La crisi del Libano e gli attriti con l’Arabia Saudita: ecco perché rischiamo una guerra
In Libano, dopo l’annuncio delle dimissioni del primo ministro Saad al-Hariri, è in atto una crisi politica. L'aspetto insolito, e che ha destato preoccupazione dentro e fuori il Paese mediorientale, è il luogo scelto dal premier per comunicare la fine del suo governo: al-Hariri, infatti, ha reso pubblica la sua decisione con un messaggio televisivo in diretta dalla capitale dell’Arabia Saudita. Per motivare le dimissioni il figlio dell’ex premier Rafik al-Hariri (ucciso da un’autobomba a Beirut nel 2005), rivelava di temere per la sua stessa vita puntando il dito direttamente contro l’Iran e il suo alleato libanese, Hezbollah.
Nella stessa giornata, un missile balistico lanciato dalle aree settentrionali dello Yemen controllate dai ribelli sciiti Houthi veniva intercettato e distrutto nei pressi dell’aeroporto della capitale saudita. Un gesto interpretato da Riad come un “atto di guerra” dietro al quale ci sarebbe l’Iran. In questo contesto, non ha certo contribuito ad allentare la tensione la dichiarazione di un ministro saudita in cui considerava le aggressioni di Hezbollah alla pari di una dichiarazione di guerra del Libano contro l’Arabia Saudita. “I libanesi devono scegliere tra la pace o Hezbollah”, ha ribadito l’influente politico, senza fornire alcuna indicazione su quale azione Riad intendesse intraprendere contro Beirut. Il 9 novembre, infine, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Kuwait hanno intimato ai loro connazionali di lasciare immediatamente il Libano. Una misura che, in alcuni casi, è il preludio di un attacco armato. Un’escalation di eventi che rischia di destabilizzare ancora di più l’intera area, già sconvolta da guerre e crisi politiche.
Il Paese dei cedri, teatro della rivalità tra Arabia Saudita e Iran. Il fatto che il premier libanese abbia annunciato le proprie dimissioni a Riad ha fatto pensare che fosse tenuto in “ostaggio” dall'Arabia Saudita. Situazione questa smentita dallo stesso al-Hariri che ha annunciato che molto presto tornerà in Libano. Un passo necessario, visto che il presidente della repubblica libanese, Michel Aoun, non intende formalizzare la crisi di governo prima del rientro in patria di al-Hariri. Come già accade in Yemen, Iraq o Siria, la vera posta in gioco è l'egemonia mediorientale: una battaglia che Arabia Saudita e Iran combattono da anni. La tensione con Beirut rientrerebbe quindi nella storica rivalità geopolitica tra le due potenze regionali. Spesso dipinta come lo scontro millenario tra sciiti e sunniti, dalla rivoluzione di Khomeini nel 1979 fino ai più recenti coinvolgimenti armati, gli attriti tra i due Paesi non hanno mai smesso di elevare la tensione in Medio Oriente.
Il dimissionario al-Hariri, a capo di un governo di unità nazionale, non sarebbe altro che la pedina “saudita”, utilizzata per tentare di estromettere Hezbollah dalla vita politica libanese. Il Partito di Dio (questo il significato di Hezbollah), storico alleato di Teheran, è un attore chiave nelle guerre in Siria e Yemen, tanto da contribuire con il suo sostegno politico e militare in favore del regime di Assad e dei ribelli Houthi in Yemen ad erodere l’influenza saudita nella regione. Persa la battaglia siriana contro l’odiato rivale, l’Arabia Saudita si preparerebbe quindi a portare lo scontro in altro Paese.
Secondo quanto riporta la Bbc, un diplomatico occidentale con una lunga esperienza nella regione ha evidenziato le possibili azioni saudite per costringere il Libano ad accettare le sue condizioni: il ritiro dei maggiori depositi bancari, l’embargo commerciale e l’espulsione delle migliaia di emigrati libanesi nei Paesi del Golfo. Infine, anche l’opzione militare sarebbe sul tavolo. Gli Stati Uniti, non vedono di cattivo occhio l’aggressiva politica estera saudita per arginare il potere dell’Iran. Il mese scorso, la Camera dei Rappresentanti statunitense ha approvato l'imposizione di nuove sanzioni contro Hezbollah, tra le misure anche una risoluzione che esorta l'Unione europea a considerare come un’organizzazione terroristica anche l'ala politica di Hezbollah, e non solo quella militare.
E nello scacchiere mediorientale, in cui ogni mossa può provocare un conflitto armato, il piccolo paese affacciato sul Mediterraneo rischia di essere la prossima “vittima” della lotta tra Arabia Saudita e Iran per la supremazia nella regione. Se la tensione non diminuirà i prossimi giorni con il rientro in patria di al-Hariri, il pericolo che il Libano venga trascinato in una guerra come quella della vicina Siria è reale, con ricadute dirette e imprevedibili in tutto il Medio Oriente.