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La città dove non ci sono più senzatetto grazie ad una semplice soluzione

Medicine Hat è una cittadina canadese di 60mila abitanti che è riuscita a dare una casa a tutti i clochard che vivevano nelle strade. Lo ha fatto grazie al programma “Housing first”, basato sull’idea che la disponibilità di un luogo dove vivere aumenti l’autostima e il benessere. E si è ritrovata anche con più soldi in cassa. E in Italia?
A cura di Biagio Chiariello
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Una città canadese è sulla buona strada per risolvere radicalmente il problema delle persone senza fissa dimora attraverso un programma estremamente umano ed economicamente sensato. Secondo Huffington Post, la città di Medicine Hat ha lanciato un piano quinquennale, che ruota attorno a un concetto che in Italia è ancora poco noto, quello di “housing first”. Si tratta di un modello di intervento nato negli USA che prevede l'ingresso immediato in case e appartamenti (in italiano può esser tradotto come "Casa prima di tutto"), attraverso un notevole alleggerimento dei costi necessari per le tappe intermedie previste dal metodo tradizionale (quello “staircase”, un percorso più lungo, simile appunto ad scala), composto da accoglienza, permanenza in strutture a bassa soglia (come dormitori o social housing) ed, eventualmente, reinserimento in una normale abitazione. Nell'”housing first” quest'ultimo passo rappresenta invece il primo e la finalità del percorso stesso, che parte, appunto, con un immediato inserimento dell'utente in casa e punta, inoltre, alla progressiva riconquista dell'autonomia personale e dei legami sociali, sulla base del presupposto che la disponibilità di una casa, di per sé, aumenti il benessere psico-fisico e l’autostima.

Una questione di soldi

L'obiettivo di Medicine Hat è quello di trovare un alloggio permanente a chi non ha una casa entro un massimo di 10 giorni dal momento in cui il senzatetto ne fa richiesta. Donald Smith, 35 anni, era un ex clochard. Dopo un solo appuntamento con un operatore immobiliare, sono passate due  settimane prima che gli venisse assegnato un appartamento. “Sono rimasto scioccato della velocità con la quale mi sono ritrovato una nuova camera da letto” ha scherzato in un’intervista al Calgary Herald. Inizialmente il sindaco della cittadina canadese a sud di Alberta, Ted Clugston, si era opposto al progetto, prima di capire quanti soldi avrebbe risparmiato la sua municipalità con l’esperienza dell’”housing first”. “Se si toglie qualcuno dalla strada, si eliminano i costi delle visite al pronto soccorso, dell’intervento della polizia, e del sistema giudiziario. Con tutto questo denaro risparmiato ci siamo accorti che era possibile acquistare un sacco di nuovi alloggi” ha detto il primo cittadino di Medicine Hat a CBC News.

Medicine Hat, cittadina senza clochard

Fornire assistenza sanitaria e servizi legali per le persone che sono senza una casa costa oltre 80 mila dollari l'anno, secondo i rapporti del Ministero dei Servizi Umani di Alberta. Inserire quelle stesse persone in abitazioni ”housing first” costa circa 30.000 dollari l'anno. Al 31 marzo 2015, ad 885 persone senza fissa dimora è stata data una casa in cui vivere a Medicine Hat. Secondo il sindaco Clugston, entro la fine dell’estate nella sua cittadina non ci saranno più homeless.

Housing first in Italia

In Italia è la Federazione italiana organismi per le persone senza dimora (FioPsd)  che si pone come obiettivo quello di replicare il modello “housing first”. L’idea è quella di costruire una rete tra i vari servizi già esistenti, il privato sociale e la pubblica amministrazione, che vada orientandosi progressivamente sul concetto di “Casa prima di tutto".  Nel nostro Paese gli esempi affini a quello di Medicine Hat sono vari: il progetto Rolling Stone a Bergamo, il progetto Tenda a Torino, o le iniziative di Fondazione Progetto Arca a Milano, della Caritas di Agrigento (sia per migranti che per italiani) e quelle di amici di Piazza Grande a Bologna. Manca però un vero network, in grado di reperire le risorse per il costo degli appartamenti e per l’assistenza. Per la FioPsd il vero problema è la mancanza di un reddito di cittadinanza in Italia. Ad esempio a Bergamo, il progetto Rolling Stones ha permesso al welfare lombardo di risparmiare dai 50 ai 100 euro al giorno per ogni utente. "Il programma -spiega il responsabile Stefano Galliani, presidente FioPsd – è rivolto a cinquanta utenti dei servizi per le dipendenze, che si trovano senza fissa dimora e si sono mostrati refrattari ad interventi quali l'inserimento in comunità di recupero. A gruppi di tre, sono stati collocati in una serie di alloggi popolari, il che ha comportato un risparmio enorme in termini economici: per rendersene conto, basta considerare che l' inserimento di un utente in una comunità di recupero per alcolisti o tossicodipendenti viene a costare rispettivamente 125 e 85 euro al giorno; mentre il costo dell'affitto di questi appartamenti è di 25 euro al giorno cadauno".

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