Kiril Martynov (Novaja Gazeta) a Fanpage.it: “Putin è in un vicolo cieco e non sa più come uscirne”
“La guerra della Russia in Ucraina è cominciata senza una ragione, e finirà senza una ragione”. Kiril Martynov sorride amaro, mentre pronuncia questa frase. Ex professore di filosofia poco più che trentenne, e a dispetto di un viso da studente che lo fa sembrare ancora più giovane, Martynov è stato per anni il vicedirettore di Novaja Gazeta, l’unico vero giornale indipendente nella Russia di Putin, quello per cui lavorava Anna Politkovskaja, assassinata il 7 ottobre di sedici anni fa, nel giorno del compleanno del presidente russo, quello il cui direttore Dmitrij Muratov, pochi mesi fa, è stato insignito del Nobel per la pace. Oggi Martynov vive a Riga, in Lettonia, da dove dirige Novaja Gazeta Europe, giornale formalmente indipendente dal suo corrispettivo moscovita, ma che di fatto rappresenta una sorta di “piano b”, nel caso la censura russa contro la libertà di stampa dovesse farsi ancora più stringente, nei prossimi mesi di guerra in Ucraina.
Martynov, in questi mesi, è la voce della Russia che non sta con Putin. A Milano è ospite della Fondazione Feltrinelli, che ha organizzato per lui un incontro ristretto – di cui questa intervista è resoconto – cui ha partecipato anche Fanpage.it alla vigilia del 9 maggio, giorno della rievocazione della vittoria russa nella “grande guerra patriottica” contro i nazisti, occasione che il mondo attende col fiato sospeso, in attesa delle parole che pronuncerà Vladimir Putin dal palco che affaccia sulla Piazza Rossa: “Questa è una guerra molto più banale di come la racconta la propaganda russa – spiega Martynov -. I soldati, o almeno buona parte tra loro, non combattono per la patria o per la restaurazione del grande impero russo, ma perché se sei un soldato hai accesso al credito agevolato per comprarti una casa. Capito? Sono morte decine di migliaia di soldati per un mutuo”.
E Putin, per cosa combatte?
Putin è in un vicolo cieco: vuole tornare a una situazione in cui partecipa al G8 e discute con Biden, con Macron, con Xi Jinping e con gli grandi leader internazionali. Il problema di Putin è che, a questo punto della storia, non sa più come arrivarci. Ancora di più, considerando il fatto che in Russia c’è un altissima aspettativa per una vittoria militare in Ucraina che giustifichi i sacrifici economici di questi mesi. Se non dovesse arrivare ci sarebbe una grossa crisi di consenso, per Putin.
Per l’appunto: di cosa parliamo quando parliamo di dissenso, in Russia?
È molto complicato esprimere dissenso in un Paese in cui buona parte dell’economia è controllata dalla Stato. Banalmente, se esprimi pubblicamente il tuo dissenso rischi di perdere il lavoro. Però ci sono milioni di persone in Russia che non condividono la politica di Putin.
Parliamo degli oligarchi?
No, parliamo soprattuto di giovani. Di quelli che frequentano università internazionali come quelle di San Pietroburgo ed Ekaterinburg. Il loro non è un dissenso politico manifesto, ma basato sulle piccole cose quotidiane. Molti di questi giovani vogliono semplicemente stare in pace coi loro vicini, o trovare il latte di soia al supermercato, o amare chi vogliono anche se è una persona del loro stesso sesso. È un dissenso che si fonda su tanti piccoli temi, e che finisce per disperdersi nell’immensità del territorio russo. Anche per questo fatica a coagularsi e a diventare proposta politica. Però c’è un’altra Russia, oltre a quella di Putin.
A proposito di vicini di casa della Russia: cosa ne pensa di Zelensky?
Zelensky è prima di tutto un eroe per il suo popolo. Ma è un eroe diverso dal solito. La sua capacità di usare i social media ha sorpreso Putin e lo ha messo in grande difficoltà. Putin, come ogni dittatore che si rispetti, ha una sola strategia sui social: chiuderli, o zittire chiunque non la pensi come lui. Zelensky è un’oppositore a cui non è abituato. Peraltro, Zelensky è un attore, un comico, che è la cosa più lontana che può esserci al mondo, da Putin. E questa sua capacità comunicativa è diventata un fattore cruciale, nel conflitto.
A Zelensky, Putin contrappone Vladimir Solovyov, l’anchorman della televisione russa che abbiamo imparato a conoscere anche in Italia
Solovyov è molto più vicino a Putin di quanto pensiate. Putin è il primo telespettatore dei talk show russi, che ripetono a pappagallo i suoi discorsi. Qualche settimana fa, era uscita la notizia che gli ucraini volessero uccidere Solovyov e Putin ha ordinato gli fosse data massima protezione: questo per far capire che legame ci sia tra i due.
Spesso nei programmi di Solovyov, così come in altri talk show russi, si parla della bomba atomica come inevitabile minaccia per chi intralcia i piani della Russia. Lei pensa sia una minaccia credibile?
Con Muratov discutiamo spesso della minaccia nucleare. Lui dice sempre che noi non possiamo in alcun modo evitare questa minaccia, o impedire a Putin di usare la bomba atomica. Però possiamo pubblicare i giornali. E dire ai russi che questa è una minaccia rivolta soprattutto contro di loro, non contro l’Occidente o i Paesi nemici. Noi possiamo solo spiegare quanto una guerra nucleare sia una prospettiva devastante soprattutto per i russi. Molti in Russia sottovalutano questo aspetto, perché la propaganda gliela racconta in un mondo molto diverso.
Anche il ministro degli esteri Lavrov ha raccontato, proprio in un talk show italiano, una storia un po’ diversa sulla Shoah, in cui ha parlato di Hitler ebreo e degli ebrei come i primi antisemiti. Come l’hanno presa, gli ebrei che vivono in Russia, queste affermazioni?
Nonostante tutta la propaganda sulla denazificazione, gli ebrei non si sentono per nulla sicuri in Russia. Io ho molti amici ebrei che abitano a Mosca, e che parlano sempre più spesso di andarsene dal Paese.