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La guerra degli indigeni contro Benetton: “La Patagonia è nostra”. La polizia spara

La comunità indigena dei Mapuche è di nuovo in lotta contro quella che considerano un’usurpazione della loro terra. Il loro principale “nemico” è il gruppo Benetton, proprietario di oltre 800 mila ettari di terreno in Argentina.
A cura di Mirko Bellis
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Manifestante mapuche ferito dai proiettili sparati dalla Gendameria
Manifestante mapuche ferito dai proiettili sparati dalla Gendameria

I Mapuche, la comunità indigena della Patagonia argentina, sono di nuovo in rivolta. Il motivo delle proteste del “Popolo della Terra” (questo il significato della parola Mapuche) è sempre lo stesso: la proprietà ancestrale delle loro terre. La settimana scorsa, la Gendarmeria nazionale – la forza di sicurezza dell’apparato militare argentino – ha represso duramente le manifestazioni dei Mapuche nella provincia di Chubut, 1.700 chilometri a sud di Buenos Aires. Il saldo è stato di nove feriti, tra cui una persona colpita da un proiettile al collo, e di cinque agenti rimasti contusi nell'operazione. Dieci manifestanti sono stati arrestati.

Il conflitto nasce dalla decisione del governatore della provincia di Chubut, Mario Das Neves, di far passare il treno La Trochita – un convoglio che compie esclusivamente una tratta ormai turistica – attraverso le terre che da anni i Mapuche reclamano al gruppo Benetton, proprietario di oltre 800.000 ettari in Patagonia. La comunità indigena che vive nel piccolo comune di Cushamen (vicino al confine con il Cile) ha così deciso di protestare bloccando la strada nazionale 40 che collega le località di Maitén e Esquel. La risposta delle autorità non si è fatta attendere: oltre 200 agenti hanno ricevuto l’ordine di far sgombrare i picchetti e, all'alba del 10 gennaio, sono entrati nel territorio mapuche sparando proiettili di gomma e arrestando i manifestanti. Gli indigeni hanno raccontato di aver subito ogni genere di violenza durante l’operazione delle forze di sicurezza: anche le donne sono state trascinate a forza fuori dalla loro case e colpite duramente davanti ai loro figli.  Il giorno dopo, uno dei manifestanti, Emilio Jones, è stato ferito da un proiettile al collo che gli ha distrutto la mascella, sparato – secondo i testimoni – dalla polizia. Amnesty International ha denunciato la violenza della gendarmeria e della polizia di Chumut giudicando inaccettabile la criminalizzazione delle rivendicazioni dei Mapuche.

Una lotta che viene da lontano

Per questo popolo, la lotta contro quella che definisce “un’usurpazione” della loro terra inizia molti anni fa. Nel 1991, i Benetton acquistano la Compañía de Tierras Sud Argentino S.A. (Ctsa). Si tratta di un’azienda che controlla circa 900.000 ettari di terra distribuita tra la provincia di Buenos Aires, la cordigliera, la steppa della Patagonia e la costa argentina. I Benetton, grazie a questa operazione diventano i maggiori latifondisti del Paese latinoamericano.  I numeri sono impressionanti: il gruppo dell’imprenditore trevigiano può contare su 260.000 pecore e montoni allevati e un milione 300 mila chili di lana esportati ogni anno in Europa. 

La battaglia tra i coniugi Curiñanco e Benetton

Il caso più emblematico del rapporto Mapuche-Benetton è forse quello dei coniugi Curiñanco, una coppia di mapuche che nel 2002 decide di insediarsi in un lotto di terra di 525 ettari chiamato Santa Rosa, nella provincia di Chubut. I due chiedono il permesso all'Istituto autarchico di colonizzazione che, senza autorizzazione scritta, dichiara i terreni demaniali e quindi occupabili. La coppia comincia a lavorare la terra e ad allevare il bestiame fino a quando, il 2 ottobre 2003, alla porta dei Curiñanco si presentano quindici agenti di polizia che li sgomberano, sequestrando tutti i loro beni. Sul loro capo pendeva infatti l’accusa di aver occupato abusivamente un terreno di proprietà della Compañía de Tierras Sud Argentino, la società dei Benetton. La querelle giudiziaria si conclude con l’assoluzione dei Curiñanco ma con l’obbligo a restituire il lotto Santa Rosa alla Ctsa. Del caso si occupò anche Adolfo Perez Esquivel, premio Nobel per la pace, che nel luglio 2004 scrisse una lettera a Luciano Benetton chiedendogli di restituire il podere ai coniugi. Ci fu anche un incontro tra la coppia e l’imprenditore della moda durante il quale Benetton decise di cedere ai Mapuche 2500 ettari in Patagonia. La comunità indigena però rispose con un rifiuto in quanto “Benetton non può donare qualcosa che non gli appartiene”.

Da allora i Mapuche si sono organizzati per cercare di riappropriarsi della loro terra. La compagnia argentina di proprietà dei Benetton, da parte sua, denuncia l’occupazione illegale, il furto di capi di bestiame e atti intimidatori contro il suo personale. Secondo quanto riporta il quotidiano spagnolo El País, per Benetton: "La rivendicazione dei Mapuche può essere giusta però la risposta deve arrivare solo dallo Stato argentino". La lotta di questa comunità indigena ricorda quella tra Davide e Golia e ha già riscosso la solidarietà di molte associazioni in Argentina che hanno indetto delle manifestazioni in tutto il Paese per sostenere le loro rivendicazioni.

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