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La Corte di Giustizia UE: “L’Italia deve stabilizzare 250mila precari della scuola”

La Corte di Giustizia Europea ha stabilito che i contratti a tempo determinato per gli insegnanti italiani sono illegittimi e violano la normativa europea, pertanto i precari che hanno superato i 36 mesi di insegnamento devono essere assunti a tempo indeterminato oppure risarciti.
A cura di Davide Falcioni
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Marko Ilesic, presidente della Corte di Giustizia Europea, ha stabilito in una sentenza emessa stamattina che i contratti a tempo determinato per gli insegnanti italiani non sono legittimi e violano la normativa europea, pertanto i precari che hanno superato i 36 mesi di insegnamento devono essere assunti a tempo indeterminato oppure risarciti. La sentenza era attesa da tempo, anche perché il numero dei docenti precari in Italia varia tra le 250 e le 300mila persone. Dopo il pronunciamento odierno della Corte di Giustizia UE quelli che tra loro si rivolgeranno a un tribunale del lavoro italiano avranno spianata la strada dell'assunzione. Gli insegnanti che invece nel frattempo hanno trovato un impiego al di fuori del mondo della scuola potranno ottenere un risarcimento dallo Stato. la sentenza europea, tuttavia, non riguarda soltanto i professori, ma anche il personale amministrativo Ata, ai quali è stato riconosciuto un risarcimento per gli scatti di anzianità finora non riconosciuti.

L'Associazione Sindacale Professionale Anief, che per prima iniziò la battaglia, esulta: "Ora 250mila precari possono chiedere la stabilizzazione e risarcimenti per due miliardi di euro, oltre agli scatti di anzianità maturati tra il 2002 e il 2012 dopo il primo biennio di servizio e le mensilità estive su posto vacante. Quella scritta oggi a Lussemburgo è una pagina storica che pone fine alla precarietà nella scuola e in tutto il pubblico impiego: ora è assodato che non esistono ragioni oggettive per discriminare personale docente e Ata assunto a tempo determinato nella scuola italiana dal 1999”. A parlare è Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir. La Corte di Giustizia ha sentenziato che la direttiva comunitaria osta a una normativa nazionale che autorizza, in attesa dell’assunzione del personale di ruolo, il rinnovo dei posti vacanti e disponibili, senza indicare tempi certi ed escludendo possibilità di ottenere il risarcimento danno. Pertanto, ha spiegato la Corte, non sussistono criteri oggettivi e trasparenti per la mancata assunzione del personale con oltre 36 mesi di servizio, né si prevede altra misura diretta a impedire il ricorso abusivo al rinnovo dei contratti.

La sentenza riguarda un numero altissimo di lavoratori precari italiani, che ora dovranno essere assunti o risarciti. Per lo Stato i tagli in bilancio e i risparmi imposti alla pubblica amministrazione non consentivano di stabilire con certezza di quanto personale pubblico a tempo indeterminato ci fosse bisogno. Non solo: i precari italiani sarebbero stati addirittura "fortunati", perché avrebbero accumulato i punteggi per scalare le graduatorie: "Motivi – sottolinea l'Anief – che la Corte europea nelle cinque cause riunite oggi e rinviate dal giudice Coppola del lavoro di Napoli e dalla Consulta ha ritenuto inesistenti, condividendo le tesi dell’Avvocato generale, della stessa Commissione e dei legali Ganci, Miceli, Galleano, De Michele che rappresentano per l’Anief i ricorrenti: in primo luogo, il fare punteggio non garantisce l’immissione in ruolo come si è dimostrato con i numeri forniti dai legali dell’Anief; in secondo luogo, sempre dalle carte risultano ogni anno chiamati centinaia di migliaia di supplenti; infine, le ragioni finanziarie non possono comprimere diritti inalienabili, ancorché vere visto che il costo della chiamata dei precari avrebbe di fatto aumentato di due terzi la spese corrente”.

“Il Governo – prosegue il sindacato – temendo le conseguenze della sentenza, è già corso ai ripari: nel piano di riforma “La Buona Scuola” ha previsto un piano di assunzioni di tutti i docenti inseriti nelle Gae (150mila), principio ribadito nel disegno di legge di stabilità 2015. Eppure rimangono esclusi i 100mila docenti che sono abilitati ma non inclusi nelle Gae nonché i circa 20mila ATA chiamati in supplenza annuale che potranno ricorrere al giudice del lavoro. Ma anche chi è stato assunto può portare in tribunale lo Stato italiano per aver violato sistematicamente le norme comunitarie”.

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