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Conflitto Israele-Palestina e in Medio Oriente

La moglie di Netanyahu scrive al Papa e chiede il suo intervento per il rilascio degli ostaggi israeliani

La moglie del premier israeliano Benyamin Netanyahu ha scritto al Papa, chiedendo un suo intervento che favorisca il rilascio degli ostaggi da parte di Hamas.
A cura di Annalisa Cangemi
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Una lettera a Papa Francesco, per invocare il suo aiuto, affinché gli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas possano uscire da Gaza e tornare a casa. Sarah Netanyahu, la moglie del premier israeliano Benyamin Netanyahu, ha scritto una lettera al Pontefice, chiedendo il "personale intervento".

"Sua Santità – ha scritto – le chiedo un suo personale intervento in questo tema. La prego di usare la sua influenza per chiedere il rilascio senza condizioni e senza indugio. Le chiedo anche – ha aggiunto – di fare appello alla Croce Rossa di visitare tutti gli ostaggi e consegnare loro medicine vitali". "Il suo intervento potrebbe far pendere l'ago della bilancia e salvare vite preziose". Si ritiene che 129 ostaggi rapiti in Israele da Hamas lo scorso 7 ottobre siano ancora a Gaza (non tutti vivi), dopo che 105 civili sono stati liberati dal gruppo terroristico durante una tregua durata una settimana a fine novembre.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, in una dichiarazione riportata da Haaretz, ha detto che "L'unico modo per liberare i nostri ostaggi è sconfiggere Hamas e garantire che Gaza non costituisca più una minaccia per Israele", ha aggiunto. Tradotto: la guerra per il momento non si ferma. Anzi, il premier israeliano ha precisato: "Non ci fermeremo finché non avremo vinto".

Il piano dell'Egitto per il rilascio degli ostaggi e per una tregua

Funzionari israeliani confermano a diversi media ebraici che l'Egitto ha messo nero su bianco una nuova proposta per una tregua e un ulteriore rilascio degli ostaggi israeliani tenuti da Hamas. Si tratterebbe di accordo di cessate il fuoco, in tre step. La notizia è stata diffusa dal Times of Israel.

Secondo il sito di notizie saudita Asharq, che cita una fonte che ha partecipato ai colloqui tra Egitto e Hamas al Cairo la scorsa settimana, l'iniziativa egiziana è un piano per porre fine alle ostilità e rilasciare tutti gli ostaggi rimasti in tre fasi. La prima fase prevede la sospensione dei combattimenti per due settimane, estendibile a tre o quattro, in cambio della liberazione di 40 ostaggi: donne, minori e uomini anziani, soprattutto malati. In cambio, Israele rilascerebbe 120 prigionieri di sicurezza palestinesi delle stesse categorie. Durante questo periodo, le ostilità si fermerebbero, i carri armati israeliani si ritirerebbero e gli aiuti umanitari entrerebbero a Gaza.

La seconda fase vedrebbe un ‘dialogo nazionale palestinese' sponsorizzato dall’Egitto volto a porre fine alla divisione tra le fazioni palestinesi – principalmente l’Autorità palestinese e Hamas – e portare alla formazione di un governo tecnico in Cisgiordania e Gaza che supervisionerà la ricostruzione di Gaza e aprirà la strada alle elezioni generali e presidenziali palestinesi.La terza fase includerebbe un cessate il fuoco globale, il rilascio dei restanti ostaggi israeliani, compresi i soldati, in cambio di un numero da determinare di prigionieri di sicurezza palestinesi nelle carceri israeliane affiliate ad Hamas e alla Jihad islamica, compresi quelli arrestati dopo il 7 ottobre e alcuni condannati per gravi reati terroristici. In questa fase, Israele ritirerebbe le sue forze dalle città della Striscia di Gaza e consentirebbe agli sfollati di Gaza dal nord dell’enclave di tornare alle loro case.

Nella Striscia di Gaza nessuna tregua a Natale

A Natale la guerra a Gaza non si plaza. Nonostante gli appelli alla pace, i morti e i feriti aumentano ogni giorno nella Striscia, e a farne le spese è anche l'esercito israeliano, in una delle giornate con più vittime dall'inizio della guerra. Almeno 166 abitanti di Gaza sono morti nell'enclave costiera nelle ultime 24 ore e 384 sono rimasti feriti a causa degli intensi bombardamenti israeliani, portando il bilancio totale a 20.424 morti e 54.036 feriti dall'inizio del conflitto armato, secondo il ministero della Salute di Gaza, controllata da Hamas.

Tra le fila israeliane, invece, quattordici soldati sono morti nelle ultime 48 ore, uno dei giorni più sanguinosi per l'esercito ebraico dall'inizio dell'offensiva di terra nell'enclave. In totale, 153 soldati israeliani sono morti in combattimento dall'inizio dell'offensiva di terra avviata il 27 ottobre, superando i 119 morti nella guerra del Libano del 2006, secondo i dati ufficiali dell'esercito.

Israele ha ordinato l'evacuazione di otto citta' nel centro della Striscia affinché i residenti possano trasferirsi nella città di Deir al Balah, dove nelle ultime 48 ore sono stati cinque i bombardamenti. "Non c'è nessun posto dove andare a Gaza", hanno riferito molti degli sfollati a causa dell'offensiva israeliana.

"Non esiste una zona sicura nella Striscia di Gaza", ha detto Sabri Abdelrahim all'Efe nel campo profughi di Bureij, che Israele ha ordinato di sgomberare. Molti non vogliono andarsene, ma i bombardamenti li hanno costretti a fuggire.

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