La storia di John Wayne Gacy, il killer clown che seppelliva i ragazzini nel suo giardino
John Wayne Gacy è destinato a rimanere nella storia come killer clown. Un serial killer spietato che ha sequestrato le sue trentatré vittime, tutte di sesso maschile e in età compresa tra i 16 ed i 22 anni, le ha stuprate e poi uccise strangolandole.
Ha occultato i loro corpi nel seminterrato della sua abitazione. E la scelta di un simile cimitero dell’orrore non è stata per niente casuale. Gacy nascondeva i cadaveri lì dove li poteva vedere.
Una collezione di trofei, quasi cimeli, che gli servivano per dimostrare a sé stesso che, ogni volta, poteva permettersi di eliminare le sue tendenze bisessuali.
Dunque, un narcisista che nutriva le proprie pulsioni perverse e assassine anche attraverso un profondo simbolismo.
Bisogna però sfatare un mito. Gacy non uccideva le sue prede vestito da pagliaccio. Al contrario, il riferimento è all’attività di volontariato che svolgeva in favore dei bambini. E allora perché proprio il clown?
Il volto del clown è familiare, ma allo stesso tempo i suoi tratti sono distorti ed esasperati dal trucco. Ragion per cui il bisogno di noi esseri umani di riconoscere gli altri attraverso i lineamenti del viso viene destabilizzato da un pagliaccio.
Per intenderci, il sorriso genuino dura a malapena una manciata di secondi. Per questo il riso forzato del clown diventa un tratto inquietante. Chissà qual era l’effetto sortito da Pogo the Clown alias John Wayne Gacy.
Sicuramente, nessuno si aspettava tanta malvagità da un uomo così socialmente rispettabile. Ripercorriamo insieme la sua storia che, tra gli altri, ha ispirato il romanzo horror It di Stephen King. Dal 20 aprile 2022 è anche disponibile su Netflix una docuserie che racconta gli orrori compiuti da John Wayne Gacy.
Chi era il killer clown
John Wayne Gacy è nato a Chicago il 17 marzo 1942. Secondo di tre figli, non ebbe certo un’infanzia felice. Un bambino in sovrappeso che si è dovuto difendere già in tenera età dagli abusi perpetrati nei suoi confronti dal padre alcolizzato.
Abusi sia di tipo fisico che psichico. Un padre che gli faceva pesare il fatto di avere qualche kg di troppo, lo definiva “scemo” e gli diceva che da adulto sarebbe diventato omosessuale.
Quindi, Gacy trascorse tutta la sua infanzia alla ricerca di un’approvazione da parte del padre che, però, non otterrà mai. Un ragazzo apparentemente normale che la mattina studiava e il pomeriggio andava in ritiro con gli scout.
Un episodio non trascurabile è da considerarsi anche la caduta che ebbe a undici anni. In quell’occasione, aveva sbattuto la testa precipitando dall’altalena. Quella caduta gli costerà ripetute perdite di memoria.
Tuttavia, le indagini espletate sul suo corpo dopo essere stato giustiziato dimostreranno come quella caduta non incise in alcun modo sulla sua condotta pluriomicida.
Abbandonati presto gli studi, Gacy intraprese una florida carriera manageriale e nel 1964 conobbe Marlynn Myers, figlia di un noto imprenditore nel campo della ristorazione.
Dopo un matrimonio da record e due figli, nel 1966 il suocero gli propose di dirigere tre dei ristoranti fast food della catena Kentucky Fried Chicken di cui era proprietario a Waterloo, nello stato dell’Iowa.
Gacy decise di accettare e di trasferirsi con la moglie nella contea di Black Hawk. Per lui sarà l’inizio della fine.
Il primo stupro
Nell’agosto del 1967, Gacy si macchierà di stupro in danno del quindicenne Donald Voorhees. Quest’ultimo, figlio di un amico di famiglia, venne irretito dall’uomo con la scusa di guardare un film pornografico.
Ma le intenzioni dell’imprenditore erano radicalmente opposte. Dopo averlo fatto eccedere con l’alcool, l’uomo costrinse Donald a consumare un rapporto orale.
Il giovane riuscirà a confessare l’accaduto soltanto un anno e mezzo dopo. Gacy venne così arrestato e condannato nel 1968 per sodomia a dieci anni di reclusione.
Di conseguenza, la moglie chiese il divorzio e da quel momento in poi l’uomo perse il diritto di vedere i suoi figli.
Durante il regime di detenzione, però, John si rivelò un detenuto modello potendo così beneficiare di 12 mesi di libertà condizionata. Uscito definitivamente nel 1971 ricominciò da capo la sua vita.
Grazie al finanziamento della madre comprò una casa nella sua città natale e lì andò a vivere con la sua nuova moglie. Il matrimonio durò solo tre anni. Mentre la loro casa sarebbe stata destinata a diventare di lì a poco un cimitero per adolescenti.
Un anno dopo, era il 1972, Gacy aprì un’impresa edile. L’uomo ingranò rapidamente tanto da tornare ad affermarsi come imprenditore di successo. Ma non solo.
A quel punto della sua vita decise di dedicarsi al volontariato e di rendersi protagonista di vere e proprie esibizioni per bambini. Tutte rigorosamente svolte vestito da pagliaccio. Scelse anche un nome d’arte, Pogo the clown.
Ma Gacy divenne molto attivo non soltanto nel sociale, ma anche in politica. Con un passato da assistente di un candidato democratico del suo Paese, riuscì persino a farsi fotografare con l'allora first lady Rosalynn Carter. Era il 1978, e la sua mattanza durava già da sei anni.
Il seminterrato e i cadaveri
Nel dicembre 1978 sarà la scomparsa di Robert Piest, 16 anni appena, a dare inizio a un’indagine senza precedenti. L’ultima persona a vedere il giovane, impiegato presso una farmacia di Des Plaines, era stato proprio l’impresario.
Scoperto che Gacy aveva nel casellario una precedente condanna per sodomia, gli investigatori si recarono presso la sua abitazione. Di lì a poco, nel seminterrato, scopriranno l’inferno: ventinove cadaveri di giovani scomparsi. All’appello si scoprirà mancarne altri 4.
I cui resti sono stati gettati da John nel fiume Des Plaines. Sette anni di omicidi e notti torbide. Trentatré in totale le vittime di uno dei serial killer più inquietanti che la storia criminale americana ricordi.
Torture, sevizie e il gusto dell’orrido hanno attribuito a Gacy l’appellativo di Killer clown. John Wayne Gacy è stato giustiziato il 10 maggio 1994, pochi minuti dopo la mezzanotte.
La personalità di Gacy e la maschera
Chi era davvero John Wayne Gacy? Un predatore sadico e mortale come pochi ce ne sono stati al mondo. Le sue vittime altro non erano che dei fantocci da utilizzare per soddisfare i bisogni di Pogo the Clown: il suo alter ego.
Nel tempo libero l’uomo faceva attività di volontariato durante la quale indossava proprio un costume da pagliaccio per intrattenere i bambini. Ma il pagliaccio, così come la sua maschera, celava un preciso significato per Gacy.
In questo senso, nascondere la faccia dietro tutto quel trucco rappresentava per lui l’unico modo per essere sé stesso. Del resto, da sempre la maschera ribalta tutte le convenzioni sociali perché a lei tutto è concesso. E a John concedeva di essere un assassino terrificante dietro un volto sorridente.
Il sorriso del clown altro non era che un ghigno di cui l’uomo si serviva per riappropriarsi dell’infanzia negata. Quasi come se avesse avuto uno sdoppiamento: il volto di un adulto che voleva dare un’altra possibilità al bambino umiliato e deprezzato dal padre.
Dietro il sorriso del pagliaccio c’è sempre una velata tristezza e una personalità diversa da quella reale. Gacy doveva occultare la sua vera identità e lo ha fatto trincerandosi dietro una parrucca e un naso rosso.
Pur essendo diventato adulto nelle sembianze, il suo sviluppo cognitivo ed emotivo si è arrestato nella prima infanzia. Un’infanzia in cui gli era stata negata la possibilità di strutturare e sviluppare la propria personalità.
Suo padre, Wayne Sr, era un alcolista e non perdeva occasione per umiliarlo. “Femminuccia”, “frocio”, “ciccione”, “scemo”. Insomma, un padre che gli faceva scontare il fatto di essere in sovrappeso e lo faceva sentire impotente nell’elemosinare un’approvazione che non sarebbe mai stato destinato a ricevere.
E, proprio quanto fatto dal padre nei confronti del figlio, si ripercuoterà sul modo in cui Gacy trattava le sue prede. Quest’ultimo, quando uccideva, chiamava le sue vittime “froci insignificanti”. Gli stessi appellativi che il padre utilizzava nei suoi confronti. Dopo anni, però, Gacy era passato dalla parte del carnefice.
Per John quella dei clown era diventato un vero e proprio chiodo fisso. Al punto da renderli protagonisti dei quadri che dipingerà nei 14 anni nei quali si è trovato nel braccio della morte. Spaventosi pagliacci sorridenti.
Le sue ultime parole, pronunciate pochi minuti prima di ricevere l’iniezione letale endovenosa, sono state: “Baciatemi il culo”.
Come uccideva le sue prede
Come sempre accade, e a maggior ragione di fronte a dei predatori seriali, la scena del crimine racconta molto sulle modalità di esecuzione degli omicidi.
Così è stato anche per l'abitazione di Gacy, che ha mostrato come l‘uomo prediligesse prima legare i giovani con una corda. Dopodiché, una volta violentati, li soffocava con un calzino infilato in gola.
Non a caso il modus operandi del pluriomicida racconta molto sulla sua personalità. Difatti, il ricorso ad un'arma da punta e da taglio e lo strangolamento evidenziano nuovamente come Gacy fosse del tutto privo di empatia.
Le prede altro non erano, nella sua versione totalmente distorta della realtà, degli strumenti funzionali al proprio ed esclusivo soddisfacimento. Più nel dettaglio, rappresentavano degli schiavi sui quali esercitare non soltanto il totale controllo fisico, ma anche degli oggetti inanimati sui quali riversare tutte le proprie frustrazioni.
E, proprio sul punto, si ripresenta il rapporto disfunzionale con il padre. In altri termini, Gacy ha riprodotto – portandolo all'estremo – lo schema comportamentale che il padre aveva per anni esercitato nei suoi confronti.
Le vittime accertate del killer clown
Timothy McCoy, 18 anni, 3 gennaio 1972
John Butkovitch, 17 anni, 21 luglio 1975
Darrell Sampson, 18 anni, 6 aprile 1976
Randall Reffett, 15 anni, 14 maggio 1976
Sam Stapleton, 14 anni, 14 maggio 1976
Michael Bonnin, 17 anni, 3 giugno 1976
William Carroll, 16 anni, 13 giugno 1976
Rick Johnston, 17 anni, 6 agosto 1976
Kenneth Parker, 16 anni, 25 ottobre 1976
Michael Marino, 14 anni, 25 ottobre 1976
Gregory Godzik, 17 anni, 12 dicembre 1976
John Szyc, 19 anni, 20 gennaio 1977
Jon Prestidge, 20 anni, 15 marzo 1977
Matthew Bowman, 19 anni, 5 luglio 1977
Robert Gilroy, 18 anni, 15 settembre 1977
John Mowery, 19 anni, 25 settembre 1977
Russell Nelson, 21 anni, 17 ottobre 1977
Robert Winch, 16 anni, 10 novembre 1977
Tommy Boling, 20 anni, 18 novembre 1977
David Talsma, 19 anni, 9 dicembre 1977
William Kindred, 19 anni, 16 febbraio 1978
Timothy O'Rourke, 20 giugno 1978
Frank Landingin, 19 anni, 4 novembre 1978
James Mazzara, 21 anni, 24 novembre 1978
Robert Piest, 15 anni, 11 dicembre 1978
Una strage senza fine
Soltanto ad ottobre 2021, la polizia di Chicago è riuscita a dare un volto e un nome ad un'altra vittima di John Wayne Gacy. Si chiamava Francis Wayne Alexander, un giovane della North Carolina che si era trasferito a Chicago poco dopo essersi sposato.
Terminata la sua relazione sentimentale, aveva fatto perdere le sue tracce sul finire del 1976. Dopo tantissimi anni, però, la sua famiglia ha potuto conoscere le sorti del giovane.
"Anche dopo 45 anni è dura conoscere il destino del nostro amato Wayne. Il nostro cuore è gonfio di dolore, e il pensiero va alle famiglie delle altre vittime. L'unica consolazione è sapere che l'assassino non respira più l'aria che respiriamo noi". Con il riconoscimento di Francis, le vittime non identificate sarebbero sette.