La Cina attaccò Google perché terrorizzata dal web: Wikileaks colpisce ancora
Ricordati gli attacchi hacker ai danni di Google che, nel 2009, portarono ad una forte tensione politica tra Cina e USA? Bene. Ora, grazie ad alcuni documenti pubblicati da Wikileaks, si conoscono le ragioni di quell'attacco e, soprattutto, il governo di Pechino viene ufficialmente chiamato in causa come ideatore ed artefice dello stesso, il che distrugge il castello di carte fatto di smentite e promesse la cui falsità oggi suona lampante.
La sorpresa, come sempre, non sta nel fatto di scoprire che il governo cinese ha guidato in prima persona l'attacco informatico contro Mountain View, questo era un dato assodato da tempo, e con cui Pechino e Washington erano ormai venuti a patti. Le rivelazioni di Wikilileaks, infatti, pur ufficializzando una verità nota, servono ad illuminare le ragioni di alcune scelte e consentono di comprendere meglio la filosofia politica che guida le azioni di un determinato governo. In questo caso, parliamo del governo di Pechino.
Tutto cominciò quando una delle figuri più importanti del governo, Li Changchun, scoprì che gli era possibile cercare il proprio nome, scritto con i caratteri dell'alfabeto cinese, all'interno dell'homepage principale di Google. I contenuti risultanti da tale ricerca, chiaramente, non dipingevano un quadro lusinghiero di Changchun, e ne tracciavano un profilo aspramente critico.
Il governo scoprì così che era molto facile aggirare il blocco di censura imposto a Google in Cina, e che bastava accedere a Google.com per ottenere migliaia di informazioni considerate riservate. Cominciò, così, ad essere ossessionato da Internet e dalla minaccia rappresentata dall'informazione libera e accessibile via web. Contemporaneamente, però, il governo pensò di sfruttare la rete a suo vantaggio, provando ad impossessarsi di documenti riservati appartenenti ad uno dei suoi maggiori avversari politici: gli USA.
Nel giro di pochi mesi, partirono decine di attacchi hacker ai danni degli apparati governativi statunitensi, tra i quali il famoso attacco a Mountain View; ad orchestrarlo e dirigerlo fu Li Changchun in persona. Lo scopo era quello di mettere una tale pressione addosso a Google, da costringere l'azienda ad accettare richieste come quella di epurare tutti i contenuti riguardanti il Dalai Lama e il massacro di piazza Tienanmen. Ma non finisce qui: l'obiettivo ultimo era di ricattare il governo USA, chiarendo che quest'ultimo sarebbe stato ritenuto responsabile se dei terroristi si fossero serviti di Google per attaccare la Cina.
Il messaggio era chiaro: se il governo americano voleva evitare una rappresaglia per aver esposto la Cina ad attacchi terroristici, doveva tenere a guinzaglio il suo cane. Gli Stati Uniti, naturalmente, rifiutarono ogni addebito, chiarendo che Google era una compagnia privata, e che in quanto tale era l'unica responsabile delle sue attività. In seguito poi, il segretario di stato Hillary Clinton, si schierò apertamente con Mountain View, accusando la Cina di applicare un regime censorio da stato totalitario.
Detto questo, è curioso e, in qualche modo, ironico notare come due grandi superpotenze, opposte da sempre e costantemente impegnate a spiarsi e scrutarsi in cagnesco, si ritrovino oggi unite a lottare contro Wikileaks. Julian Assange, rivelando le ostilità di Pechino nei confronti di Washington, è riuscito a cementare un rapporto a dir poco traballante. Ora, poco importa che sia stata davvero la Cina ad orchestrare gli attacchi informatici del 2009: questa è una notizia che non andava diffusa, questa era una doverosa censura.
A quanto pare, ci sono cose che non devono essere scoperte dai "civili", il che vuol dire che esiste un livello di censura accettato da tutti i governi, e su cui persino USA e Cina possono concordare.