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Guerra in Ucraina

“La Russia è il peggior futuro che può capitarvi, non copiatela”: parla lo scrittore russo Glukhovsky

“Il mio Paese è una lezione in negativo per il mondo”, dice lo scrittore dissidente che immaginò un’umanità ridotta a vivere nel metró di Mosca dopo una guerra atomica. “Non impariamo dalla Storia, riproponiamo ideologie che provocarono catastrofi”. Il sovranismo di Putin “serve solo a mantenere il potere”. E lo zar “non vuole suicidarsi: eviterà Armageddon”.
A cura di Riccardo Amati
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"La Russia è una distopia divenuta realtà. Vi succedono cose che gli altri Paesi dovrebbero osservare ed evitare di ripetere". Dmitry Glukhovsky non è per niente lusingato se gli si dice che quanto ha scritto nei suoi romanzi si sta avverando: "Sono inorridito. Quando mi arrivano le immagini della gente che si rifugia e vive nelle stazioni e nelle gallerie delle metropolitane di Kyiv o di Kharkiv, non riesco a credere che sia la realtà". Lo scrittore non pensa che Putin userà armi nucleari, anche se "è pericolosamente ossessionato dalla necessità di non perdere".

Glukhovsky è l'autore di Metro 2033, che ha venduto oltre due milioni di copie in 35 lingue, è diventata una trilogia letteraria, una popolarissima serie di videogiochi e un "universo" in franchising a cui contribuiscono scrittori di più Paesi. Partendo dalla constatazione che "la metropolitana di Mosca è il più grande rifugio antiatomico al mondo", nel romanzo — scritto da giovanissimo, oltre vent'anni fa — immaginava che dopo una guerra nucleare i sopravvissuti ricreassero una cruda civiltà nel metró moscovita.

Metro 2033 descrive un universo sotterraneo "sovranista": ogni stazione è un piccolo Stato in guerra con gli altri nel nome di ideologie dissotterrate dal mondo che fu. "È una proiezione di quello che da ragazzo vedevo nella società russa: nel caos degli anni ’90  prosperarono nostalgia dello stalinismo e culti nazisti". Il libro era "un avvertimento a non percorrere strade che la Russia poi ha percorso costruendoci sopra la propaganda per giustificare l'ingiustificabile". Oggi, è una lezione per chi anche altrove "rivaluta pezzi di ideologie che nella Storia hanno provocato catastrofi". E il sovranismo alla Putin "è solo un modo per restare al potere".

Fanpage.it ha raggiunto lo scrittore via Zoom nella località segreta in Europa dove vive. In Russia rischierebbe fino a 15 anni di prigione: è stato incriminato per aver "discreditato le forze armate" di Putin. Pochi giorni fa è stato dichiarato "agente straniero".

Nei romanzi e nei videogiochi di cui è autore, i sopravvissuti a un conflitto termonucleare totale vivono nella metropolitana di Mosca. Cosa pensa quando vede le persone che oggi si rifugiano in quella di Kyiv?

Provo orrore. Ci confrontiamo con una realtà incomprensibile. In un mondo che pensavamo si fosse messo alle spalle i grandi drammi del Ventesimo secolo, le carneficine di massa, il fascismo e la stupidità di chi crede alla propaganda, si lanciano missili sulle città e si manda al massacro gente in base a propositi, obbiettivi e missioni inventati da un regime. Penso alla mobilitazione proclamata in Russia.

Una cosa che colpisce nel mondo di Metro 2033” è il riproporsi delle ideologie e delle dinamiche che portano al peggio. Succede anche nella realtà di oggi?  

Ho scritto il romanzo a 17 anni, e con tutta l’ingenuità di quell’età volevo dare un avvertimento al mondo. Le “profezie” del libro sono assurde quanto la realtà attuale. Metro 2033 è un libro di protesta. Contro la tendenza degli esseri umani a riesumare le peggiori cose del passato. Nelle stazioni e nei tunnel, dopo il giorno dell’apocalisse, i sopravvissuti ricreano il vecchio mondo con le sue guerre e le sue ideologie velenose.

Quindi la storia non insegna niente allumanità?

L’idea era quella. Anche se i più grandi errori e crimini possibili condannassero l’Umanità all’estinzione, i sopravvissuti cercherebbero di ripristinare il vecchio mondo con tutte le sue peggiori contraddizioni.

E quindi fiorirebbero nazisti e comunisti sotterranei”, come nella sua fiction? 

Capisco che possa sembrare solo una trovata “di genere”. Soprattutto se non si conosce la società russa. Perché a quella mi sono ispirato. Dalla fine dell’Urss, i russi sono alla ricerca di un’ideologia. Rimasti di colpo senza identità, si son sentiti come cani randagi e hanno iniziato a dissotterrare il vecchio comunismo, e anche il nazismo. Che negli anni ’90 prosperava, nel Paese.

È il caos sociale ed economico degli anni 90 in Russia ad ispirare luniverso di Metro 2033, e la sua carica di preveggenza? 

I marchi ideologici e gli schemi che emersero allora sono gli stessi che la propaganda del regime di Putin sta usando oggi per giustificare l’ingiustificabile. Ma Metro 2033 non è certo un romanzo di rivelazioni. Semmai di presagi. È una proiezione nel futuro di quel che conoscevo della società russa. Una mia suggestione di come gli avvenimenti avrebbero potuto succedersi. Voleva anche essere un’opera coscientemente assurda. Estrema.

Il mondo del suo libro è “multipolare”: ogni stazione della metropolitana è uno Stato. Lo definirebbe sovranismo”.  Ed è il sovranismo lidea forte di Putin, oggi?

È solo un modo per isolare la Russia dall’Occidente ed evitare ogni esercizio di soft power da parte di America ed Europa nei confronti della società russa. Putin ha il terrore di una “rivoluzione colorata” che privi del potere lui e i suoi successori. Per questo tuona contro l’ordine mondiale americano e in favore del recupero della sovranità e del multipolarismo.  Per questo cerca seguito tra le forze della destra alternativa e della sinistra anti-Usa e anti-Nato in Occidente.

Perché Putin è così ossessionato dalle rivoluzioni colorate”?

Ha neutralizzato gli oligarchi mandandoli in galera, espropriandoli delle loro attività a favore di vecchi amici ed ex colleghi del Kgb oppure riducendoli alla più assoluta fedeltà. Ha poi addomesticato l’intera classe politica: da almeno 15 anni non ha opposizione nel Parlamento. Restava solo la possibilità di una rivolta popolare, a preoccuparlo. Quindi, controllo totale dei servizi di sicurezza e repressione ferrea. E si cerca di isolare la Russia dalle influenze politiche e culturali dell’Occidente. In particolare, dopo la rivoluzione ucraina del 2014 e dopo le recenti rivolte in Bielorussia e in Kirghizistan, l’ossessione nei confronti delle presunte intenzioni dell’Occidente di spodestarlo è diventata una paranoia grave, per Putin

Insomma alle prese di posizione anti-occidentali del presidente russo non corrisponde alcun ideale?

Nessuno. Sono solo un mezzo per conservare il potere. Putin non ha un’ideologia.

Eppure la dimensione ideologica è diventata diventata portante nella narrativa del Cremlino.

La generazione attualmente al potere soffre dei postumi di una sbornia ideologica: è cresciuta con l’ideologia comunista, l’ha vista cadere ed è diventa cinica, pragmatica e dedita solo a far soldi in ogni modo possibile. Poi, con l’annessione della Crimea, compiuta per distrarre la nazione dalla calo del tenore di vita, la narrativa imperiale e anti-occidentale è diventata il fondamento del regime. La classe dirigente deve ora sostenere un imperialismo che punta al recupero delle posizioni che furono dell’Urss. E Il totem di questa pseudo-ideologia è Stalin. In grado di proiettare forza e potere, di piegare le nazioni europee geograficamente più vicine e di espandere la sfera d’influenza della Russia che fu degli zar. Un dittatore temuto. La paura in Russia è importante. Specialmente per i sostenitori di Putin, che spesso scambiano la paura che hanno di lui per rispetto. Tutto questo non significa che si voglia tornare al comunismo sovietico. La giustizia sociale non è un argomento che interessa al regime.

C’è una responsabilità collettiva dei russi per questa guerra? 

È nata come la guerra di Vladimir Putin e resta la guerra di Vladimir Putin. Che ne ha allargato la responsabilità al cerchio più stretto dei suoi collaboratori per condividere con loro il sangue ucraino di cui ogni giorno si macchia. Il suo gioco è di coinvolgere nella responsabilità tutti i russi, certo. Quindi, dire che la responsabilità è del popolo russo significa fare il gioco di Putin. Sarebbe un errore. I russi son stati portati al macello come un gregge. Non vogliono combattere. Solo non sanno come fare resistere contro il regime. Hanno un’atavica paura dello Stato. Ogni famiglia ha il ricordo di parenti giustiziati o spediti in un campo di lavoro nell’era sovietica. Ma nonostante leggi sempre più dure, ci sono state lettere aperte e proteste di piazza. E 17mila arresti. A causa della potente macchina propagandistica ci sarà un 20% a favore della guerra. Ma non di più. I sondaggi poi in Russia non sono affidabili. Si evita di rispondere o si risponde quel che è ritenuto accettabile dal regime. No, in generale i russi non sono responsabili per quel che sta succedendo.

Perché Putin ha invaso lUcraina? Non le chiedo unanalisi geopolitica. Se ne fanno anche troppe. Ci sono motivi di fondo che i cosiddetti esperti trascurano? 

La Russia stava diventando un normale Paese moderno. Putin tenta di fermare il tempo. Di scaraventare l’intera nazione, attraverso il sangue, ai tempi in cui nel mondo trionfavano il comunismo e il nazional socialismo. Per prevenire i cambiamenti che potenzialmente potevano privarlo del potere e delle ricchezze accumulate. Putin sta cercando, attraverso questo immenso sacrificio umano, di sacralizzare il suo potere.

Ovvero?

La vittoria dell’Unione Sovietica nella Grande guerra patriottica (così i russi chiamano la Seconda guerra mondiale, ndr) è la maggior legittimazione del potere di Putin. Fu “una vittoria con le lacrime agli occhi”, come si dice da noi. Perché fu pagata col sangue da ogni famiglia russa. “Siamo gli eredi dei trionfatori di allora”, dice oggi il presidente ai cittadini. E fa la guerra agli Ucraini accusandoli di essere nazisti. Così crea un contratto più emozionale che ideologico secondo cui se sfidi lui sfidi la sacra memoria dei tuoi antenati. In pratica, ha messo in scena una nuova Grande guerra patriottica, che dovrebbe assicurare al suo regime una sacra, irrazionale giustificazione.

Lo scopo è, ancora una volta, quello di conservarsi al potere?

E di passare alla Storia come un nuovo Pietro il Grande o un nuovo Stalin. Per vent’anni Putin è stato l’onnipotente capo della Russia. Ha potuto promuovere chiunque, azzerare la carriera di chiunque, far uccidere persone. Ha potuto fare qualsiasi cosa. Poi si è annoiato. E ha deciso di diventare un grande personaggio storico. Riunendo alla Patria i territori perduti e sacralizzando il suo regime con il sangue dei caduti. In modo che il regime possa durare per generazioni.

Se è così, Putin questa guerra non la può proprio perdere. Potrebbe usare le armi nucleari?

Non credo. Vuol solo risolvere le sue personali questioni. Semmai al costo di vite altrui, ma non della sua. Non pensa ad Armageddon. Non è un fanatico disposto a sacrificarsi per la Patria o  qualche alto ideale. È vero che non può perdere. Ha un complesso di inferiorità. Deve provare a se stesso che sarà rispettato da tutto il mondo come il più forte, quello che vince sempre. Questo potrebbe portarlo a una escalation pericolosa.

Perché voi scrittori russi oggi vi dedicate soprattuto a romanzi distopici? Perché evitate il realismo? 

Per evitare la volgarità di esser troppo letterali. E per non esser così rilevanti da diventare subito obsoleti. Eppoi, in Russia la Storia ha spesso un andamento circolare. La Russia è un Paese distopico. Dove accadono cose che gli altri Paesi farebbero bene a osservare con cura per evitare che si ripetano da loro.

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