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“La Cina aiuta la Russia ma in Ucraina vuole la pace”: parla il sinologo che accompagna Putin da Xi

L’intervista di Fanpage.it al professor Maslov, parte della delegazione del Cremlino che oggi sarà a Pechino: “Si discuterà dei punti affrontati a Mosca un anno fa. Tra questi, un ritiro parziale delle forze russe”. Pechino “ha bisogno dei mercati occidentali e desidera una normalizzazione. La Cina è il futuro, ma non per sempre”.
A cura di Riccardo Amati
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"La Cina ha tutto l’interesse alla fine del conflitto ucraino, chiunque abbia ragione", dice al telefono con Fanpage.it Alexey Maslov, direttore dell’Istituto degli studi su Asia e Oriente della maggiore università russa, la statale Lomonosov di Mosca e consulente del Cremlino alla vigilia della partenza per Pechino insieme a Vladimir Putin. Ritiene "un fatto estremamente positivo" che il presidente russo abbia detto di esser pronto a negoziare sull’Ucraina.

I temi affrontatati inutilmente nel marzo 2023, quando i cinesi presentarono i loro 12 punti per un percorso verso la pace, tornano quindi d’attualità. Le priorità di Xi Jinping e quelle del presidente russo "sono diverse". Un compromesso sulla guerra europea potrebbe riallinearle. Perché "la Russia ha bisogno della Cina e la Cina della Russia, unica potenza su cui può contare politicamente". Secondo l’accademico "la Cina rappresenta il futuro della Russia per i prossimi 10-15 anni". Ma la cultura europea dei russi e il loro naturale orientamento verso il vecchio continente torneranno a contare.

La visita di Stato di Putin, oggi nel Paese del Dragone, segna il suo 43esimo incontro con Xi. La loro sbandierata relazione di amicizia sarà attentamente monitorata. I legami economici tra le due nazioni sono fiorenti, nonostante le sfide poste dalle sanzioni occidentali. "Un punto cruciale in agenda riguarda il clearing bancario per il commercio tra i due Paesi", rivela Maslov. Si tratta delle compensazioni minacciate di possibili interventi occidentali contro gli istituti finanziari che se ne occupano.

Lo scorso anno gli scambi bilaterali sono saliti a 240 miliardi di dollari, con un aumento del 26% rispetto all’anno precedente. Merito delle esportazioni cinesi di vari beni e di acquisti significativi di gas e petrolio russi. Ma, con poco più di 240 miliardi di dollari, la Russia rappresenta ancora solo il 4 per cento del commercio di Pechino. Che con l’Europa conta per 800 miliardi e con l’America per 860. Squilibri che pesano, nel rapporto tra i due partner e nelle loro visioni politiche.

Alexey Maslov.
Alexey Maslov.

Professor Maslov, Come sta andando la partnership “no limits” proclamata due anni fa tra Russia e Cina? Siete soddisfatti, a Mosca?

"La posizione cinese nei nostri confronti può esser definita “neutralità filo-russa”. E questo al momento soddisfa pienamente il Cremlino. D’altra parte, capiamo benissimo che la Cina cerca di tenere i piedi in due staffe. E la seconda staffa è l’Occidente. Gli Usa, certo. Ma anche e soprattutto l’Europa. Pechino ha assolutamente bisogno dell’Europa, per rilanciare la sua economia. Per questo vuole la fine dell’operazione militare speciale in Ucraina (Maslov durante l’intervista non utilizzerà mai la parola “guerra”, ndr).

Xi Jinping cercherà di convincere Vladimir Putin a fare concessioni in Ucraina per arrivare alla pace? Durante l’ultima visita del presidente cinese a Mosca si parlò addirittura della possibilità di un “ritiro parziale” dai territori occupati e di una “soluzione coreana” per il Donbass, sulla base dei 12 punti del piano di Pechino. Nulla di fatto. Le cose sul campo son cambiate. Quei punti di discussione restano validi?

"Non so se Xi Jinping potrà “convincere” Putin. Ma certo i due discuteranno nel merito. E la correlazione più importante tra le loro opinioni è stata fatta proprio durante l’incontro di Mosca nel marzo dello scorso anno. Credo che quanto il nostro presidente ha detto ai media cinesi, ovvero che la Russia è pronta a negoziare ma ha bisogno di garanzie valide e affidabili, soddisfi pienamente Xi. Perché la Cina è davvero interessata a che si ponga fine all’operazione militare, e non a discutere chi ha ragione e chi ha torto".

Non è che il sostegno cinese, vitale per la guerra di Putin in Ucraina, rischi di venir meno? La partnership "no limits" qualche limite ce l’ha?

"I limiti in realtà ci sono, come sempre nei rapporti tra due Paesi. La formula “no limits” è frutto del tradizionale simbolismo cinese. Lo capiamo bene e non prestiamo troppa attenzione a queste articolazioni, nella nostra cooperazione con Pechino. Di fatto, però, la Cina continua a sostenerci sia sul piano politico che su quello commerciale".

Ma le importazioni russe dalla Cina risultano in calo negli ultimi due mesi. Del 15,7 per cento in marzo e del 13,5 in aprile…

"Sì, però l’export dalla Russia è in aumento. La Cina continua ad acquistare i nostri prodotti. Lo scambio resta quanto mai vivace".

L’Occidente cerca di frenare il sostegno cinese all’industria militare russa. Si preparano sanzioni contro le banche che operano compensazioni finanziarie per questo tipo di scambi. Se ne parlerà, durante la visita di Putin a Pechino?

"Sarà il punto principale delle discussioni economico-commerciali: l’obiettivo è proprio quello di risolvere tutti i problemi relativi al clearing bancario e in generale al trasferimento di denaro tra i due Paesi".

Cos’altro c’è nell’agenda di questa visita?

"Sempre per quanto riguarda i rapporti economici e commerciali, vogliamo aumentare le voci di scambio. Perché al momento l’export russo riguarda solo petrolio, gas e una limitata produzione agricola. La Russia propone molto di più. Un altro tema è il livello di cooperazione nella tecnologia, nell’istruzione e nel più ampio settore scientifico. Puntiamo a istituire laboratori e centri scientifici congiunti. E poi c’è la “Forza della Siberia”".

Ovvero il nuovo gasdotto tra Russia e Cina. Vaghe intese un anno fa. E poi i cinesi non ne hanno proprio più voluto parlare. Perché è importante, per Mosca?

"Perché ci consentirebbe di ripianare la perdita di export di idrocarburi seguìta al conflitto in Ucraina. Significherebbe tornare alla situazione di quando il principale mercato per il nostro gas era l’Europa".

E perché alla Cina invece importa così poco?

"Ci sono motivi “tecnici”. Alla Russia interessa la mera esportazione del gas. La Cina vorrebbe ricomprendere nell’accordo per il gasdotto anche l’esplorazione e lo sviluppo di derivati degli idrocarburi. Ma il vero motivo secondo me è un altro: anche in questo caso la Cina attende la fine delle ostilità in Ucraina. Vuole che il gasdotto diventi realtà solo quando ii mercato sia meno dipendente da eventi politico-militari. La Cina ha proprio interesse a una normalizzazione".

E questa potrebbe essere una leva in più per ottenerla. Quanto è importante politicamente la Russia di Putin per la Cina per Xi Jinping?

"Siamo l’unico grande paese che sostiene Pechino in tutte le sue iniziative. Nel Consiglio di sicurezza dell’ONU come in ogni sede. Nessuna altra potenza può sostenere le idee cinesi. Solo noi. La Cina ha davvero bisogno della Russia come partner politico".

La parte politica dell’agenda cosa comprende, oltre all’Ucraina?

"Si discuterà del futuro globale e dell’approccio a questo futuro. Ci sono interessi in comune. Sul multipolarismo. E sulla ristrutturazione in questo senso della cooperazione per la sicurezza".

Ma non è un solo un bla bla? La Cina “ha i piedi in due staffe”, dicevamo. Vuole la normalizzazione e l’accesso ai mercati. La Russia invece punta alla rivoluzione dell’ordine internazionale, al confronto esistenziale con l’“Occidente collettivo”. Non le sembrano priorità diverse?

"Le priorità sono simili. L’approccio però è diverso. Sia la Cina che la Russia vogliono dimostrare l’assoluto livello di indipendenza dei loro rispettivi sistemi politici. Mosca, per farlo, ha scelto subito la strada dell’operazione militare speciale. Invece la Cina, che vuol mantenere forti legami con la Russia e al contempo non inficiare i rapporti con gli Usa e l’Occidente, ha una visione a più lungo termine. E cerca di proporre una politica vantaggiosa per tutti. Si tratta dell’approccio “Win-win”, ovvero”tutti vincitori”. Tipico della politica cinese".

Sì, dove però uno dei due “Win” ha la maiuscola. Perché i vincitori veri devono essere i cinesi…

"Fa parte della loro cultura".

Nella delegazione russa c’è il neo-ministro della Difesa Andrei Belousov, oltre a Sergei Shoigu, appena messo a capo della Segreteria del Consiglio di sicurezza, all’advisor di Putin per la politica estera Yuri Ushakov e a tutti gli specialisti di Cina appena confermati dal presidente. Il rimpasto del governo russo è stato fatto con un occhio a Pechino?

"Certamente questa delegazione è un segnale di stabilità che a Pechino fa piacere. Perché per la Cina la stabilità della politica russa è importante. Gli esperti cinesi si chiedono se la svolta di Mosca verso l’Oriente sia strategica o solo tattica. Si chiedono quanto durerà. Putin ha voluto dimostrare che c’è assoluta continuità. Belousov è conosciuto e apprezzato in Cina. Ha avuto successo nel suo precedente ruolo di uomo di punta nelle trattative economiche tra i due Paesi. La sua nomina alla Difesa e la sua presenza nella delegazione sono senza dubbio un plus".

Intanto, sempre più ragazzi russi vanno a studiare nelle università cinesi, grandi industriali come Vladimir Potanin spostano la produzione in Cina e le auto cinesi pullulano nelle strade di Mosca e San Pietroburgo: la svolta verso Oriente è definitiva? L’Europa ha perso la Russia per sempre?

"Per la prima volta nella nostra storia, siamo molto più connessi con un Paese dalla civiltà completamente diversa dalla nostra che con l’Europa. La situazione è paradossale. Per lungo tempo la Russia ha potuto giocare su due tavoli. L’Europa era per noi il naturale contrappeso della Cina. Ma tutte le nostre attività sono sempre state orientate verso l’Occidente. E dall’Occidente continuiamo a imparare. Adesso però il futuro della Russia è la Cina. O almeno lo sarà per i prossimi dieci o quindici anni".

Quindi dopo Putin possiamo sperare di ritrovarvi. Ma non avete paura di diventare eccessivamente dipendenti da Pechino? E che sia difficile in un futuro affrancarvi, se mai vorrete farlo?

"Gli ambienti politici di Mosca sono ben coscienti del pericolo. Ecco perché la Russia cerca di andare oltre semplici scambi commerciali. Coinvolgendo nella cooperazione il settore tecnologico. Con l’obiettivo di utilizzare le tecnologie per ricostruire la propria industria. Cosa che potremmo ottenere nell’arco dei prossimi cinque o sette anni. Rendendoci più indipendenti. No, la Russia non intende diventare per sempre un vassallo della Cina".

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