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La giornalista che lasciò la penna per la pistola: la tv libica si difende in diretta [VIDEO]

“Con questa pistola, ucciderò o morirò”, questa la promessa della giornalista libica che dalla televisione di stato avverte i ribelli. “Il nostro desiderio – chiosa la ragazza – è diventare martiri”.
A cura di Danilo Massa
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giornalista libia

Nella propaganda, prima della fine del suo regime, Gheddafi si è giocato tutto. Il rais ha preconizzato una capitale bruciata, brutalizzata, priva degli elementari sostentamenti senza "acqua, cibo, elettricità, libertà". Ma il popolo non ha imbracciato armi, o – almeno – non nella misura attesa dal leader della Rivoluzione libica. I ribelli – coperti dagli aerei della Nato – sono avanzati, hanno circondato il bunker di Gheddafi, sono entrati nei cunicoli con i carriarmati e da lì sono poi usciti esplodendo altri colpi. Del Colonello, però, non se ne sa ancora nulla.

Rientra certamente nella propaganda – poco interessa il grado di autonomia del soggetto in questione – l'immagine della giornalista che, brandendo minacciosa la pistola, promette fedeltà al regime. Non è la prima volta, del resto, che intorno a Gheddafi si sono mostrate donne armate, che hanno personificato il modello mediterraneo della Valchiria nordica.

"Con questa pistola, ucciderò o morirò", questo l'esordio altisonante di una giornalista di circa 30 anni, che vuol rappresentare non solo l'eroismo dei fedeli al rais, ma anche un'immagine alternativa (all'Occidente) della donna e del professionista. "Siamo tutti armati", prosegue la donna, "e anche quelli sprovvisti di pistole sono pronti a fare da scudo ai colleghi di questo canale. Il nostro desiderio è quello di diventare martiri". Il messaggio, diffuso ieri sera sulla rete libica, è precedente all'ingresso dei carri ribelli nel bunker del Colonello. Il destino dello studio televisivo, per ora, è ancora avvolto nel mistero.

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