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La normalità degli oggetti lasciati a terra dalle vittime

In quella strada c’è la normalità di un angolo di Parigi, ed è proprio quello che i terroristi volevano colpire.
A cura di Saverio Tommasi
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Ci sono le rose comprate da un fioraio che stamani non voleva aprire, ma poi ha aperto per non dare ragione ai terroristi.

Sono le rose lasciate dai passanti sul selciato dove sono state ammazzate le persone, lì accanto dove c'è ancora la segatura in terra per nascondere il sangue, che ora sta sotto la segatura. Sono rose bianche, viola, gialle, rosa e rosse. Anche tre rose rosse, sì, un po' tristi e scure come il sangue sotto la segatura, perché il sangue non è rosso, quello è il cartone animato della Disney, il sangue quando cade ed è tanto è scuro, quasi marrone. E ieri sera, a Parigi, di sangue ne è caduto tanto, la Disney non c'entrava niente e il sangue era tutto scuro.

Insieme ai fiori i passanti hanno lasciato le candele, un libro "Le petit prince", un cd di un gruppo che non conosco, dei biglietti e due frasi in inglese scritte su dei fogli. Una delle frasi dice: "thinking a change".

C'è un fiore in una bottiglietta di un succo, vuota. Vedendola dall'alto mi sembra una bottiglietta di succo Ace, quello che prendo anch'io, nei pub, io di solito lo prendo alla pera. Lui, o lei, chissà. L'avranno venduto al bar dove i terroristi hanno iniziato a sparare, un bar carino che fa angolo – avete visto le foto? – con i tavolini fuori e le luci dentro, uno di quei bar che vedi arrivando da destra o da sinistra, lo guardi e dici: "Ci prendiamo un caffè? Offro io".

E poi ci sono gli oggetti lasciati in terra dalle vittime in fuga, quelle che sono riuscite a scappare. Dagli oggetti, che ora la Polizia ha catalogato, e cerchiato, e fotografato, sembra di vedere la fuga, la dinamica, si respira l'affanno, si vede la confusione, si ode un pezzetto della paura.

Ci sono due giacche scure con i bottoni, in terra. Forse due ragazzotti che sorseggiavano un caffè offerto a vicenda, poi gli spari e le giacche rimaste lì.

Ci sono un paio di scarpe nike, fuori dal bar, a distanza di un metro l'una dall'altra. Uno di quei paia di scarpe da ginnastica alte che i giovani portano slacciate, forse per questo, nella fuga, gli sono uscite dai piedi. E ci sono un fazzoletto, una strada, un vetro rotto.

In quella strada c'è la normalità di un angolo di Parigi. E' questo che mi fa paura, come diceva stamani una signora con il cane, in francese, alla radio. "Io stamani avrei preso il caffè qui, come tutti i giorni, con il cane che mi avrebbe aspettata fuori".

E' questo che volevano i terroristi, colpirci dove fa più male, nella normalità delle nostre esistenze, e sconvolgerle. Ci sono riusciti, non sappiamo ancora quanto. Il quanto dipende ora da noi, dalla nostra capacità di elaborare il lutto, nel ricordo delle vittime ma con una risposta diversa da quella che i terroristi, presumibilmente, si aspettano. Sta tutto qui: rispondere l'inaspettato, rispondere come non abbiamo mai risposto a un attacco terroristico.

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Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all'estero. Scrivo libri, quando capita. Il più recente è "Siate ribelli. Praticate gentilezza". Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice. Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro. Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.
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