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La lezione di Obama: “Ci vuole coraggio ad essere buoni”

Le parole di Obama fissano un punto importante per la lotta al terrorismo: non si combatte la violenza con il terrore, sarebbe il modo migliore per legittimarli; non siamo in guerra contro i musulmani ma contro una frangia estremista che è solo una minoranza; chi urla razzismo per cercare voti è il loro migliore alleato.
A cura di Giulio Cavalli
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Che piaccia o no, che si sia d'accordo o meno con le sue politiche, il Presidente degli USA Obama nel suo ultimo discorso sullo stato dell'Unione ha colto nel segno la lezione che dovremmo imparare in fretta sul terrorismo: serve la forza e il coraggio di non odiare il nemico per non legittimarne l'esistenza. Una dichiarazione che è politica, prima che etica e umana e che definisce i confini entro cui stare per un dibattito che sia piuttosto aspro ma non amorale. Cadere nella palude dell'odio è l'obiettivo dei terroristi stessi che mirano ad incendiare gli animi per legittimare una profonda spaccatura tra popoli ed evidenziarne le differenze; ma soprattutto oggi i terroristi hanno bisogno di innescare una ferocia che sia pari a quella che loro stessi mettono in campo per non apparire (come in effetti sono) smisurati nella loro folle campagna contro l'occidente. Per questo credo, e lo credo da tempo, qualsiasi offensiva militare che coinvolga più o meno fortuitamente vittime civili (e innocenti) sia il regalo più grande che si possa fare all'ISIS (o DAESH, come preferite).

Certamente il fatto che il Presidente degli USA sia agli sgoccioli del suo ultimo mandato gli conferisce una certa libertà per prendere posizioni appuntite e inusuali secondo i canoni americani, fissati da Presidenti western piuttosto che Nobel per la Pace, ma è innegabile il dovere di riconoscere ad Obama la forza di dire non tanto ciò cha "la gente vorrebbe sentirsi dire" quanto piuttosto ciò che per lui è "sentitamente" giusto. Ben vengano anche, da laico, le citazioni ai richiami di Papa Francesco sull'obbligo di una posizione "umana" anche nella difficile lotta al terrorismo. Volere identificare la violenza con una razza è il gioco (pericolosissimo) di chi ha bisogno di un consenso a strascico come Trump (o come, da noi, Salvini) senza essere costretto a dare troppe spiegazioni. Sono terroristi coloro che usano il terrore per ottenere il proprio affrancamento: sono terroristi gli uomini dell'ISIS ma sono terroristi i picciotti della criminalità organizzata italiana, sono terroristi i delfini di Putin quando zittiscono la stampa libera, sono terroristi le grandi holding finanziarie che investono sul mercato della guerra e della paura, sono terroristi (per un curioso gioco delle parti con contrappasso) gli stessi che fingono di combatterli utilizzando il terrore per ottenere voti e accondiscendenza.

L'equazione islamici=terroristi è l'inganno che non possiamo accettare e dice bene Obama quando precisa che non si può ritenere il Califfato l'unica rappresentanza di una delle più grandi religioni del mondo. L'Islam è molto di più e molto diverso dall'ISIS così come gli italiani sono molto di più di Cosa Nostra o Camorra e, più in generale, come è miope e sbagliato utilizzare una minoranza per descrivere il tutto. Offendere i musulmani è un atto di ignoranza e di debolezza. oltre che sbagliato e, come dice Obama, "ci sminuisce agli occhi del mondo e rende più difficile raggiungere i nostri obiettivi".

Il messaggio di Obama (che riprende il pensiero di molti intellettuali anche in Europa) ci lancia la sfida per imparare ad essere autoritari senza essere violenti, a governare i conflitti senza il bisogno di trascendere dai diritti e contiene lo scenario mondiale dei prossimi anni: si può uscire dalla crisi internazionale del terrorismo solo fortificando i propri valori e le proprie virtù senza cadere nell'errore di giustificare i nostri comportamenti peggiori. Ci vorrà cultura, impegno e sacrificio perché come diceva Eleanor Roosevelt "Non basta parlare di pace. Uno ci deve credere.
E non basta crederci. Uno ci deve lavorare".
Prendiamo appunti.

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Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Collaboro dal 2013 con Fanpage.it, curando le rubriche "Le uova nel paniere" e "L'eroe del giorno" e realizzando il format video "RadioMafiopoli". Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.
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