L’appello di Yaaba, mamma ghanese di nove bambini: “Figli miei non partite, il futuro non sia tragedia”
“Quando tre dei miei figli hanno deciso di migrare ero molto contenta. Così ho venduto la mia fattoria per pagare il loro viaggio ma, dopo quello che hanno vissuto, preferisco rimangano qui piuttosto che in un altro Paese dove le loro vite potrebbero essere misere e senza nessuna prospettiva”. A parlare è Yaaba, una mamma ghanese, che ha visto come il sogno dei suoi ragazzi di un futuro migliore si è trasformato in tragedia. La testimonianza della donna è stata raccolta dai salesiani del Don Bosco e gli operatori dell'Ong Volontariato Internazionale per lo Sviluppo (Vis) durante l'ultima missione in Ghana.
Due figli di Yaaba scelgono di andare verso la Libia. Un viaggio lungo e pericoloso attraverso il deserto del Niger, una rotta percorsa da migliaia di giovani dell’Africa occidentale che si affidano nelle mani di spietati trafficanti pur di raggiungere la loro meta. “Ricordo ancora la prima telefonata che mi hanno fatto – prosegue Yaaba – mi raccontavano tutte le peripezie che avevano dovuto affrontare: per la mancanza d’acqua nel deserto, hanno dovuto bere la propria urina”. Appena arrivati in Libia, come accaduto a tanti loro connazionali, i due giovani vengono arrestati. “Mi hanno chiesto del denaro per la loro liberazione e così sono stata costretta a vendere la mia piantagione di cacao”, racconta questa mamma di nove figli.
Dopo aver vissuto questa tremenda esperienza, uno dei giovani decide di ritornare a casa. Ma la prigionia vissuta aveva indebolito così tanto il suo fisico che muore poco dopo il suo ritorno. L’altro figlio, invece, resiste per un anno e mezzo in Libia ma alla fine anche lui si arrende quando capisce che il sogno di un lavoro che potesse dare sostentamento alla famiglia svanisce. E così intraprende il viaggio di ritorno in Ghana. Ma l’esperienza l’ha provato: è malato e ha perso molti chili, afferma con rammarico Yaaba. Non va certo meglio al terzo figlio migrato in Nigeria. Non trova lavoro e – come ricorda la mamma – capisce che la sua vita sta prendendo una piega diversa da quella desiderata. Così anche per lui non rimane altra soluzione che fare ritorno in patria. “Da quando sono ritornati – dice la mamma – sono sempre preoccupata per la loro salute”. “Soffro d’ansia, ho apnee notturne e problemi di stomaco. La loro sofferenza ha fatto ammalare anche me”.
Quello che è successo ai figli di Yaaba non è un caso isolato. Lo scorso novembre, tre migranti ghanesi hanno raccontato di essere stati messi all'asta come schiavi in Libia. E, secondo quanto ha riferito il ministro degli esteri del Ghana, Shirley Ayorkor Botchwey, 168 cittadini ghanesi erano stati arrestati dalle autorità libiche e portati nei centri di detenzione, descritti da molti migranti come dei veri e proprio lager. Solo pochi giorni fa, Medici senza Frontiere lanciava l’allarme per la sorte di circa 800 migranti e rifugiati detenuti nella città portuale di Zuwara in condizioni disumane da più di cinque mesi, senza accesso adeguato a cibo e acqua.
Secondo la Banca Mondiale, il Ghana ha una delle economie più brillanti in Africa, una crescita trainata soprattutto dal settore petrolifero e dell’oro, di cui il Paese detiene ingenti riserve. Ma gli ultimi dati diffusi dalle Nazioni Unite relativi all'Indice di sviluppo umano mostrano come il 25% della popolazione viva ancora sotto la soglia di povertà. Quasi la metà dei lavoratori guadagna poco più di 3 dollari al giorno. E anche per quanto riguarda la salute i numeri non sono incoraggianti: ci sono solo 55 ambulanze per 29 milioni di abitanti. Ecco perché, nonostante i buoni auspici economici, secondo uno degli ultimi sondaggi 4 ghanesi su 10 hanno intenzione di migrare alla ricerca di lavoro.