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La generosità di Ahmed, 5 anni: affetto da spina bifida, dona il midollo osseo a due sorelle

Ahmed, un bambino saudita di 5 anni, soffre di Spina bifida, una grave malformazione congenita. Questa patologia, però, non gli ha impedito di donare le proprie cellule staminali alle due sorelle più grandi. Grazie al suo gesto di generosità, una è riuscita a salvarsi mentre l’altra è morta a 10 anni in seguito alle complicazioni sopraggiunte dopo il trapianto. In Arabia Saudita, il bimbo è già considerato un eroe.
A cura di Mirko Bellis
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Ahmed si riprende in ospedale dopo il trapianto di cellule staminali alle due sorelle (Al Arabiya)
Ahmed si riprende in ospedale dopo il trapianto di cellule staminali alle due sorelle (Al Arabiya)

Ahmed, un bambino saudita di 5 anni, soffre di Spina bifida, una grave malformazione congenita che gli ostacola i movimenti della parte inferiore del corpo. Ma questo non gli ha impedito di donare le proprie cellule staminali alle due sorelle più grandi, affette da una malattia genetica del sangue. E in Arabia Saudita, il bimbo è già considerato un eroe. “Le mie due figlie di 10 e 8 anni – ha affermato Emad al Jubran, il padre di Ahmed – soffrono una malattia genetica chiamata beta talassemia (conosciuta anche come Anemia mediterranea, ndr). Le loro condizioni richiedono continue trasfusioni di sangue ogni mese”. La più grande, a causa dell'alto livello di ferro nel sangue, è costretta a rimanere attaccata ad una pompa trasfusionale per 12 ore al giorno.

Per curare la malattia delle due bambine, i medici propongono ai genitori il trapianto di midollo osseo, ovvero, la somministrazione di cellule staminali (dalle quali originano tutti i tipi cellulari presenti nel sangue). Purtroppo, non sempre questa pratica è attuabile: presupposto indispensabile affinché si possa procedere al trapianto di midollo osseo è la compatibilità fra donatore e ricevente. “Sia io che mia moglie non eravamo compatibili – continua il papà – e quindi non abbiamo potuto donare le nostre cellule staminali alle bambine”. I test medici con Ahmed, invece, dimostrano che è un donatore compatibile e così i tre fratelli vengono trasferiti all'ospedale King Fahad, un centro specializzato di Dammam, città saudita affacciata al Golfo Persico.

E' la sorella più grande di Ahmed a sottoporsi per prima al delicato intervento sotto la supervisione di un'equipe medica guidata dal dottor Saad al Do'ama, a capo del dipartimento di oncologia e trapianti di organi dell'ospedale. L’operazione va a buon fine ma sopraggiungono delle complicazioni dovute alla presenza di un germe nell'intestino della piccola che era sfuggito agli esami clinici. “Il suo corpo – prosegue il papà – era molto debilitato dai diversi cicli di chemioterapia e la bambina è spirata a 10 anni”.

“Sette mesi dopo la sua morte, abbiamo ricevuto una telefonata dall'ospedale che ci diceva che erano pronti a trapiantare le cellule staminali per l'altra mia figlia. Ahmed ha subito di nuovo l'operazione e questa volta, grazie a Dio, è stato un successo”, è la gioia del padre. “Ahmed e sua sorella adesso stanno bene – continua – lo abbiamo iscritto all'asilo nido dove gioca come ogni altro piccolo della sua età. Ahmed è un bambino intelligente e allegro. E si è detto disponibile a donare ancora se le sue cellule staminali dovessero essere compatibili con qualche altro paziente”.

I trapianti di midollo osseo sono tra gli interventi più difficili e cari che esistono”, ha spiegato il dottor Saad Ahmed al Do'ama dell'ospedale di Dammam. “Una sola operazione può costare un milione di dollari. Il paziente viene sottoposto a test e analisi per sei settimane. Ci sono circa 15 professioni assegnati a ciascun caso: specialisti, infermieri, tecnici di laboratorio e assistenti medici”. “A causa della sua infermità – sottolinea il medico – Ahmed ha dovuto sopportare diverse interventi chirurgici alla schiena, proprio nel punto in cui siamo andati a prelevare le sue cellule staminali. Un altro degli ostacoli è stata la differenza d’età tra lui e le sorelle. Abbiamo dovuto estrarre due terzi del suo sangue e poi provvedere con delle trasfusioni. E’ stata una grande sfida per tutta l’equipe medica ma soprattutto per Ahmed”. “Ho proposto che il bambino e i genitori vengano insigniti con un premio. L’ho fatto per diversi motivi – conclude il dottore – ma il più importante è sicuramente per il coraggio che hanno dimostrato nel superare tutte le avversità e salvare la loro famiglia”.

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