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La deputata britannica Jo Cox assassinata da un “lone wolf”

Jo Cox, la parlamentare laburista assassinata ieri a Birstall, è avvenuta per mano di un “lone wolf”. Un lupo solitario che imbevuto della propaganda del suprematismo bianco ha premuto il grilletto. Thomas Mair, come Anders Breivik, l’autore della strage di Utoya in Norvegia, sta a testimoniare come il pericolo dei lupi solitari non sia più un fenomeno esclusivamente statunitense.
A cura di Valerio Renzi
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Negli Stati Uniti li chiamano "lone wolf". Lupi solitari, terroristi o militanti estremisti, che agiscono da soli, imbevuti di una cultura paranoide e destrorsa, con i loro atti eclatanti pensano di lanciare un segnale contro qualche macchinazione o complotto, risvegliare le coscienze, far aprire gli occhi. Era un lupo solitario Timothy Mc Veigh, veterano che nell'aprile del 1995 fa esplodere un palazzo governativo ad Oklahoma City uccidendo 168 persone. È un lone wolf anche Erich Rudolph che tra il 1996 e il 1998 porta avanti una serie di attacchi esplosivi contro locali di ritrovo per omosessuali, cliniche dove si pratica l'aborto e le Olimpiadi del 1996, provocando la morte di 3 persone e ferendone 150. E la lista potrebbe essere ancora lunga.

La strategia del lupo solitario è stata teorizzata a inizio degli anni '90 da Alex Curtis e Tom Metzger, punti di riferimento ideologico del suprematismo bianco. Piccole cellule, singoli individui, senza nessun collegamento tra di loro ma mossi dagli stessi obiettivi e punti di riferimento ideologici, diffusi tramite internet e prima tramite bollettini semiclandestini. Una rete senza un centro pronta a colpire in maniera imprevedibile e improvvisa.

Fino a qualche tempo fa il fenomeno dei lone wolf poteva essere considerato esclusivamente statunitense, ma l'omicidio della deputata laburista Jo Cox, e la strage compiuta da Anders Breivik sull'isola di Utoya il 22 luglio del 2011, stanno a indicare che anche qui da noi, in Europa, è iniziata la guerra dei lupi solitari. Cosa sappiamo finora dell'uomo fermato per l'omicidio dell'esponente politica inglese? Thomas Mair ha 52 anni, prima di uccidere Jo Cox avrebbe urlato:"Britain first", che vuol dire "prima gli inglesi", ma è anche un gruppo di estrema destra britannico, segnando così il suo gesto in maniera incontrovertibilmente politica. Poi ci sono le notizie riportate su di lui dal Southern Poverty Law Center, la fondazione che negli Stati Uniti monitora costantemente le attività dei gruppi estremisti e i crimini dell'odio.

Secondo l'Splc, Mair avrebbe seguito le attività del gruppo "National Alliance", la principale formazione del suprematismo bianco americano ed era stato abbonato alla rivista di un'organizzazione sudafricana pro-apartheid. Descritto come taciturno e solitario, secondo il fratello avrebbe sofferto di disturbi mentali. Problemi psichiatrici o meno, se le informazioni si rivelassero corrette, il profilo di Mair e le motivazioni che l'avrebbero spinto ad agire rientrerebbero nel profilo del lone wolf.  Come nel caso di Anders Breivik, imbevuto di una cultura paranoide e complottista, oltre che profondamente xenofoba, che lo ha portato ad uccidere 77 persone a sangue freddo, per lo più giovani del partito socialdemocratico durante un campeggio di formazione politica.

Il profilo della vittima di Mair poi corrisponderebbe al "nemico" perfetto: Jo Cox non era solo impegnata nella campagna referendaria, schierata con decisione contro l'uscita della Gran Bretagna dall'euro, ma aveva lavorato a lungo in organizzazioni non governative come Oxfam e Save the Children, accusate nell'impianto ideologico dell'estrema destra, di rappresentare la quinta colonna del "complotto mondialista" mascherata dietro la difesa dei diritti umani.

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