Il Regno Unito esce dall'Unione Europea. La notizia è giunta dopo uno spoglio lunghissimo, durato tutta la notte. La distanza tra il "Remain" e il "Leave" è di quattro punti percentuale, in termini assoluti si tratta di oltre un milione di voti. Un risultato che ha ribaltato gli "opinion poll" che, di contro, davano per vincente lo schieramento che si opponeva all'uscita dall'UE.
E' stata la notte della sterlina, del suo record storico e poi della caduta giù fino al 1985. Una notte sulle montagne russe con Farage che, in prima battuta, quasi ammette la sconfitta poi, dopo i primi dati da Sunderland, inizia a sperare un finale diverso. Un finale che arriva puntuale alle 5.41 quando la BBC annuncia: è ufficiale, la Gran Bretagna è fuori dall'UE.
Un finale che, chi scrive, non avrebbe mai voluto vivere. Perché questo voto sarà la chiave di volta di tutti i nazionalismi europei. Sarà la chiave di volta per tutti i partiti politici che, da anni, cavalcano la xenofobia e agitano lo spettro dello straniero per guadagnare consenso. Movimenti che – in Italia, come altrove – hanno scaricato sugli stranieri e sull'Unione Europea le responsabilità della crisi. Un messaggio semplice che cancella le complessità di quest'epoca digitale. Così semplice da fare breccia nei cuori delle persone ma al tempo stesso così falso. Siamo sicuri che politici con un pensiero così limitato – e limitante – abbiano la soluzione ai problemi? O l'unico futuro che riescono ad immaginare è un passato che non esiste più? Siamo sicuri che la soluzione sia nello stato-nazione e non uno stato che sia sintesi delle nazioni che lo abitano?
Perché la crisi – e ciò che ne è conseguito – nasce dall'incrocio di una speculazione oltreoceano e del cambiamento tecnologico. Il vero errore delle classi dirigenti europee è stato quello di non ragionare secondo paradigmi digitali ma di rispondere alla crisi utilizzando gli stessi "pattern" attraverso i quali avevano osservato il mondo fino a quel momento. Sì, di questo sono responsabili, di aver guardato il mondo attraverso una lente ormai vecchia.
Il risultato britannico è un salto indietro nel tempo. Un salto indietro che rassicura chi crede nella sovrapposizione tra il concetto di stato e quello di nazione. Una scelta che dà la "speranza" di tornare a un epoca de "l'Italia agli italiani" (e "l'Inghilterra agli inglesi"). Ma è un'epoca che non esiste più e che non esisterà mai più. Nonostante la Brexit, nonostante quanto accaduto. E i flussi di immigrati non si fermeranno, nonostante le false promesse del Farage o della Le Pen di turno. Perché se "la storia non ferma davvero neanche davanti a un portone" figurasi se si ferma quell'uomo che ha avuto la forza di attraversare il deserto a piedi.
Il 24 giungo 2016 è iniziato un nuovo secolo. Anzi, si è compiuta definitivamente quella mutazione iniziata l'11 settembre 2001. Un mutazione figlia della scelta di soffiare costantemente e in maniera strumentale sul fuoco dell'odio razziale. Odio razziale che è servito a giustificare le "guerre sporche" in Afghanistan, Iraq, Libia. Odio razziale che è diventato un fuoco così violento da scappare di mano, per l'ennesima volta, anche a chi l'aveva alimentato.
E per colpa di chi ha soffiato su quel fuoco, oggi, ci svegliamo in un mondo nuovo, diverso: siete davvero sicuri che sarà migliore di quello che ci siamo lasciati alle spalle?