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Guerra in Ucraina

La NATO sta per abbandonare l’Ucraina? L’esperto: “Si sta cercando una exit strategy dalla guerra”

“Anche i Paesi che hanno sostenuto più sinceramente l’Ucraina da tempo stanno cercando una strada per uscire da questa situazione”, spiega a Fanpage.it Aldo Ferrari, analista ISPI e docente all’università Ca’ Foscari di Venezia.
Intervista a Aldo Ferrari
Docente dell'Università Ca' Foscari di Venezia e responsabile del programma su Russia, Caucaso e Asia centrale dell'ISPI.
A cura di Davide Falcioni
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Quando, non più di dieci giorni fa, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha presentato al Parlamento il suo “piano di vittoria” – ovvero la road map che dovrebbe consentire all'Ucraina di rafforzarsi abbastanza da riuscire a porre fine alla guerra contro la Russia – il primo punto, imprenscindibile, è stato che la NATO invitasse Kiev a far parte dell’Alleanza Atlantica. Tale invito, ha aggiunto Zelensky, "è fondamentale arrivi durante la guerra". Cioè subito.

Sebbene, almeno in via ufficiale, gli alleati abbiano accolto con favore il piano di Zelensky in realtà alcuni stati chiave starebbero prendendo le distanze, e non poco. Secondo un retroscena pubblicato da Politico, infatti, Stati Uniti e Germania non avrebbero nessuna intenzione di "invitare" Kiev nella NATO immediatamente e questo perché "i membri chiave dell'alleanza temono di rimanere invischiati in una guerra con la Russia".

A loro si devono aggiungere non solo Ungheria e Slovacchia, ma anche "Paesi come Belgio, Slovenia o Spagna sono molto riluttanti", ha detto uno dei funzionari della NATO. Un altro ha aggiunto a Politico che gli Stati dell’alleanza sostengono "in astratto" la road map di Zelensky, ma "quando starà per materializzarsi" inizieranno a rifiutare l'idea in modo più esplicito. L’unico Paese che sosterrebbe entusiasticamente il "piano di vittoria" sarebbe la Polonia; un po’ poco, perché si realizzi davvero.

Anche secondo il professor Aldo Ferrari, docente dell'Università Ca' Foscari di Venezia e responsabile del programma su Russia, Caucaso e Asia centrale dell'ISPI, il "piano di vittoria" di Zelensky somiglia molto a un "libro dei sogni", ma non ha molte possibilità di vedere la luce. "Credo che quello del leader ucraino non sia un piano bensì un artificio retorico affinché la sua visibilità resti alta. Tuttavia quella road map non ha nessuna concretezza né senso strategico. Sia la realtà militare che quella politica ormai sono completamente differenti".

Il professor Aldo Ferrari, docente dell'Università Ca' Foscari di Venezia e responsabile del programma su Russia, Caucaso e Asia centrale dell'ISPI.
Il professor Aldo Ferrari, docente dell'Università Ca' Foscari di Venezia e responsabile del programma su Russia, Caucaso e Asia centrale dell'ISPI.

Secondo l'analista dell'ISPI fin dall'inizio dell'invasione russa dell'Ucraina l'Occidente "ha lasciato Zelensky in una sorta di vuoto, permettendogli di dire quello che voleva, in parte concordandolo con la Casa Bianca in parte no. Però ora siamo arrivati al dunque. L'Ucraina sta perdendo la guerra, non ha più soldati per combattere e l'Occidente ha molta meno voglia rispetto al passato di sostenerla. Questo è un dato di fatto evidente, nonostante ancora nessuno osi dichiararlo apertamente perché si attende l'esito imminente delle elezioni negli Stati Uniti. È chiaro però che la scommessa dell'Occidente, e la convinzione che Kiev avrebbe vinto la guerra determinando il crollo economico, militare e anche politico della Russia, si è rivelata sbagliata".

La situazione sul campo, con la lenta avanzata russa nel Donbass delle ultime settimane, avrebbe determinato anche tra i governi occidentali la convinzione che non ci siano possibilità di sconfiggere la Russia, e che di conseguenza urga trovare una "exit strategy". "Anche i Paesi che hanno sostenuto più sinceramente l'Ucraina da tempo stanno cercando una strada per uscire da questa situazione", spiega Ferrari.

Per il docente, dunque, le tesi sempre più insistenti secondo le quali alcuni tra i principali sostenitori dell'Ucraina, a partire da USA e Germania, si starebbero pian piano "sganciando" dalla causa di Kiev sono assolutamente fondate. "Da tempo – spiega – diversi stati, oltre a quelli da sempre più vicini alla Russia come Ungheria e Slovacchia, stanno manifestando posizioni moto critiche soprattutto sulla fornitura di armi all'Ucraina. Tra questi stati c'è anche l'Italia. Si tratta di chiari segnali di scollamento rispetto alla politica dei primi due anni di guerra e si sta ormai andando verso una situazione che prelude non a una pace, ma a una discussione che porti alla pace".

Olaf Scholz e Volodymyr Zelensky
Olaf Scholz e Volodymyr Zelensky

L'argomento è scivoloso. Fin dal 24 febbraio del 2022 l'Ucraina ha posto, come condizione per raggiungere una pace, la restituzione dei territori occupati dalla Russia, Crimea inclusa. Su questa linea si è posto anche l'Occidente, che ha sempre parlato non solo di "pace", ma anche di giustizia. "Si parla tanto di pace giusta – aggiunge Ferrari – ma si dimentica di dire che la pace è giusta in sé perché pone fine alla morti e alle discussioni. La pace può essere raggiunta solo tenendo conto delle condizioni reali, e non invece di quelle ideali".

L'Ucraina dovrebbe dunque uscire dalla guerra pesantemente mutilata. "Idealmente la pace giusta prevederebbe la restituzione di tutti i territori ucraini occupati dalla Russia, e anche il pagamento dei danni di guerra da parte di Mosca. Tuttavia su questa base non si arriverà mai da nessuna parte: la guerra cesserà solo quando Kiev accetterà, o sarà costretta ad accettare, il principio di realtà. Ovvero una mutazione territoriale in cambio di molte cose: forse l'entrata nella NATO, seppur problematico. Più probabilmente l'ingresso nell'Unione Europea".

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