La Kaiser-Wilhelm-Gedächtniskirche di Berlino è più di una chiesa. Fu praticamente distrutta durante la Seconda Guerrra Mondiale, quando i bombardamenti misero a ferro e fuoco Berlino e dopo il conflitto non fu più ricostruita. I tedeschi pensarono fosse giusto lasciare così quel rudere di pietra alto e sottile come una lancia conficcata in una terra dolorante. A testimonianza degli orrori della guerra, fu detto. E oggi che proprio lì davanti, sotto la luce delle fotoelettriche di un mercatino di Natale interrotto da urla e sangue, ora che nella città dei giovani, delle arti, della tolleranza, del sogno europeo, il terrore, terribilmente voluto e pianificato e al tempo stesso terribilmente casuale, colpisce, vorremmo da guardare con distacco e pietà la vita, come l'angelo Damiel che proprio da quel campanile scrutava i berlinesi nel "Cielo sopra Berlino" di Wenders.
Non abbiamo e non avremo questo distacco. Al pari di ciò che avvenne a Nizza, quasi Italia, quello che oggi succede a Berlino ferisce e agita i nostri cuori. Siamo figli di aerei low cost a due ore da lì, figli di estati passate a vedere il nuovo, il "sarebbe possibile anche qui", spettatori contenti dell'incrocio tra idee, culture, storie, facce, etnie. Figli dell'idea che Berlino è Germania ma fino ad un certo punto, perché Berlino è Europa, è Europa, è assolutamente Europa della pace, possibile e auspicabile, oggi ancor di più dopo la Brexit, ancor più dopo il terrore seminato negli ultimi anni a Parigi.
Nelle immagini di una città addobbata a festa, di un mercatino di Natale macchiato di sangue, cerchiamo per l'ennesima volta di guardare nel pozzo dell'odio per cercare di capire qualcosa e carpire una lezione che ci aiuti a prevenire, a non far ripetere, a non finire nella spirale del terrore diffuso e generalizzato. Non troveremo molto per spiegare, come non lo trovammo al Bataclan di Parigi, come non lo trovammo sulla Promenade des Anglais a Nizza. Oggi tocca a Berlino. E chiunque sia stato, da qualsiasi fonte arrivi quest'atto folle, con qualsiasi motivazione, merita solo una reazione, per quanto banale possa sembrare, ora: continuare a vivere. In libertà, in tolleranza, con la cultura e la voglia di conoscenza come sola arma accettabile.