L’altro Natale in Congo per le 26 coppie italiane intrappolate
UPDATE: Il Presidente del Consiglio Enrico Letta in seguito a una telefonata ha ricevuto rassicurazioni dal primo ministro congolese Augustin Matata Ponyo Mapon, che ha garantito di voler procedere in tempi rapidi al "riesame" dei casi di adozione da parte di famiglie italiane attualmente bloccate nel paese. Lo rende noto palazzo Chigi. "Il Presidente Letta – si legge nella nota – ha confermato di avere disposto l'invio a Kinshasa di una delegazione di alti funzionari del Ministero degli Esteri e dell' Ufficio del Ministro dell'Integrazione, che già da domani avrà incontri con lo stesso Primo Ministro e le Autorità competenti, finalizzati a consentire un rapido ritorno in Italia delle famiglie con i propri figli. Da parte sua, il Primo Ministro Matata ha ricordato come tutte le adozioni internazionali siano state temporaneamente sospese in quanto il Governo congolese ha deciso di riesaminare le procedure e di correggere le irregolarità riscontrate in alcuni casi. Con riferimento alle adozioni da parte di famiglie italiane, nel condividere l'auspicio del Presidente Letta, il Primo Ministro della Repubblica Democratica del Congo ha assicurato circa la volontà delle autorità di Kinshasa di procedere, con la massima considerazione e nello spirito di amicizia esistente tra i due Paesi, al riesame dei casi, in tempi rapidi e conformemente alle procedure vigenti".
Non sarà per tutti un Natale di festa. Non lo sarà certamente per le 26 coppie di italiani intrappolate da settimane nella Repubblica Democratica del Congo, dove si erano recate per adottare dei bambini, in un Paese tra i più poveri del mondo, con un elevatissimo tasso di mortalità infantile. Francesca Morandin, 33 anni, racconta a La Stampa che per lei, trattenuta nel paese africano insieme al marito, sarà un Natale con "tanta ansia e tanta paura che ci facciano tornare a casa senza i nostri i figli". Il suo bambino "ha 14 mesi ma pesa quanto uno di 7 tanto è denutrito. E come non bastasse fatichiamo a fargli scendere la febbre e a farlo guarire dalla scabbia".
La donna prosegue il suo racconto: "Cercheremo di organizzarci con le altre famiglie, ma non saremo in tanti perché non viviamo tutti nello stesso posto. Noi che siamo venuti in Congo con l’associazione Aibi siamo sistemati in un residence: 6 coppie in tutto, le altre stanno in altri piccoli appartamenti o in albergo. Incontrarsi non è facile, tanto più che tre giorni dopo l’arrivo ci hanno ritirato il passaporto e il visto è scaduto". "non sarà certo un pranzo di Natale sontuoso. Siamo felici lo stesso, anzi per certi versi più dell’anno scorso perché allora io e mio marito Marco eravamo soli, senza nostro figlio. Certo avevamo sperato per lui un Natale diverso e anche i nostri genitori avrebbero tanto desiderato coccolarsi il nipotino a casa nostra, a Treviso".
Le prospettive per le 26 coppie di italiani andati in Congo per adottare sono però tutt'altro che positive. Il ministro degli interni africano ha infatti convocato nella capitale, Kinshasa, gli ambasciatori di Italia, Stati Uniti, Francia, Belgio, Canada e Regno Unito per confermare l’intenzione del governo di sospendere le procedure di adozione di minori, in applicazione della decisione presa il 25 settembre scorso. Il ministro degli Esteri Emma Bonino ha subito convocato a sua volta l’ambasciatore del Congo a Roma, Albert Tshiseleka Felha. “Non avete rispettato gli accordi verbali presi a novembre con il nostro ministro Kyenge. Siamo sconcertati”, gli ha detto la titolare della Farnesina. Il ministro dell'integrazione – di origini congolesi – il 4 novembre si era recata a Kinshasa ottenendo dal viceministro degli Esteri locali l’assicurazione che “la Direzione generale per la Migrazione avrebbe confrontato con l’ambasciata italiana la lista delle adozioni considerate in regola e per le quali sarebbe stata quindi rilasciata l’autorizzazione alla partenza”.