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La lettera che Putin ha scritto al popolo americano

Il presidente russo ha preso carta e penna e scritto un editoriale sul New York Times: “E’ allarmante che gli Stati Uniti decidano di intervenire nei conflitti interni degli altri Paesi. Milioni di persone in tutto il mondo vedono sempre di più l’america non come un modello di democrazia, ma di forza bruta”.
A cura di Davide Falcioni
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Il braccio di ferro tra Stati Uniti e Russia in merito alla guerra in Siria si arricchisce di un altro "curioso" passaggio: il presidente Putin, infatti, ha scritto una "lettera aperta al popolo americano". L'obiettivo sembrerebbe essere quello di distendere le tensioni tra i due paesi, che da anni non erano mai state così forti. Putin ha affidato le sue parole al New York Times e spiegato ai cittadini statunitensi i perché della ferma opposizione della Russia a un attacco in Siria. Da Mosca Putin introduce spiegando che "in passato i nostri rapporti hanno vissuto fasi diverse. Abbiamo resistito l'uno contro l'altro durante la guerra fredda, ma siamo anche stati alleati e abbiamo sconfitto insieme il nazismo. L'Onu venne istituita per impedire che le devastazioni (della seconda guerra mondiale, ndr) si ripetessero". Ed è proprio l'Onu che, secondo Putin, deve decidere su un eventuale attacco in Siria: "La profonda saggezza della Carta della Nazioni Unite ha permesso per decenni la stabilità delle relazioni internazionali".

"Un attacco in Siria da parte degli Stati Uniti – sostiene Putin – nonostante l'opposizione di molti paesi e importanti leader politici e religiosi, compreso il Papa, si tradurrebbe in una escalation di vittime innocenti e potenzialmente nell'espansione del conflitto ben oltre i confini siriani. Una guerra aumenterebbe la violenza e scatenerebbe una nuova ondata di terrorismo. Si minerebbero gli sforzi multilaterali per risolvere il problema nucleare iraniano e il conflitto israelo-palestinese, destabilizzando così il Medio Oriente e il Nord Africa. L'intero sistema del diritto internazionale verrebbe squilibrato".

Ma Putin ha proseguito, spiegando che in Siria non è in corso una guerra per la democrazia, "bensì un conflitto armato tra governo e opposizione in un paese multireligioso. Ci sono pochi esempi di democrazia in Siria. Ma ci sono molti combattenti di Al Quaeda nelle fila dei ribelli. Lo stesso dipartimento di Stato americano considera Al Nusra e lo Stato Islamico dell'Iraq e del Levante, in lotta con l'opposizione, come organizzazioni terroristiche. Questo conflitto, alimentato con armi straniere in dotazione ai ribelli, è uno dei più sanguinosi del mondo".

Poi in un passaggio successivo il presidente Putin bacchetta gli Usa, spiegando che la Russia non difende Assad ma solo il diritto internazionale: "La legge è la legge, che ci piaccia o no". Poi ribadisce: "Nessuno mette in dubbio che armi chimiche siano state usate in Siria. Ma vi sono ragioni per credere che non sia stato usato dall'esercito siriano, bensì dall'opposizione per provocare un intervento straniero nel paese". Poi l'affondo di Putin: "E' allarmante che gli Stati Uniti decidano di intervenire nei conflitti interni degli altri Paesi. Milioni di persone in tutto il mondo vedono sempre di più l'America non come un modello di democrazia, ma di forza bruta, abituato a usare lo slogan ‘o sei con noi o contro di noi'. Ma la forza si rivela sempre inefficace e inutile. L'Afghanistan sta annaspando e nessuno può dire cosa accadrà quando le forze internazionali si ritireranno. La Libia è divisa in tribù e clan. In Iraq la guerra civile continua con decine di morti ogni giorno".

La lettera di Putin al "popolo americano" continua poi invitando a rispettare il diritto internazionale organizzare al più presto una conferenza di pace, non facendo mancare una provocazione in conclusione: "Ho studiato con attenzione il discorso di Obama alla nazione di martedì. Sono piuttosto in disaccordo con l'affermazione ‘la politica degli Stati Uniti è ciò che ci rende diversi, è ciò che ci rende eccezionali'. Credo sia estremamente pericoloso incoraggiare i cittadini a vedersi come eccezionali, qualunque sia la motivazione. Ci sono grandi e piccoli paesi, ricchi e poveri, quelli con lunghe tradizioni democratiche e quelli che stanno ancora cercando una strada. Siamo tutti diversi. E quando chiediamo la benedizione del Signore, non dobbiamo dimenticare che Dio ci ha creati uguali".

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