L’Italia ritira lo staff diplomatico dall’ambasciata di Damasco
Lo staff della sede diplomatica italiana in Siria è stato fatto rimpatriare: è quanto si legge da una nota diffusa dalla Farnesina, nella quale si apprende che l'Italia ha cessato, a partire da oggi, ogni attività relativa all'Ambasciata a Damasco. Dal testo si apprende che a causa dello scarso livello di sicurezza che vige nel Paese, è opportuno portare avanti il proprio sostegno alla Siria al di là dei confini della nazione, ribadendo la decisa condanna contro ogni forma di violenza attuata dal regime nei confronti dei propri concittadini. Come informa il Ministero degli Esteri, "L'Italia continuerà a sostenere il popolo siriano e a lavorare per una soluzione pacifica della crisi, che ne garantisca i diritti fondamentali e le legittime aspirazioni democratiche".
La Farnesina aggiunge, inoltre, che il nostro Paese continuerà a sostenere la Siria e "gli sforzi dell'Inviato Speciale dell'Onu e della Lega Araba, Kofi Annan, per ottenere uno stop immediato alla violenza e per consentire l'accesso degli operatori umanitari e l'avvio del dialogo politico". Un'attivista della città di Idlib, che si trova a nord-ovest della Siria, ha riferito che da da quattro giorni il territorio è sotto attacco dell'esercito siriano che l'ha assaltato, prendendone il controllo. Si conterebbero anche, secondo l'uomo, almeno dieci morti. Noureddin al-Abdo, questo il nome dell'attivista, ha raccontato che a partire da ieri "a Idlib non si combatte più, l'Esercito libero siriano si è ritirato e l'esercito regolare ha preso d'assalto l'intera città, conducendo anche perquisizioni casa per casa".
Il Ministro degli esteri russo, Serghei Lavrov ha criticato il presidente siriano Bashar al Assad per aver messo in campo delle misure efficaci per far scemare il sanguinoso conflitto in Siria con eccessivo ritardo. Secondo il ministro russo, infatti, Assad ha "introdotto buone riforme che rinnovano il sistema e lo aprono al pluralismo, ma tutto è stato fatto con grave ritardo". In Siria si contano circa 8.000 vittime, un numero destinato ad aumentare a causa dei combattimenti che stringono in una morsa di sangue l'intero Paese: ad essi, si affiancano ben 30 mila profughi.