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La Francia insiste: fuori la cultura dagli accordi commerciali con gli Usa

Per la ministra francese Nicole Bricq l’eccezione culturale non è negoziabile e così, dopo ore di discussione dei ministri del Commercio europeo riuniti in Lussemburgo, si è raggiunto un accordo. Sì ai negoziati di libero scambio Ue-Usa con la produzione culturale che resta fuori dalle trattative.
A cura di Susanna Picone
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Per la cosiddetta “eccezione culturale” l'industria audiovisiva europea non deve finire sul tavolo dei negoziati con gli Stati Uniti per un accordo di libero scambio. Lo ha detto e ripetuto la Francia, con la sua ministra del commercio Nicole Bricq, nel corso di una riunione dei ministri del Commercio Ue in Lussemburgo in vista dell'avvio formale dei colloqui con gli Usa previsti la prossima settimana.  E dopo ore di discussione i 27 ministri hanno raggiunto un compromesso: esclusa l’industria culturale, a partire dai prodotti audiovisivi come aveva chiesto la Francia. “Siamo felici ma non vogliamo parlare di vittoria”, ha commentato proprio la ministra francese. Come la Francia quasi tutti i Paesi dell’Unione Europea erano d’accordo nel proteggere la propria cultura anche se, al contrario di Parigi, ritenevano che escludere in partenza tale settore potesse creare un precedente perché anche gli Stati Uniti lo facciano.

Ma Parigi aveva anche minacciato di porre il veto su un eventuale trattato di libero scambio Ue-Usa nel caso l’eccezione culturale non fosse rispettata. La posizione dei francesi era infatti radicale: il settore dell’industria culturale e in particolare quello audiovisivo doveva essere completamente escluso dal negoziato commerciale tra l’Unione Europea e l’America. La paura di molti è comunque che il rifiuto dell’Europa di escludere dal negoziato l’industria culturale possa avere come conseguenza che gli americani escludano a loro volta altri settori in cui si sentono minacciati.

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