La Cina teme un’ondata di ritorno: rialzato il livello di allerta

Con la fine del lockdown e con la voglia di voler tornare quanto prima alla normalità la Cina torna a fare i conti lo spettro sempre più spaventoso di una ondata di ritorno del Covid-19: nella provincia dell'Hubei, quella di Wuhan e dell'epicentro della pandemia, ci sarebbero infatti 97 nuovi casi "importati" di Coronavirus, il numero più alto dall'inizio di marzo. Solo due, invece, i casi locali. Numeri che hanno immediatamente preoccupato le autorità cinesi che temono una nuova ondata di Covid-19 in arrivo dall'esterno.
Nuovi casi importati sono: è il numero più alto dall'inizio di marzo
Per questo questo motivo il governo cinese ha deciso di tenere chiuse le frontiere a quasi tutti gli stranieri, questo però non argina l'eventuale problema dei casi portati nel paese dai cittadini cinesi che stanno tornando a casa dall'estero: nei giorni scorsi, infatti, il ministero degli Esteri ha fatto sapere che dei circa 1.200 casi importati finora accertati, più o meno il 90% è costituito da cittadini cinesi, perlopiù studenti. A Pechino, intanto, oggi il livello di allerta sulla salute è passato da "verde" ("nessun problema") ad "arancione", che prevede l'obbligo di restare in isolamento a casa propria.
La Cina vieta il consumo di carne di cani e gatti
Intanto qualche giorno fa il ministero dell'Agricoltura cinese ha fatto sapere di aver escluso cani e gatti dall'elenco ufficiale di animali commestibili: si tratta di una decisione che arriva dopo il divieto dello scorso febbraio sul commercio e il consumo di animali selvatici, pratica sospettata della diffusione del coronavirus. Nell'elenco pubblicato dal Ministero, c'è una lista di animali che possono essere allevati per carne, pelliccia o per scopi medici e i cani e gatti non sono tra questi. Il consumo della carne di questi animali non è illegale in Cina, ma rimane estremamente minoritario e suscita crescente opposizione da parte della popolazione.