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La giornalista incinta accolta dai talebani potrà tornare in Nuova Zelanda

È arrivato l’okay dal governo di Wellington per il rientro in patria della reporter. Inizialmente le era stato impedito a causa delle severe norme sul Covid e a darle ospitalità erano stati i talebani.
A cura di Biagio Chiariello
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Sembra arrivata una soluzione nel caso della giornalista neozelandese incinta e aiutata dai talebani. Charlotte Bellis potrà infatti tornare a casa. Lo ha fatto sapere lei stessa in un comunicato, dopo il cambio di posizione da parte del governo neozelandese che, inizialmente, aveva rigettato la sua richiesta per un rientro “d’emergenza”, visto la gravidanza. La reporter, insieme al compagno Jim Huylebroek, aveva inviato alle autorità di Wellington oltre cinquanta domande per ottenere il rientro in patria, nonostante le severe norme anti-Covid, senza però mai ottenere risposta. Charlotte in quel momento si trovava in Qatar, dove è illegale avere un bambino fuori dal matrimonio; così si era rivolta ai Talebani che l'avevano accolta "senza problemi" con la sola raccomandazione di dire che erano sposati, "se qualcuno avesse chiesto".

La risonanza mediatica della vicenda alla fine ha portato il governo neozelandese ad offrirle un posto ad hoc in quarantena sul primo volo di rientro disponibile. Stando a quanto riportato dalla Bbc, il vice primo ministro Grant Robertson durante un briefing quotidiano sulla pandemia da Covid ha detto ai giornalisti: “C'è un posto in isolamento gestito e in quarantena per la signora Bellis e la esorto a prenderlo". Ha comunque precisato che la Nuova Zelanda si attiva quotidianamente delle domande di emergenza e non solo a seguito di clamori suscitati sui media. Il personale del Paese, ha sottolineato, “cerca sempre di entrare in contatto con le persone e di far funzionare gli accordi". Alla fine è stata la stessa Charlotte Bellis, nota a livello internazionale per esser stata tra le prime ad intervistare i leader talebani dopo il loro insediamento al potere, a far sapere che tornerà nel suo Paese.

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Tuttavia le polemiche non sono finite. "Questa storia è la continuazione di come i non-afghani sono trattati differentemente dai Talebani", twitta il reporter austriaco-afghano Emran Feroz. "I giornalisti afghani ricevono minacce, vengono picchiati, torturati e uccisi, mentre gli stranieri godono di previlegi e sono bene accolti", dice del regime Talebano installato al potere dopo la caduta del precedente governo e il ritiro delle forze americane". A fargli eco l'attivista per i diritti delle donne Sahar Fetrat: "Sono trascorsi dodici giorni da quando i talebani hanno rapito Tamana Paryani, le sue tre sorelle e Parwana Ibrahmkhil. Nessuno sa dove sono e cosa è loro successo. Eppure, vediamo di continuo persone privilegiate che lodano i Talebani. Ci sono molti modi di criticare l proprio governo senza elogiare i talebani".

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