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Guerra in Ucraina

“La Russia di Putin è un Paese dalla moralità corrotta e senza fede”. Parla lo scrittore Bykov

Altro che “valori tradizionali e religiosità”: il regime “bandisce il Cristianesimo e i preti che vogliono la pace”. Ma la popolazione “non crede all’ideologia e prende in giro il governo”. Mentre la Russia “è sempre più fredda, grigia e arrabbiata”. Ed elabora l’eredità di Navalny. L’intervista di Fanpage.it a uno dei maggiori poeti russi.
A cura di Riccardo Amati
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Dmitry Bykov è popolarissimo in Russia. Per i suoi programmi televisivi e radiofonici di satira, finché il Cremlino gli ha concesso di farli. E per i suoi oltre 90 libri. Tra questi 12 romanzi, venti raccolte di poesia e alcune biografie come quelle, famose, di Boris Pasternak e Maxim Gorky. Ha venduto molte centinaia di migliaia di copie. Era negli Stati Uniti per un breve periodo di insegnamento quando la Russia ha invaso l’Ucraina. Non ha potuto far ritorno in patria.

Per le sue critiche al regime e alla guerra, è stato dichiarato "agente straniero" dalle autorità di Mosca. Contro di lui è stato aperto un procedimento penale. Nel 2019 era sopravvissuto a un attentato. Secondo un’inchiesta giornalistica ben documentata, da parte dell’Fsb, erede del KGB sovietico.

La Russia "ha la porta aperta" — per usare parole di Vladimir Putin — nei confronti degli artisti o sedicenti tali che celebrano il suo dittatore. Lo abbiamo visto in questi giorni con Ciro Cerullo, detto Jorit. Ma le porte le chiude ermeticamente per i suoi, di artisti. Quando preferiscono la realtà alla finzione, sanno distinguere il vero dal falso e quindi non sono "i sudditi ideali di un totalitarismo", direbbe Hannah Arendt. E visto che siamo in vena di citazioni, mettiamoci anche il presidente Mattarella: "Le dittature cercano in tutti i modi di promuovere un’arte e una cultura […] fittizia, di regime, che premia il servilismo dei cantori ufficiali e reprime gli artisti autentici".

Parliamo con Dmitry Bykov, artista russo molto autentico, in video conferenza con Rochester, USA, dove insegna alla locale università.

Dmitry Bykov
Dmitry Bykov

Dmitry, si aspettava che Putin sopravvivesse a Navalny?

Tutti possono sopravvivere a chiunque. Siamo nelle mani di Dio. Navalny, poi, era anche in quelle di Putin. Che poteva fare di lui quel che voleva. Ed è parecchio esperto della tortura come negli avvelenamenti. Comunque, sopravvivere non è una vittoria politica. Navalny si è trasformato nel simbolo della protesta. Non solo in Russia. Questa è la sua vittoria. La sua memoria sopravviverà a Putin. È quel che conta per un politico. Più della sopravvivenza fisica.

Per il funerale, nonostante la repressione decine di migliaia di persone sono scese in strada a Mosca con un fiore in mano, cantando slogan contro Putin e per la libertà. Lo ha trovato sorprendente?

Navalny ha sempre raccolto folle. Perché era interessante. Era attraente. I segreti dell'attrazione politica non sono ancora stati davvero descritti. Credo che dipenda molto dalla connessione tra una persona e il futuro comune. Noi russi che pensavamo al futuro, pensavamo a Navalny. Faceva parte del nostro pensiero collettivo. Eravamo tutti sicuri che avrebbe partecipato in qualche modo al nostro futuro.

Chi intende per “tutti”?

Non solo chi ha participato alle proteste del 2011 (nel dicembre del 2011 e poi nel 2012 centinaia di migliaia di persone manifestarono contro i brogli elettorali e la riconferma di Putin alla presidenza, ndr). Ma anche chi non è mai stato un attivista e però ha a cuore la propria professione e il proprio futuro. Navalny era molto a suo agio nel parlare della Russia. Ha creato termini che son rimasti impressi nella mente. Le sue parole entravano nel nostro vocabolario. Ed era facile collegare il nostro futuro personale con la sua azione. Questo è il motivo per cui ai funerali c’era tanta gente. E non è stato un funerale triste.

Che vuol dire “non è stato un funerale triste”?

I funerali sono diventati una festa postuma. Non solo tristezza e lacrime. Le persone ridevano. Erano felici di vedersi lì, insieme. Per ricordare tempi più belli ma anche per progettare il futuro. Che esiste indipendentemente da Putin. Anche questo è un segno della vittoria di Navalny.

Il presidente della Duma — la Camera russa — Vyacheslav Volodin afferma che non può esistere una Russia senza Putin. Concorda?

Volodin è essenzialmente un deficiente. Le sue dichiarazioni dovrebbero entrare nel vocabolario come esempi dell’immoralità di questo regime. La Russia è sopravvissuta a personaggi come Stolypin, Lenin, Krushchev e così via. Quindi, non solo si può immaginare una Russia senza Putin — e sarà una Russia migliore — ma proprio non la si può immaginare con Putin per sempre.

Spera di poterci tornare, in Russia?

Se Dio me lo permette, un giorno tornerò. Non dipende solo da un cambiamento di regime. Potrebbe nel frattempo prendermi un infarto. O potrebbero farmi fuori. Perché Putin insegue sempre i suoi avversari. Non si è dimenticato di me. Sono sopravvissuto una volta a un avvelenamento. Nessuno può essere sicuro del suo futuro, e io meno di altri: Putin può uccidermi in ogni momento. Ma so che la Russia tornerà ad esser se stessa. E che se Dio vorrà la rivedrò. Rivedrò la Russia vera. Non quella attuale.

Nell’aprile del 2019 lei è sopravvissuto a un attentato. Un avvelenamento che per modalità di esecuzione, tipo di sostanza usata e persone coinvolte, secondo un indagine di Bellingcat è stato opera della stessa squadra dell’Fsb che aveva già cercato di uccidere il politico dissidente Vladimir Kara-Murza e che poi, nell’agosto 2020, ci avrebbe provato anche con Navalny. Ma lei era un artista, mica un capo politico. Allora perché?

Perché i responsabili dei servizi sono burocrati che usano elenchi ufficiali. Si vede che ero in qualche loro lista. E che tutti i nomi della lista dovevano essere depennati. Non solo i veri capi dell’opposizione. Non hanno considerato la mia reale influenza, ma solo il fatto che fossi nella lista. Non credo abbiano mai letto un mio libro.

Lei ha scritto una biografia di Boris Pasternak divenuta un best seller. Come si comporterebbe il dottor Zhivago nella Russia di oggi? Cercherebbe di sopravvivere sperando di poter un giorno incontrare di nuovo Lara? O sceglierebbe l‘esilio? Riesce a immaginare Yuri Zhivago nella Russia di Putin?

Per niente. Uno come Yuri Zhivago poteva nascere solo negli ultimi anni della cosiddetta “Età d’argento” (il grande periodo della poesia russa tra l’ultimo decennio dell’Ottocento e primi tre del Novecento, ndr). Educato dallo zio filosofo Kolya, il dottore è il frutto di duecento anni di grande cultura russa. Le nuove generazioni sono invece la creazione di persone senza cultura, dedite alle tradizioni criminali e alle repressioni politiche. Rispetto all’intellighenzia dell'inizio del Novecento, l'élite spirituale moderna della Russia non ha importanza, né influenza.

Perché? Cosa le manca?

Le manca il talento di Yuri Zhivago. E mancano le nozioni cristiane, i grandi temi cristiani del mondo di Zhivago. Penso che uno Zhivago potesse esistere solo ai tempi di Pasternak. È certamente il suo autoritratto, il suo alter ego.

Ma che farebbe Yuri Zhivago se tornasse al mondo della Russia di Putin?

Probabilmente la sua prima idea sarebbe quella di farla finita, vedendo i risultati della storia russa del Ventesimo secolo. Altrimenti, cercherebbe di scappare. Perché per lui non ci sarebbe uscita: unico futuro possibile, la prigione. E non sono sicuro che Zhivago fosse pronto per questo. Non era un combattente politico. Non era un Navalny. Era solo un artista, un pensatore, un poeta. Fuggirebbe per crearsi il proprio destino all'estero cercando di essere utile alla Russia. Non si può essere utili alla Russia restandoci, quando non si può stampare alcun libro che dica la verità.

E dove andrebbe, il dottor Zhivago? Non ce lo vediamo a rinunciare per sempre alla Russia…

Lavorerebbe in Europa tenendo conferenze, leggendo o scrivendo. Forse in Francia, Paese che gli piaceva molto. O forse in Germania perché conosceva il tedesco. E poi, finita l'era di Putin, tornerebbe in Russia. A combattere una guerra civile meno cruenta e più attenta alle necessità e alla vita della gente, rispetto a quella descritta nel libro di Pasternak.

E non è che questo è anche il suo piano, Dmitry?

Non ho programmi. È tutto è nelle mani di Dio. Il mio unico piano riguarda oggi: in una conferenza alla Rochester University nell’ambito del mio corso di letteratura russa reciterò il Requiem (la famosa composizione della poetessa Anna Akhmatova sul Terrore staliniano e l’arresto del figlio, ndr) e spiegherò agli studenti cosa significa. Penso che sia meglio questo che tornare in Russia dove sarebbe difficile far qualcosa di utile.

E le generazioni russe più giovani? Non avrebbero bisogno di esser ispirate da voi intellettuali che invece siete riparati all’estero? Questo regime parla tanto della “Russia eterna” e di tradizione, ma sembra aver abolito il futuro.

Quando sei nell'abisso tutto sembra eterno. Nel cuore della notte, tutto sembra così buio e inutile! Nell'oscurità non si possono vedere prospettive. Ma il periodo di Putin sarà relativamente breve rispetto ad altri periodi della storia russa. Perché non è una rivoluzione. È una tipica controrivoluzione. E la controrivoluzione non può essere eterna. Questo periodo di culto del passato e di fascismo o semi-fascismo non durerà a lungo.

Può spiegarsi meglio?

Il regime non può suggerire nessuna nuova idea. Tra l’altro, una ragione per cui la sua esistenza —o forse si dovrebbe dire “non esistenza” — sarà breve è che non lascia partecipare al potere alcuna persona intelligente e professionale. Chi ha una bella carriera, nella Russia di oggi, viene subito tagliato fuori dalla politica. Per chi fa politica conta solo la lealtà nei confronti del capo. Non contano le capacità. Devi pensare solo a dir di sì e a sopravvivere. È una selezione negativa. E i russi lo sanno benissimo. In politica oggi ci sono solo persone che vogliono ottenere soldi o benefici dallo Stato. Anche per questo Putin verrebbe subito lasciato solo, se qualcuno intorno a lui lo tradisse. Succederà, non appena si palesino segnali di depressione o declino.

Lei in un’intervista ha detto che la Russia non potrà mai essere fascista. Cosa intendeva? Lo storico Tim Snyder e tanti altri osservatori — anche lei poco fa — rilevano nel regime di Putin più di una caratteristica del fascismo…

Nel fascismo tutti o quasi sono profondamente convinti. Il 90% della popolazione crede nelle idee fasciste, nell’ideologia del regime. In Russia, non ci crede nessuno. Certo, si guarda la tivù. Con tutta la sua propaganda. Ma la si guarda come un fenomeno da baraccone. Non vedo molti ultra-nazionalisti o fanatici. Penso che la Russia non sia mai stata “ideologica”. E non credo nel fascismo senza ideologia. È vero che ci sono al potere fascisti che la pensano come Alexander Dugin (l’ideologo dell’eurasiatismo contemporaneo e del tradizionalismo russo, considerati una forma di fascismo dalla maggior parte degli studiosi di filosofia e dottrine politiche ndr). Ma non trovo fascisti tra i filistei nella classe media russa. Né fra gli studenti e i giovani. C’è molto cinismo, ma in pochi credono veramente nella civiltà russa o nella necessità della guerra mondiale.

Forse, oltre settant’anni di Urss hanno talmente abituato i russi a vivere in un totalitarismo che vi si adeguano naturalmente, cinicamente e senza convinzione? Esiste ancora l’“homo sovieticus”, come dicono alcuni vostri sociologi?

Anche l’”homo sovieticus” aveva alcuni rudimenti della realtà e della vera fede. Aveva un piede nella cristianità, idee cristiane. Oggi tutto questo non esiste più. Il cristianesimo in Russia è praticamente bandito.

Che significa che il cristianesimo “è bandito”?

I preti che criticano la politica di Putin e vogliono la pace vengono licenziati dalla Chiesa e costretti ad andarsene dal Paese. Non c’è fede, in Russia. Esiste solo la congiuntura. Si crede alle opportunità. La gente cerca solo di salvarsi la vita.

Ma l’ideologia messa insieme da Putin e dai suoi collaboratori è fondata proprio sulle cose che secondo lei per i russi non esistono: la civiltà russa, lo scontro con l’Occidente e soprattutto i valori tradizionali e la fede religiosa…

Niente di nuovo. Nella Germania di Hitler la maggior parte della popolazione credeva veramente nel Führer. Ma nell’Urss nessuno credeva nell'ideologia sovietica. La Russia non è mai stata ideologica. Neanche un po’.

E cos’è allora la Russia?

È il paese della moralità corrotta, forse un Paese di teste matte. Ma è difficile trovare fanatici in Russia. Lo dimostra la grande quantità di barzellette e vignette satiriche. Enormemente maggiore di quella riscontrabile, per esempio, in Germania. In fondo, la barzelletta è l'unico meme di vera protesta. La Russia ha sempre fatto satira. Ha sempre riso del proprio governo. È sempre stata certa che il potere fosse in mano a una massa di idioti. Ha preso in giro il vecchio Brezhnev, Stalin con le sue paranoie, Khrushchev con le sue idee folli sull’agricoltura. E tutti gli altri.

Però a Stalin e compagni i russi hanno obbedito. E ora obbediscono a Putin.

Ma non hanno mai creduto davvero al loro potere. La Russia può esser fascista per le sue regole, ma non lo è per il comportamento dei cittadini, non lo è per la teste dei russi. È, anzi, uno dei Paesi più indipendenti. Come ha detto uno dei miei più brillanti studenti, “in Russia la libertà e la schiavitù non si escludono a vicenda”.

Lei una volta ha definito la Russia “la terra degli schiavi più liberi”…

Degli schiavi più indipendenti, avrei dovuto dire.

I russi saranno indipendenti ma si adeguano. Si vive come se la guerra non ci fosse, i salari aumentano, a Mosca i ristoranti sono pieni. E Putin sarà rieletto.

Quella dei ristoranti pieni è una leggenda. I miei posti preferiti sono chiusi per mancanza di clienti. Comunque, la Russia non è Mosca e non è San Pietroburgo. Basta allontanarsi una quarantina di chilometri dalla capitale e si arriva nella Russia profonda. In quelle cittadine di provincia in cui nei nomi delle strade si mischiano Rosa Luxemburg, imprenditori degli anni Novanta, Putin, Lenin e qualche eroe recente della guerra in Ucraina. Sono luoghi tutti uguali, popolati da gente senza prospettive. Luoghi grigi e inquietanti. Dove la gente è molto arrabbiata. Per questo Navalny aveva ragione ad aspettarsi un forte sostegno nel prossimo futuro. La Russia non è l'affascinante città dei sogni di Putin e non somiglia a quel che fa vedere la tivù di Stato. La Russia oggi è grigia, fredda e arrabbiata. Sono sicuro che nessuno voglia continuare a fare una vita del genere. E che entro la fine di questo decennio le cose cambieranno.

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