapito dalla dittatura argentina e ritrovato dopo 47 anni
Il 28 luglio scorso le Abuelas de Plaza de Mayo di Buenos Aires (Nonne di Plaza de Mayo) hanno annunciato il ritrovamento – dopo 47 anni – del Nieto 133 (Nipote 133). La sua vera identità non è stata rivelata per ragioni di riservatezza, ma la sua storia ha commosso tutta l'Argentina: è infatti la storia di un neonato strappato ai suoi genitori da funzionari del regime militare di Jorge Videla (1976-1983), allevato da un uomo e una donna che non erano suo padre e sua madre bensì figure fedeli alla dittatura. È la storia di una donna – una rivoluzionaria – sequestrata, torturata e uccisa. Ed è la storia di un lungo percorso di ricerca della verità, un cammino intrapreso da tempo proprio da Nieto 133 e da suo fratello Miguel che si è concluso poco più di due mesi fa.
Chi erano i desaparecidos e cosa fu il Plan Condor
Ma andiamo con ordine e facciamo un passo indietro. Nell'estate del 1976, pochi mesi dopo l'instaurazione del regime dittatoriale di Jorge Videla, i militari iniziarono a dare la caccia agli oppositori, prevalentemente studenti universitari, militanti politici di sinistra e sindacalisti. Circa 30mila persone vennero sequestrate, chiuse in centri di detenzione clandestini e torturate, infine uccise e fatte sparire. Sono i cosiddetti "desaparecidos". Migliaia di uomini e donne vennero gettati dagli aerei militari argentini nelle acque del Rio de la Plata affinché se ne perdessero definitivamente le tracce. Prima di essere assassinate, le ragazze incinte vennero fatte partorire e i loro figli rapiti e affidati a famiglie fedeli al regime.
Il "terrore" venne instaurato nell'ambito di un più ampio progetto politico chiamato "Plan Condor", ovvero un coordinamento segreto tra i servizi di Intelligence delle dittature militari di Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Paraguay e Uruguay per combattere le forze di sinistra in America Latina, considerata dagli USA il proprio "cortile di casa". L'operazione, stabilita nel novembre 1975, alcuni anni dopo la Rivoluzione Cubana, si manifestò come un vero e proprio terrorismo di Stato in ambito internazionale, e si avvalse talvolta della complicità o della connivenza della Cia e dell'Fbi; le finalità del Plan Condor infatti sembravano compatibili con la politica anticomunista degli Stati Uniti.
La storia di "Nieto 133"
Tra i bambini che vennero sequestrati dal regime argentino c'era anche Nieto 133 – che chiameremo Pablo, nome di fantasia. Il piccolo – figlio biologico di Cristina Navajas e Julio Santucho, militanti del Partito Rivoluzionario dei Lavoratori – venne sequestrato a Buenos Aires da uomini di Jorge Videla. La mamma venne infatti catturata il 13 luglio di quell'anno, mentre era incinta, e dopo essere stata segregata in vari centri di detenzione, interrogata e torturata venne fatta partorire. Poi – come molti altri uomini e donne – fu uccisa e "desaparecida" dai funzionari della giunta militare. Di lei non si seppe più nulla, mentre Pablo venne illegalmente adottato da un poliziotto e da un'infermiera della capitale argentina, entrambi politicamente affini alla giunta militare di estrema destra di Videla.
La ricerca della verità di Miguel "Tano" Santucho, fratello di "Nieto 133"
Per decenni Miguel "Tano" Santucho – fratello di Pablo e scampato al sequestro quel 13 luglio del 1976, quando aveva appena 8 mesi – ha cercato la verità sulla sua famiglia avvalendosi del prezioso supporto delle Nonne di Plaza de Mayo, organizzazione argentina per i diritti umani che ha la finalità di localizzare e restituire alle legittime famiglie tutti i bambini sequestrati e fatti sparire nell'ultima dittatura militare, creando inoltre le condizioni per istituire processi nei confronti dei responsabili di questi orribili crimini.
Ebbene, a 46 anni di distanza, dopo anni di ricerche, Pablo è stato finalmente ritrovato e presentato alla sua vera famiglia. Nelle scorse settimane "Tano" Santucho e suo fratello sono stati accolti dal sindaco di Roma Roberto Gualtieri. È in quell'occasione che l'abbiamo incontrato. "Dopo essere stata rapita mia madre, Cristina Navajas, venne condotta in diversi centri clandestini – racconta Tano a Fanpage.it – Venne brutalmente torturata e interrogata. Quando mio fratello nacque venne consegnato a una coppia: lei era infermiera, lui ufficiale di polizia, parte dell'apparato repressivo del regime di Videla".
Negli anni sempre più spesso Pablo ha iniziato a sospettare di non essere figlio di quelle persone che per tutta la vita gli avevano detto di essere i suoi genitori: "Mio fratello ha deciso di scoprire la verità, aveva capito che quell'uomo violento non era suo padre. Si è rivolto alle Abuelas di Plaza de Mayo ed ha iniziato l'iter per il riconoscimento, compilando un fascicolo e sottoponendosi agli esami del Dna". Il risultato è arrivato il 28 luglio: Pablo era il Nieto 133. Sua madre e suo padre non erano un'infermiera e un poliziotto fedeli alla dittatura di Videla, bensì Cristina Navajas e Julio Santucho, militanti rivoluzionari e fieri oppositori del regime. La donna che l'aveva messo al mondo, inoltre, era stata rapita, torturata e fatta sparire.
"Altri bambini rapiti dal regime di Videla sono in Italia"
Tano è sicuro che altri bambini sequestrati e desaparecidos – oggi adulti di 40-46 anni anni – possano trovarsi ancora in altri Paesi del mondo: "Sono convinto che alcune di quelle persone si trovino in Italia. Voglio rivolgere loro un appello: se siete nati in Argentina, vivete in Italia e avete dubbi sulla vostra identità potete rivolgervi ai referenti delle Abuelas di Plaza de Mayo a Milano e a Roma. Vi aiuteranno a scoprire quali sono le vostre vere origini e la verità sulla vostra famiglia".
Chi sospetta di essere figlio, o figlia, di genitori desaparecidos durante il regime di Videla è invitato a rivolgersi alla onlus 24marzo, o a scrivere una mail alle Abuelas de Plaza de Mayo all'indirizzo dudas@abuelas.org.ar. Referenti dell'associazione, presenti sul territorio italiano, faranno compilare un fascicolo e nel pieno rispetto della privacy preleveranno un campione del DNA, che verrà poi spedito in Argentina e analizzato per trovare eventuali compatibilità genetiche con oppositori fatti sparire durante la dittatura.