La polizia americana spara proiettili di gomma e gas sulla carovana dei migranti al confine
“Scappate, stanno sparando proiettili di gomma!”, grida uno dei migranti a Tijuana, città dello Stato messicano della Bassa California, e punto di frontiera con gli Stati Uniti. Al di là del confine c’è San Diego ma ad attendere la carovana dei disperati partiti dall'Honduras il 12 ottobre scorso c’erano gli elicotteri e più di 5000 militari statunitensi mandati da Trump per impedire l’entrata dei migranti centroamericani. “La polizia lancia gas lacrimogeni”, continua l’uomo mentre centinaia di persone si danno alla fuga.
Dopo quindici giorni passati in una struttura provvisoria a Tijuana, ieri mattina circa 500 migranti, tra cui donne e bambini, hanno cercato di attraversare la frontiera. Durante una manifestazione, un gruppo si è diretto verso il canale artificiale che separa il Messico dagli Usa e gli agenti di frontiera hanno reagito sparando pallottole di gomma e gas lacrimogeni. Il Segretario del dipartimento della Sicurezza nazionale degli Stati Uniti (Dhs), Kirstjen Nielsen, ha rilasciato una dichiarazione accusando i migranti di aver lanciato proiettili contro gli agenti di frontiera.
“Chi ha provato ad entrare in maniera illegale e violenta negli Stati Uniti – ha dichiarato Alfonso Navarrete, il ministro dell’interno messicano – sarà espulso immediatamente dal Paese. “Questi gruppi non aiutano i migranti, ma li stanno pregiudicando”, ha aggiunto. Le autorità messicane hanno risposto al tentativo di sconfinamento con l’arresto di 39 persone. “Stavamo ritornando al luogo in cui siamo ospitati – ha raccontato Brian Okely Núñez – ma i poliziotti ci stavano aspettando e ci hanno portato in commissariato”.
Quello di ieri non è stato il primo tentativo di oltrepassare il confine. Venerdì scorso, una donna guatemalteca di 26 anni assieme ai suoi due figli ha cercato si scavalcare il muro tra Messico e Stati Uniti. Non ce l’ha fatta e nella caduta ha riportato diverse lesioni al fianco; adesso si trova ricoverata in un ospedale di San Diego.
Il mese scorso da San Pedro Sula, in Honduras, oltre un centinaio di persone si è messo in viaggio verso gli Stati Uniti. Hanno attraversato il Guatemala, prima di arrivare in Messico. Un viaggio di tre settimane realizzato quasi sempre a piedi. Sono quasi tutte famiglie con bimbi piccoli e hanno deciso di lasciare l’Honduras, uno dei Paesi più poveri del Centro America, a causa della violenza e della mancanza di lavoro. Il Guatemala ha tentato di chiudere il suo confine per bloccare la carovana, ma alla fine ha dovuto fare marcia indietro e permettere ai migranti di passare. E lo stesso ha fatto il Messico che, dopo alcuni scontri con la polizia, ha consentito alle migliaia di persone di proseguire il loro viaggio. Lungo il loro cammino, la carovana si è andata ingrossando e ormai sono oltre 7.000 i migranti determinati ad entrare negli Usa. “Se riesco a trovare un lavoro qui che mi permetta di sostenere la mia famiglia rimarrò in Messico”, ha affermato Jackson García. Ma molti altri, come Mauricio Mancilla, un altro migrante honduregno, non vogliono rinunciare a raggiungere la loro meta. “Siamo pronti ad andare negli Stati Uniti per vivere il sogno americano”, ha detto Mancilla accompagnato dal figlio di 6 anni.
Per Donald Trump si tratta di un’invasione e ha deciso di schierare le unità dell’esercito a difesa della frontiera sud. Il presidente statunitense, inoltre, aveva minacciato l’Honduras con tagliare i fondi previsti se il governo non avesse fermato i migranti.
Di fronte all'avanzata della carovana, Trump aveva avvertito che gli agenti di frontiera avrebbero utilizzato anche armi “letali” per impedire lo sconfinamento dei migranti centroamericani. Per uscire dalla crisi, Washington sta lavorando al “Remain in Mexico”, una misura per costringere i richiedenti asilo ad aspettare in Messico che la loro richiesta di asilo venga esaminata. Le autorità messicane,però, hanno negato che esista un accordo di questo tipo. Dopo gli incidenti di ieri, il presidente degli Stati Uniti ha ventilato la possibilità di chiudere in maniera permanente la frontiera con il Messico se quest’ultimo Paese non rimanderà indietro "con aerei, con autobus, con quello che vuole" i migranti al confine.
“La nostra marcia verso la libertà è quasi finita! Il nostro obiettivo di libertà è a portata di mano e dobbiamo continuare a marciare per raggiungerlo!”, è stata la risposta dei migranti che non sembrano intenzionati a rinunciare al loro “sogno americano”.