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“La crisi di Taiwan ha avvicinato Russia e Cina contro gli Usa”, dice l’esperto moscovita Maslov 

La visita della speaker della Camera Usa a Taiwan rafforza “un’alleanza anti-occidentale che durerà almeno dieci anni”, nonostante l’opportunismo economico di Pechino. Nessun trattato militare formale ma “difesa missilistica comune” in Asia.
A cura di Riccardo Amati
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“Un’alleanza sempre più stretta contro l’Occidente per i prossimi dieci-quindici anni”, con una “difesa missilistica congiunta” seppur senza trattato militare. Alexey Maslov, tra i maggiori esperti mondiali delle relazioni russo-cinesi, non ha dubbi sul fatto che la crisi di Taiwan, riaperta dal viaggio della speaker della Camera Usa Nancy Pelosi, rafforzi l’amicizia tra Mosca e Pechino — già fattasi stretta dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Anche se si tratta di un’amicizia con alcuni limiti, precisa. Legati soprattutto all’opportunismo economico della Cina, diventato l’unico vero partner strategico della Russia anche nel commercio. E che “può comprare così gli idrocarburi russi a prezzi stracciati” e poco convenienti per il Paese produttore. Maslov è direttore dell’Istituto di studi asiatici e africani all’Università statale Lomonosov di Mosca, ha diretto l’Istituto di studi per l’Estremo Oriente dell’Accademia delle scienze ed è ascoltato dal Cremlino riguardo alle maggiori negoziazioni con la Cina. Fanpage. it lo ha raggiunto al telefono nella capitale russa.

Dopo la visita della Pelosi a Taiwan Cina e Russia saranno ancor più vicine?

Russia e Cina saranno molto più vicine di quanto lo fossero prima. Anche se non così vicine come alcuni osservatori ritengono. Anche sa la Pechino non ha chiesto alla Russia, recentemente, di sostenere le sue posizioni sulla questione di Taiwan, Mosca ha detto quel che pensa vent’anni fa: è al cento per cento in favore del principio di un’unica Cina. E non ha mai avuto altro da aggiungere da allora. I leader politici russi hanno condannato la visita di Nancy Pelosi come una “provocazione” da parte degli Stati Uniti. E hanno ribadito che la Cina è una sola. Ma nessuno di loro ha ipotizzato qualche tipo di operazione militare congiunta. Questo significa che dal punto di vista politico la Russia allarga la piattaforma dell’esistente cooperazione con la Cina, ma sul fronte  militare non c’è alcuna novità, nessuna nuova mossa.

Le relazioni tra Mosca e Beijing si erano già rafforzate in seguito al conflitto in Ucraina.

C’è stata un’evoluzione nella posizione cinese. In febbraio e in marzo, la Cina è stata molto cauta e distaccata. Ha solo auspicato che la situazione in Ucraina dovesse esser risolta con mezzi pacifici, con la diplomazia. Non ha mai detto quale delle due parti in conflitto avesse ragione. Ma adesso, almeno dai mesi di giugno e luglio, Pechino ha iniziato ad avvicinarsi molto di più alle posizioni di Mosca. Perché ha improvvisamente deciso di creare un legame tra quanto avviene in Ucraina e lo stato delle cose a Taiwan. Oggi considera le due crisi  come parte della stessa catena di eventi. Ritiene che sia in atto un attacco americano nei confronti della politica russa e cinese rispettivamente su Ucraina e Taiwan. Anzi, il governo di Xi Jinping ha cominciato a riferirsi al conflitto in Ucraina come all’inizio di un’offensiva non tanto contro la Russia quanto contro la Cina e il mondo cinese, con fini destabilizzanti. Quindi, per Pechino gli Usa ce l’hanno proprio con la Cina, più che con la Russia.

In febbraio, durante le olimpiadi invernali di Pechino, e quindi prima dell’invasione russa dell’Ucraina, Xi Jinping definì quella russo-cinese come un’amicizia “senza limiti”. Se l’invasione russa dell’Ucraina e il riaccendersi della questione di Taiwan l’hanno ulteriormente irrobustita, qualche limite però quest’amicizia sembra averlo. Non mi pare, per esempio, che si vada verso una vera e propria alleanza militare tra i due Paesi. O mi sbaglio?

Se parliamo della formalizzazione di un’alleanza militare, non credo che ci sarà mai un trattato che la stabilisca. Ma al contempo, Mosca e Pechino stanno parlando molto più intensamente di una protezione congiunta della loro sovranità. Anche in senso militare. Potrebbero presto dispiegare un sistema anti-missilistico comune per l’Estremo Oriente, inclusa la parte asiatica della Russia.

Potrebbero dimostrare una maggiore aggressività nei confronti del Giappone, a nord. In ogni caso si tratterebbe di eventi militari specifici, non di un’alleanza militare vera e propria. Perché al momento la Cina la questione di Taiwan vuole risolversela da sola, con i propri mezzi. Non vuole avvicinarsi troppo alla Russia perché mostrerebbe una sorta di debolezza. Non deve sembrare in alcun modo che senza la Russia non possa sopravvivere. Vuole esser forte di per sé.

E il Cremlino invece la vorrebbe, un’alleanza militare con la Cina?

La Russia è al momento concentrata sull’import-export con la Cina, da cui dipende sempre di più. Il tema della difesa, rispetto a quello economico, passa in secondo piano. Mosca vorrebbe che le aziende cinesi che hanno ridotto ho cessato le loro operazioni per timore delle sanzioni occidentali, come Huawei, tornino sul suo mercato. Questo è la sua maggior preoccupazione, non certo un’alleanza militare.

E quanto è sensibile la Cina a questa preoccupazione della Russia? Mentre Nancy Pelosi arrivava a Taiwan e i propagandisti del Cremlino inneggiavano all’amicizia russo-cinese, la Huawei annunciava di aver chiuso anche il suo negozio online in Russia, uscendo completamente dal paese. Prevalgono le necessità commerciali — come quella per la Huawei di evitare le sanzioni — o l’amicizia con Mosca? 

L’approccio dei due partner è diverso, su questo tema. Per la Russia è essenzialmente economico, per la Cina invece è politico. Mosca vorrebbe che le aziende cinesi operassero sul suo territorio come prima del conflitto ucraino, per motivi solo economici. Ma le aziende cinesi che si sono almeno momentaneamente ritirate dalla Russia, attendono la decisione politica di Pechino. Aspettano ordini dal loro governo. E credo che solo dopo il congresso del Partito comunista cinese in ottobre avranno un input preciso sul da farsi.

Un commercio tra Russia e Cina che invece ha avuto una sicura accelerazione è quello degli idrocarburi. Una decisione politica di Pechino? Si tratta di aiutare Mosca a fronte del calo di export petrolifero verso l’Europa? O è solo business, visto che i cinesi data la situazione monopolizzano il mercato e comprano al loro prezzo? 

Al momento i cinesi comprano il petrolio e il gas russi a prezzi molto inferiori a quelli del mercato globale, quindi continueranno a farlo perché gli conviene. La politica c’entra poco o punto.

L’idea nata in ambito G7 di imporre un massimale di prezzo al petrolio russo era stata presa in considerazione anche dalla Cina, che un paio di settimane fa l’aveva definita “complicata”. Dopo la visita della Pelosi a Taiwan l’ipotesi è da considerarsi definitivamente tramontata? 

E diventata irrealistica. Già era del tutto teoretica. Senza la Cina, ora è impossibile.

Nonostante l’amicizia, Cina e Russia propongono due visioni dell’economia mondiale che sembrano alternative. La prima promuove l’Iniziativa Belt and Road, a cui ha aderito anche l’Italia con gli accordi firmati nel marzo del 2019 dal governo Conte e poi di fatto frenati a colpi di golden share dal governo Draghi. La Russia lavora invece alla “Grande Eurasia”. Quanto distano i due progetti?

Non sono progetti alternativi e in parte si sovrappongono. L’iniziativa Belt and Road (Bri, nota da noi anche come “Via della Seta”, ndr) è strettamente cinese, proposta da un solo Paese a tutti quelli che vogliano aderire. L’iniziativa sullo spazio economico della grande Eurasia parte invece come progetto multilaterale, e prevede un’organizzazione che unisca i paesi della ex Unione Sovietica. Non mi sembrano iniziative incompatibili. Sono iniziative parallele, con delle aree di sovrapposizione, ma non si contraddicono.

L’alleanza tra Russia e Cina è permanente o temporanea?  C’è dietro una visione comune del mondo post-globalizzazione, come dicono trionfalmente tanti critici dell’Occidente, o è solo dovuta a situazioni contingenti, a un opportunismo più o meno costruttivo?

Ritengo che sull’orizzonte temporale di dieci o 15 anni i due Paesi svilupperanno ulteriormente la loro alleanza per un mondo senza sanzioni e senza isolamento. Per un zona internazionale di libero commercio, per un nuovo sistema finanziario, forse un sistema internet comune e per tecnologie condivise. In questo senso, ci muoveremo insieme. Negli anni successivi, probabilmente ci saranno delle divisioni. Con degli stop sulle iniziative comuni.

Forse perché la Russia in futuro vorrà riprendere e privilegiare le relazioni con l’Occidente?

Credo che la Russia abbia scelto definitivamente di essere indipendente dal mondo occidentale. Sarà però pronta a rinnovare relazioni culturali ed economiche, anche se non allo stesso modo che in passato, né con le stesse intenzioni. La Russia comunque non si sente più parte del mondo occidentale. E questo concetto di indipendenza — o quasi indipendenza — dall’Occidente continuerà a valere almeno per le prossime due generazioni.

E la Cina? Come sarà il suo rapporto con l’Occidente? 

C’è la forte consapevolezza di una rottura con il modello americano. La Cina non vuol esser parte di alcun sistema che non sia stato creato dalla Cina stessa. Vuol lanciare il suo proprio modello economico e stabilire la sua regione macroeconomica attraverso l’iniziativa Bri. Credo che gli Stati Uniti abbiano capito che è impossibile far cambiare idea a Pechino su tutto questo. Forse è il motivo per cui ora attaccano la Cina in politica internazionale, sulla questione di Taiwan. A cui potrebbe seguire quella di Hong Kong e altre ancora. Anche in questo caso, la rottura potrebbe continuare per dieci o quindici anni. E saranno anni che vedranno la Cina e la Russia strettamente alleate.

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