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L’Europa punta ad aree di libero scambio con Usa e Giappone

Dopo l’avvio a fine 2012 di negoziati col Giappone per un’area di libero scambio, la Ue sta per avviare colloqui anche con gli Usa, secondo quanto annunciato oggi da Barack Obama davanti al Congresso…
A cura di Luca Spoldi
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Il discorso di Obama sullo Stato dell'Unione

Un’area di libero scambio che unisca Stati Uniti ed Unione Europea: l’annuncio del prossimo avvio di trattative per arrivare a definire una “partnership sul commercio e l’investimento transatlantico con l’Unione europea” viene da Barack Obama nel corso dell’odierno discorso sullo stato sull’Unione tenuto di fronte al Congresso riunito in seduta comune. Un’intesa, fa eco da parte sua il presidente della Commissione Ue, Jose Manuel Barroso, destinata a dare vita alla “zona di libero scambio più grande del mondo” che potrà fornire al Pil del vecchio continente uno stimolo pari allo 0,5% in più di crescita. L’accordo a cui si punta, hanno poi confermato ulteriori fonti ufficiali europee, non riguarderà solo le tariffe doganali ma anche appalti pubblici e investimenti. La notizia è una di quelle che forse non colpisce la stampa italiana, impegnata a seconda dello schieramento a “sparare” in prima pagina questo o quello “scandalo” e indagine che coinvolge gruppi italiani da Saipem ad Eni, da Mps a Ilva, in una campagna elettorale tanto povera di reali contenuti e proposte quanto priva di scrupoli nel tentare di gettar fango sugli avversare.

Eppure la notizia dovrebbe essere ripresa, analizzata e valutata in tutta la sua portata, che se non è storica come quella delle dimissioni di un papa poco ci manca per l’impatto che lo sviluppo degli scambi tra le due sponde dell’Atlantico potenzialmente potrà avere. Uno sviluppo che potrebbe peraltro essere bilanciato da un’analoga intesa di libero scambio tra Unione europea a Giappone (in questo caso le trattative sono già in corso e secondo le primissime indicazioni giunte a fine 2012 l’accordo potrebbe far crescere di 42 miliardi di euro l’anno, circa lo 0,8% del Pil comunitario, gli scambi commerciali già esistenti), destinata a seguire quella già siglata tra Ue e Corea. Naturalmente se nel complesso l’apertura di nuovi mercati (in particolare tra paesi tutti ugualmente “sviluppati” e dunque privi di particolari vantaggi competitivi in termini di costi di produzione) appare più che positiva, il bilancio definitivo dovrà tener conto di vantaggi e svantaggi per i singoli macrosettori economici.

Nel caso dell’intesa col Giappone, per esempio (e in parte anche per quella già siglata con la Corea), le più forti opposizioni sono finora giunte dai produttori automobilistici, visto, tra l’altro, che secondo alcuni studi una volta operativa l’area di libero scambio il Giappone riuscirebbe a vendere in Europa oltre 440 mila vetture in più di quanto non faccia ora, mentre l’Europa nel complesso ne venderebbe nemmeno 10 mila in più in Giappone. Stante i differenti interessi in gioco nel caso di Europa e Stati Uniti (se General Motor ha un piede nel vecchio continente con Opel, Fiat si gioca proprio con Chrysler le ultime chance si rimanere un produttore indipendente) è probabile che nei prossimi giorni qualche resistenza arrivi proprio dai produttori tedeschi (e forse da quelli francesi, sinora più interessati, con Renault, all’Asia che non all’America) mentre Fiat potrebbe essere meno contraria.

Di certo con 646 miliardi di dollari di interscambio commerciale i legami tra le due sponde dell’Atlantico sono già ora più che saldi e potrebbero consentire di compensare almeno in parte la repressione fiscale ferocemente voluta (e difesa) da Berlino che finora ha contribuito a far precipitare le economie del Sud Europa (dalla Grecia alla Spagna, sino all’Italia, a giudicare dagli ultimi dati sulla produzione industriale che in dicembre ha visto su base annua la Spagna accusare un calo del 6,9%, l’Italia del 6,6%), mentre la Germania ha trovato nella stessa Ue un vasto mercato per le proprie merci e servizi. Al netto della retorica politica la mossa di Obama può costituire una speranza per il futuro di milioni di lavoratori europei, sempre più in difficoltà. Perché la speranza si tramuti concretamente in ricchezza e lavoro occorrerà tuttavia investire oculatamente in ricerca e sviluppo e rafforzare per quanto possibile gli investimenti in settori innovativi, sradicando la pianta della mala gestione pubblica e privata e della corruzione. Senza queste “riforme strutturali” tutto il resto sarebbe vano o ad esclusivo vantaggio dei nostri partner europei.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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