Il killer delle ragazzine fragili: ne ha uccise e squartate 8
Takahiro Shiraishi, 27 anni, si era trasferito lo scorso agosto a Zama, sobborgo sud-occidentale di Tokyo, dove aveva preso in affitto un piccolo appartamento. Non era molto socievole con i vicini, ma era proprio questa sua discrezione e il profilo basso, nel quartiere borghese, erano molto apprezzati. Di lui si diceva che era un inquilino perfetto e in un certo senso lo era, passava tutto il suo tempo da solo nell'appartamento, in silenzio, al computer.
Dopo anni di disagio e confusione, Shiraishi aveva finalmente trovato nell'anonimato di un account Twitter il suo mondo. Nickname ‘Hanging pro', come avatar un ragazzo manga con segni di un cappio al collo e tagli sui polsi, il suo era un profilo molto singolare. Ventotto follower, ma di quelli preziosi, che condividevano con lui l'interesse per temi come il bullismo e l'autolesionismo. Nella sua bio si leggeva: "Voglio aiutare le persone che stanno veramente soffrendo, per favore, contattatemi in qualsiasi momento in privato".
In molti rispondevano a quella richiesta, ma a Takahiro interessavano solo le ragazze giovani e carine. Quando una di loro lo contattava raccontandogli propria storia di solitudine, gli istinti suicidi, la depressione, Shiraishi le diceva: "Uccidiamoci insieme". Alcune fuggivano inorridite, altre ne rimanevano colpite, turbate, attratte. In Giappone esiste una parola per indicare il ‘duplice suicidio': Shinjū. Anticamente indicava il suicidio degli amanti, ma con il tempo è stato usato per indicare il suicidio di due persone che hanno un legame. Takahiro, però, non aveva alcuna intenzione di suicidarsi. Sin da piccolo, era affascinato dall'idea della morte, sebbene non fosse mai stato un ragazzino cupo. Una volta era svenuto mentre giocava con altri compagni di scuola giocavano soffocarsi a vicenda. Ora aveva capito finalmente da cosa si sentiva attratto, gli piaceva l'idea di vedere le persone morire.
L'escalation
La prima ragazza morì subito, ma ci vollero tre giorni per farla a pezzi, tre giorni di duro lavoro. Poi il suo fidanzato si era messo a cercarla. Era l'inizio di agosto, Takahiro si sentiva inebriato da quell'omicidio e non voleva problemi, così uccise anche lui. Li fece a pezzi entrambi e poi, per non dare nell'occhio con i vicini, coprì i resti smembrati con una lettiera per gatti. Shiraishi continuò la sua opera di morte, e non solo non venne scoperto, ma diventò sempre più esperto e scaltro. Quando individuava una vittima su Twitter le consigliava immediatamente di non parlare dei suoi impulsi autolesionistici con la famiglia e gli amici e soprattutto, di non esternarli sui social.
In questo modo si assicurava che la vittima rimanesse isolata e non parlasse con nessuno della sua ‘offerta di aiuto'. Nessuno lo fece, infatti, le vittime salirono a 9, tutte ragazze tra i diciassette e i vent'anni, una alla settimana, in un'implacabile escalation di orrore. I pezzi dei corpi, teschi, ossa, organi, rimanevano tutti nell'appartamento di Tokyo, accatastati sotto montagne di lettiera e stipati nei congelatori. Era tutto perfetto, le vittime non avevano nessun collegamento né con lui né con il suo appartamento, arrivare a quel disoccupato dimesso e silenzioso era quasi impossibile.
La trappola
Quasi. Il fratello di una delle ragazze che aveva ucciso e fatto a pezzi, infatti, riuscì a introdursi nell'account Twitter della sorella e a denunciarne la scomparsa. Fu contattato da una follower, un'altra utente sconosciuta di quel mondo di anonimi, che però gli indicò una pista reale. La ragazza gli riferì che il fantomatico ‘ hanging pro' incoraggiava le persone al suicidio e lui allertò immediatamente la polizia. Per Takahiro scattò la trappola: la ragazza gli diede un breve appuntamento alla stazione, dove attenderlo c'era la polizia. Gli agenti lo seguirono fino a casa e quando entrò, fecero irruzione nell'appartamento. All'interno vi trovarono, come sospettavano, la borsa della 23enne scomparsa. Quello che non si aspettavano era di trovare i corpi smembrati di altre 8 persone scomparse.
L'epilogo
Oggi Takahiro è in carcere in attesa del processo per i 9 omicidi. L'accusa ritiene che il ventisettenne possa aver aggredito anche sessualmente, le ragazze, ma ormai è impossibile provarlo. Nel paese con uno dei più bassi tassi di criminalità al mondo, la sua storia ha suscitato sgomento e orrore. Le immagini del tranquillo condominio di Zama sono finite sui giornali internazionali e gli amministratori di Twitter hanno promesso regole di controllo ferree. Prima che sulla storia venga posta la pietra tombale di una sentenza (con il massimo della pena) resta ancora un dubbio. Insieme a hanging pro, l'assassino aveva aperto altri profili.
Quante vittime ci sono ancora?