Se non hai provato imbarazzo alla vista dell'orso Tim addestrato per applaudire e tenere in mano un pallone da calcio in Russia, forse dovresti rivalutare il tuo livello di evoluzione.
Perché un simile animale ridotto a fenomeno da baraccone non ha nulla di virile come la Russia vorrebbe farci credere.
Nessuno adeguatamente evoluto al giorno d'oggi (russo e non) guarda con stima un individuo che infierisce su un animale, forzandolo a comportarsi da ‘umano' e rifilandogli bocconcini tra le fessure della maschera che gli contiene la bocca.
Io davvero non so quale fosse l'obiettivo di chi ha organizzato questo macabro spettacolo che è risultato vergognoso agli occhi di chi oggi ha capito che il rispetto per la dignità degli individui, e non il loro contenimento, è ciò a cui si dovrebbe puntare per progredire.
Ma in fondo stiamo parlando della Russia di Putin (che non significa i russi in generale), un essere vivente che basa la sua politica su un'immagine che non è certo quella del buon samaritano che porge l'altra guancia e che nella collaborazione, nel dialogo e nel rispetto trova la sua tattica per portare avanti un Paese aperto ed ospitale. No, contenimento, limitazione della libertà, censura, violenza, machismo: tutto questo è la politica di Putin. E il povero orso Tim ne è l'emblema. E forse proprio per questo, ora che ci penso, effettivamente quanto abbiamo visto rappresenta ancora meglio la Russia dei giorni nostri: ciò che tutti immaginiamo come resistente e forte, a ben vedere è diventato solo un teatro di burattini privo (e privato) di carattere.
L'orso, in generale, è infatti il simbolo di questa nazione e, immagino, che il motivo della scelta in passato fosse legato al coraggio e alla grandezza di questo animale. Purtroppo però le buone intenzioni non sempre portano a buoni risultati e così è stato per chi ha pensato di dare un'importante immagine della Russia, mostrandoci un orso senza libertà che in alcuni momenti mi ha fatto pensare (o forse sperare) che quello in realtà fosse un costume e lì dentro ci fosse un essere umano. Ma mi sbagliavo. La speranza a volte fa brutti scherzi alla nostra percezione.
Guardando l'addestratore, mi sembra di leggere orgoglio nei suoi occhi: si vanta di aver distrutto l'essenza dell'orso Tim e di poterlo così pubblicamente umiliare obbligandolo, attraverso l'inganno del premio in cibo, a comportarsi come una specie di essere umano in grado di applaudire e tenere in mano un pallone. Ma chissefrega se uno orso è in grado di fare queste cose. E poi io vorrei vedere la sua virilità al cospetto di un orso libero in natura.
Diciamoci la verità, nel 2018, nell'era in cui ci si interroga ogni giorno sugli effetti degli allevamenti intensivi sull'ambiente, sui diritti degli animali da compagnia, sulle tecniche utili ad evitare l'estinzione di specie animali, come fa a venire in mente a qualcuno di mostrare un simile animale privato di ogni dignità?
Certo, questo spettacolo non è peggiore di molti altri a cui assistiamo qui in Italia o di altri paesi in giro per il mondo (vedi le stragi di cani randagi compiute in Sicilia, o l'aquila ‘laziale' o i cacciatori che pagano grandi somme di denaro per andare in Africa ad uccidere i grossi felini). Certo ovunque c'è ancora molta strada da fare per potersi considerare evoluti: provare sconcerto per il trattamento riservato all'orso Tim, non implica non provare sconcerto per le altre violenze che gli animali, e le persone, subiscono in giro per il mondo (e mi sembra assurdo doverlo sottolineare). Una cosa non esclude l'altra. Sono sicura che molti siano stati i russi che non si sono trovati in sintonia con la scelta di mostrare un orso obbligato ad applaudire, così come molti sono stati gli italiani che hanno reagito negativamente alla notizia dei cani randagi avvelenati: tutti noi, per un verso o per un altro, non ci siamo ancora adeguatamente evoluti e la sofferenza, le violenze, le guerre e gli abusi che persone e animali subiscono ogni giorno ne sono la dimostrazione. Però ci stiamo lavorando e per poter andare avanti bisogna parlarne, bisogna accettare i propri limiti, bisogna mettersi in gioco.
Ora ditemi che quello dell'altro giorno è stato un episodio isolato e che questo stupro alla decenza non si ripeterà, come si mormora, in occasione della cerimonia di apertura dei prossimi Mondiali di Calcio. Per favore, non fatecelo più vedere, liberatelo ed evolviamoci.
Si può fare di più, dicevano Morandi, Ruggeri e Tozzi.
La grandezza di una nazione e il suo progresso morale si possono giudicare dal modo in cui essa tratta gli animali, diceva Gandhi.