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La donna che voleva sfidare Putin: chi è Ekaterina Duntsova, la candidata esclusa dalle presidenziali russe

Vuole pace in Ucraina, riforme democratiche, liberazione dei prigionieri politici, fine dell’omofobia e aborto libero. Deve raccogliere 300mila firme per potersi candidare. Ma il governo accetta solo chi non si oppone davvero allo zar. Intanto, l’Fsb l’ha interrogata e una sua conferenza è stata boicottata. Resta il dubbio se sia una candidata genuina o una “spoiler” per disperdere voti. Presto si saprà.
A cura di Riccardo Amati
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Ekaterina Duntsova (Foto Telegram @Екатерина Дунцова)
Ekaterina Duntsova (Foto Telegram @Екатерина Дунцова)

AGGIORNAMENTO 23 dicembre: la Commissione elettorale non ha ammesso Ekaterina Duntsova alle elezioni presidenziali 2024.

Probabilmente non è “la donna più coraggiosa della Russia”, come scrivono i tabloid britannici. Per candidarsi alle presidenziali contro Putin non ci vuole poi molto coraggio.

I candidati di fatto li sceglie il governo, quindi i casi sono due: o ti lasciano correre, il che significa che non dai fastidio al regime — se non addirittura che sei “costruttivo” nei suoi confronti —  o ti bloccano la candidatura. Hanno mille modi per farlo. E tutto finisce lì. A meno che poi tu non insista a fare politica e vera opposizione. Allora vuol dire che sei proprio parecchio coraggioso. Inizieranno i veri guai. E dovrai scappare dalla Russia o finire in galera.

L’ombra di Russia Unita

A Ekaterina Duntsova, 40 anni, tre figli teenager e due lauree, comunque il coraggio a quanto pare non manca. Sostiene la cessazione delle ostilità in Ucraina, vuole riforme democratiche e il rilascio dei prigionieri politici. Mica poco come programma. Anche se da qui a paragonarla, come avviene sui social, con la leader delle forze democratiche bielorusse Svetlana Tikhanovskaya, che davvero ha sfidato le autorità a costo dell’esilio e col marito dissidente già in carcere, ce ne corre.

Nata a Krasnoyarsk, in Siberia, e residente a Rzhev nell’oblast di Tver, circa 200 chilometri a nord-ovest di Mosca, non ha alcuna esperienza politica nella capitale. Ma, dopo gli studi universitari di legge e di giornalismo e la carriera da redattrice fino a direttrice delle news in una tivù locale, ha fatto la consigliera comunale nella sua città.

Ekaterina Duntsova (Foto Telegram @Екатерина Дунцова)
Ekaterina Duntsova (Foto Telegram @Екатерина Дунцова)

Dove a partire dal 2016 ha sostenuto attivamente il maggior esponente di Russia Unita, il partito di Putin. Lei ha spiegato che a livello locale “si devono sostenere i leader più capaci, di qualsiasi partito siano”. E ha aggiunto che “in politica è necessario interagire con tutte le formazioni in campo”.

Mai dire “guerra”

Anche sulla sua reale contrarietà all’invasione dell’Ucraina è nato qualche dubbio, in seguito al fatto che ha pubblicamente sostenuto di intitolare una strada di Rzhev a un suo amico caduto al fronte dopo essersi arruolato come volontario. Duntsova però dice di aver proposto la cosa per meriti civili della persona, prima della sua morte in guerra. Strano, proporre per una strada il nome di qualcuno ancora vivo.

Inoltre, in più occasioni, quando le è stato chiesto del conflitto ucraino lo ha sempre definito con la denominazione ufficiale di “operazione militare speciale”, come vuole il Cremlino. E rispetto a come dovrà finire la guerra, ha sempre detto di non poterne parlare finché si trova in Russia, a causa delle leggi che puniscono severamente ogni visione diversa da quella del governo. E questa ci pare una spiegazione convincente. Anche se ormai in Russia anche i maggiori propagandisti di Putin e alcuni politici  parlano tranquillamente di “guerra” e non di “operazione speciale” nei talk show televisivi e nei discorsi in pubblico.

Programma per un Paese felice

Fatto sta che sul sito web che ha appena messo su per informare sulla sua campagna elettorale, la biondissima aspirante candidata alla presidenza è quanto mai chiara: “La vita dei russi comuni diventa sempre più difficile. I cittadini non possono esprimere le proprie opinioni. I prigionieri di coscienza aumentano mentre per centinaia di migliaia di persone c’è solo la via dell’esilio”, scrive Duntsova.

“Nel nostro enorme Stato tutto viene deciso da una sola persona, e l'‘operazione militare speciale’ porta isolamento e degrado: i nostri ultimi alleati sono Corea del Nord, Iran ed Eritrea, e anch’essi potrebbero presto voltarci le spalle”. La donna che sfida Putin vuole  “abolire le leggi disumane e ripristinare i rapporti col mondo esterno”.

Inoltre, ritiene necessario “spendere meno soldi per i carri armati e di più per migliorare la vita dei cittadini”. Infine, “riportare le libertà che ci sono state tolte”. Primo decreto da presidente, promette la potenziale zarina, “la grazia per i prigionieri politici”. Non dice quali.

Altri punti del programma: fine della coscrizione obbligatoria; fine delle leggi omofobe; fine delle restrizioni per l’aborto; maggiore attenzione per l’ambiente”. Sarebbe davvero un Paese più attraente e confortevole in cui vivere. Quasi un Paese felice.

L’opposizione che non si oppone

Ekaterina Duntsova ha parlato per la prima volta di partecipare alla campagna presidenziale un mesetto fa. Più o meno quando Putin, con un buffo teatrino sceneggiato insieme a un suo generale a margine di una cerimonia, ufficializzava la sua ricandidatura. In pochi giorni si è guadagnata una grande popolarità sui social network.

Il suo canale Telegram ha già oltre 240mila iscritti, e il numero cresce di ora in ora. I suoi video vengono visualizzati centinaia di migliaia di volte. Fioccano i like. Per potersi candidare, la quarantenne siberiana deve radunare in decine di congressi i suoi sostenitori, almeno 500 per volta, e poi raccogliere un minimo di 300mila loro firme.

Ekaterina Duntsova (Foto Telegram @Екатерина Дунцова)
Ekaterina Duntsova (Foto Telegram @Екатерина Дунцова)

Poi sarà il Comitato elettorale centrale a decidere. Il comitato è composto da quindici membri nominati in modo paritetico da Putin, dalla Duma e dal Consiglio federale (il Senato russo). È il caso di ricordare che nella Duma e nel Consiglio federale non sono presenti partiti o singoli parlamentari che si oppongano al governo. Ogni opposizione è "sistemica", come la definisce il governo stesso. Ovvero, non è vera opposizione.

Ti vuoi candidare? Decide il governo

In sostanza, a decidere chi partecipa o no alle elezioni in Russia è ormai da molto tempo il governo. Che esclude ogni candidato considerato indesiderabile. Normalmente — abbiamo potuto verificare a Mosca durante le politiche del 2016 e del 2021 — lo fa attraverso il Comitato elettorale centrale che dichiara “non valide” parte delle firme raccolte dall’indesiderato. Spesso, inoltre, vengono sabotati i congressi che per legge preludono alla raccolta delle firme.

A questo proposito, Duntsova si è guadagnata i primi galloni da vera oppositrice: quando ha riunito una conferenza elettorale di 700 persone a Mosca, è misteriosamente andata via la luce. Poi è arrivata la polizia. Inoltre, le autorità hanno temporaneamente invalidato l’affitto dei locali. Con questi sistemi e a volte con l’aiuto di processi penali ad hoc, alle elezioni politiche del 2021 furono esclusi politici oggi in galera per aver espresso opinioni, come Ilya Yashin, o che hanno dovuto emigrare, come Lyuba Sobol.

E tanti altri, compresi almeno una decina di esponenti del pur moderato partito Yabloko. Ekaterina Duntsova, intanto è stata chiamata dai servizi di sicurezza che l’hanno interrogata sui motivi del suo progetto. I suoi conti in banca sono stati parzialmente congelati. “Solo un problema tecnico”, si schernisce lei.

Donna “contro” o spoiler?

Duntsova è l’unica donna, tra i potenziali candidati contro Putin. In tutto finora sono 16, scrive la testata giornalistica Rbc citando la presidente del Comitato elettorale centrale Ella Pamfilova. Tra questi, il leader del partito lberal-democratico (che nulla ha di liberale, anche meno di democratico e sostiene Putin) Leonid Slutsky e l’ex “ministro della Difesa” dell’autoproclamata repubblica di Donetsk Igor “Strelkov” Girkin. Che però è in galera e di certo non verrà ammesso.

Anche alle precedenti presidenziali aveva partecipato una donna. Molto famosa in Russia: la conduttrice televisiva e giornalista Ksenia Sobchak, figlia del defunto sindaco liberale di San Pietroburgo, Anatoly Sobchak. L'ex patron di Putin quando era assessore e vicesindaco nella seconda città del Paese. Ksenia Sobchak aveva preso posizioni molto critiche nei confronti della politica del Cremlino.

Ksenia Sobchak
Ksenia Sobchak

“Ma non parlerò mai male del presidente: salvò la vita a mio padre”, disse in una conferenza stampa prima del voto. Si riferiva a una vicenda del 1997, quando Putin aiutò il suo capo di allora a sfuggire a investigatori e nemici poco raccomandabili con una classica operazione clandestina degna del Kgb, da cui il futuro presidente si era appena dimesso.

Ammesso che si sia mai davvero dimesso. Per questo e altri motivi, Sobchak fu considerata non una vera candidata ma una “spoiler” del Cremlino, utile a disperdere i voti contro Putin. Ekaterina Duntsova ha tutta un’altra storia. Ma se la faranno davvero partecipare, probabilmente sarà solo perché fa comodo allo zar. Che lei ne sia consapevole o no.

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