Aggiungendosi all’ormai lunga lista di stati che hanno introdotto nuove legislazioni contro l’aborto, l’Oklahoma ha firmato la più restrittiva delle 546 leggi sinora approvate per limitarlo negli Stati Uniti. Il provvedimento ha infatti introdotto un divieto totale di aborto fin dalla fecondazione, cioè dal momento in cui avviene la fusione tra spermatozoo e ovulo. Il Paese conferma così la sua volontà di vietare l’aborto in ogni circostanza nel momento in cui la Corte suprema confermerà la volontà di annullare la sentenza Roe vs. Wade che ha depenalizzato l’aborto nel 1973, come anticipato da una bozza trapelata dalla Corte e pubblicata da Politico a inizio maggio. Le uniche eccezioni previste sono il pericolo di vita della madre, lo stupro e l’incesto, a patto che siano stati denunciati alle autorità.
La firma del governatore repubblicano dell’Oklahoma Kevin Stitt è un’ulteriore stretta rispetto a una legge approvata solo venti giorni fa, che vietata l’aborto dopo sei settimane ed era modellata su una stessa norma adottata dallo stato confinante del Texas. Stitt, come ha riportato la Cnn, si era impegnato ad appoggiare “ogni singola legislazione pro-vita che sarebbe arrivata sulla mia scrivania” e si è detto “orgoglioso di aver mantenuto la promessa”. Le sue parole confermano ancora una volta come le tante leggi contro l’aborto approvate negli Usa non siano frutto del caso, ma di uno sforzo politico organizzato e trasversale da parte dei gruppi antiabortisti.
La legge dell’Oklahoma si spinge però laddove nessun provvedimento si era ancora spinto. Molte delle legislazioni sull’aborto stabiliscono come termine ultimo per interrompere la gravidanza la cosiddetta fetal viability, cioè il momento in cui il feto è in grado di sopravvivere autonomamente fuori dall’utero. Il criterio della viability è anche quello preso in considerazione dalla Roe v. Wade, che consente di abortire fino alle 24 settimane di gestazione. Bisogna specificare, però, che negli Stati Uniti il 91% degli aborti si svolge prima della 13esima settimana e il 7,6% tra la 14esima e la 20esima. Solo l’1,3% si svolge tra la 21esima e la 24esima settimana. Tuttavia, gli antiaboristi da anni sono impegnati in una campagna di panico morale su quello che chiamano “aborto a nascita parziale”, un evento rarissimo e che comunque non è corretto definire in questo modo. Le leggi contro l’aborto approvate negli Stati repubblicani finora si erano limitate a mettere in discussione il criterio della viability, ad esempio riducendo il termine a 6 o a 15 settimane o introducendo un nuovo criterio, come la presenza del battito fetale (che però non è garanzia di vita autonoma del feto).
Si tratta di criteri arbitrari e non supportati dalle evidenze scientifiche, oltre che contrari alle linee guida dell’Oms sull’aborto. La legge dell’Oklahoma, in particolare, è davvero assurda: pur stabilendo che la vita comincia dal momento in cui lo spermatozoo entra nell’ovulo, non vieta la pillola del giorno dopo, che infatti è un farmaco contraccettivo e non abortivo, dal momento che impedisce l’impianto dell’embrione che dà l’avvio alla gravidanza. La legge non avrebbe comunque la facoltà di vietare la contraccezione: il diritto alla pianificazione familiare è stato sancito da una sentenza della Corte suprema del 1965. Questa contraddizione dimostra l’insensatezza di imporre i propri principi morali per legge, specie quando sono contrari alla scienza e forse ancora di più al buon senso. Ogni persona è libera di chiamare “vita” ciò che vuole, anche gli spermatozoi, ma quella resta una convinzione personale che viene spacciata come verità universale e imposta agli altri.
Il fatto ancora più paradossale è che nessuno dei cosiddetti “pro-vita” sembra aver pensato troppo alla vita che le donne e i loro figli avranno dopo che non hanno potuto interrompere una gravidanza indesiderata. L’Oklahoma, ad esempio, è uno dei cinque stati americani dove le donne ricorrono maggiormente ai food stamps, i buoni pasto erogati dal governo per sostenere le spese alimentari, e il 16% delle donne non riceve assistenza sanitaria nel primo trimestre di gravidanza. È il terzo stato per maltrattamenti infantili e il 19% dei bambini sotto i cinque anni vive in povertà. È anche il quarto stato per numero di gravidanze in adolescenza, cifra che è destinata ad aumentare dopo che l’aborto sarà vietato. È una tendenza che accomuna tutti gli stati in cui l’aborto viene limitato, che sono anche quelli che spendono meno per il benessere dei bambini. Perché la vita va difesa, ma a quanto pare solo quando si tratta di poche cellule.