La battaglia della piccola Tafida: i genitori vogliono impedire ai medici di staccare la spina
Sono ore di attesa a Londra per la famiglia di Tafida Raqeeb, la bambina di cinque anni ricoverata in coma al London Royal Hospital per un'emorragia cerebrale e i cui medici intendono, contro la volontà dei genitori, staccare la spina del respiratore. Lunedì è iniziata l'udienza dell'Alta Corte chiamata a decidere il destino della piccola la cui storia ricorda quelle recenti di Charlie Guard e Alfie Evans e l'esame del caso dovrebbe durare cinque giorni e terminare quindi domani, venerdì 13 settembre. Il ricorso dei genitori di Tafida – la mamma, Shelina Begum, è una avvocato di trentanove anni e il papà, Mohammed Raqeeb, è un perito edile di quarantacinque, entrambi di origini bengalese – è stato depositato il 16 luglio scorso all'Alta Corte di Londra. I genitori della bambina nei mesi scorsi hanno ottenuto la disponibilità a un ricovero della figlia in Italia, presso l'Ospedale Gaslini di Genova.
I genitori di Tafida vogliono portarla a Genova – Tafida Raqeeb soffre dalla nascita di una rara malformazione arteriovenosa, un problema che lo scorso 9 febbraio le ha provocato lo scoppio di una vena in testa. Prima di quel trauma la piccola stava benissimo. Secondo i medici del London Royal Hospital proseguire con cure invasive è ormai vano ma secondo i genitori la bambina sarebbe ancora vigile. E la mamma e il papà, che fanno appello anche alla fede islamica che vieta l'interruzione delle terapie se non nei casi di morte cerebrale, sperano di poterla portare in Italia per tentare nuove cure.
La famiglia di Tafida in attesa della decisione dell'Alta Corte – “Solo Dio può disporre della vita umana”, le parole che la mamma Shelina Begum ha detto in un’intervista a Famiglia Cristiana. “Tutta la mia famiglia sta seguendo il caso nell’aula del tribunale e non abbiamo tempo per nient’altro”, ha aggiunto dicendosi convintissima di potercela fare. Secondo gli avvocati che difendono Tafida vietare il trasferimento viola il diritto al credo religioso e alla libera circolazione all’interno dell’Unione Europea. “Se le credenze religiose sono in contrasto con l'interesse del paziente, bisogna agire solo in tutela di quest'ultimo”, ha invece detto Katie Gollop, il legale della struttura sanitaria, già coinvolto nel caso del piccolo Charlie Gard.