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Kiev si sveglia in un incubo, la guerra è arrivata: le voci dall’Ucraina

Tutta l’Ucraina è in guerra. I cittadini sono chiusi in casa o provano a scappare. E hanno paura. Fanpage ha raccolto le loro testimonianze in tempo reale.
A cura di Chiara Daffini
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Tutta l’Ucraina da stanotte è in guerra. Anche i cittadini che non credevano si sarebbe arrivati a uno scontro armato ora sono chiusi in casa o provano a scappare. E hanno paura. Fanpage ha raccolto le loro testimonianze in tempo reale.

Il Natale è finito, ma quei lampi, in cielo, non sono fuochi d’artificio per festeggiare il nuovo anno.

Il risveglio di Kiev

Kiev, che fino a ieri andava avanti (quasi) imperterrita, fra traffico e luminarie, attività commerciali e la solita routine degli abitanti, questa mattina alle 4 (3 ora italiana) si è svegliata all’improvviso, non da ma in un incubo.

Kiev, radio Svoboda
Kiev, radio Svoboda

Spari. Che si sentono dai palazzi della capitale. Liudmyla (tutti i cognomi in questo servizio sono omessi per ragioni di sicurezza) abita davanti allo stadio Spartak: «È chiuso da settimane – racconta -, ci atterrano gli elicotteri che portano in ospedale i soldati dal Donbass, ma solo ora mi rendo conto che la guerra è proprio arrivata». Intanto, sui social, arriva il messaggio del sindaco Vitalij Klyčko:

Dalla pagina Facebook del sindaco di Kiev Vitalij Klyčko
Dalla pagina Facebook del sindaco di Kiev Vitalij Klyčko

Cari kievani!

L'Ucraina è sotto attacco.

Gli spari si sentono a Kiev.

Il peggior nemico ora è il panico. Non perdiamo la nostra resistenza.

Chi non è coinvolto nelle infrastrutture critiche e nell'assicurazione vita cittadina, stia a casa.

Tenete pronta la tua "valigia dei guai". Documenti, un minimo di cose richieste. Per arrivare velocemente, se necessario, al rifugio.

Le autorità cittadine nella capitale continuiamo a garantire il funzionamento della città.

Teniamo duro! Dobbiamo alzarci!

"Restate in casa"

Con l’albeggiare inizia il ripetersi intermittente delle sirene, le volanti della polizia percorrono piazza Maidan, in pieno centro a Kiev, ordinando dagli altoparlanti di stare in casa. Ma alcuni decidono di fuggire, non prima di aver fatto rifornimento di carburante e medicinali, come testimoniano le code davanti a distributori e farmacie.

Odessa, coda davanti a una farmacia
Odessa, coda davanti a una farmacia

Aeroporti e depositi militari sono sotto attacco, lo conferma Yury, militare in Donbass dal 2014, che aggiunge però: «Stiamo resistendo».

Scappare o tornare?

Anche Roman fa parte delle forze di difesa, ma come carabiniere: «Ho aspettato, forse troppo. Ma adesso la priorità è mandare mia moglie e i miei figli piccoli in Polonia, io devo restare, ho un dovere civico».

Mykolayv, code davanti a un bancomat
Mykolayv, code davanti a un bancomat

Antonina è una cantante, vive a Mykolayv, nel sud dell’Ucraina, e ha studiato italiano. «Mio marito sta cercando di mandarmi dei soldi dalla Romania, per scappare, ma le banche sono chiuse e ai bancomat ci sono file interminabili, stare fuori è molto pericoloso». Le chiediamo se ha intenzione di scappare, insieme al papà di 83 anni: «Per ora monitoriamo la situazione con le notizie, qui dicono che l’armata resiste, ma io ho comprato da mangiare per un tempo indeterminato».

Invece chi ha già fatto le valigie e preso la macchina sono Elena, Vladimir e la piccola Veronika. Solo due settimane fa avevano accolto noi di Fanpage nella loro casa di Boryspil, a 20 km da Kiev, dove si trova uno sei principali aeroporti del Paese. Chiuso, come tutti gli altri.

Elena e Vladimir erano convinti che la guerra non sarebbe arrivata da loro, ma adesso hanno paura e hanno caricato in macchina la loro piccola, di soli 5 anni, per spostarsi verso Leopoli, a ovest. «Proviamo a entrare in Polonia, ma non sappiamo se sarà possibile», dicono. Nel frattempo hanno chiuso la casa, lasciato vestiti, elettrodomestici, i giocattoli di Veronika e il cibo nella dispensa, dove rimangono nei cartoni alcuni panettoni portati dalla zia che vive in Italia. Perché «a Veronika piacciono tantissimo».

Mentre tutti scappano, Alberto vorrebbe tornare. Da Pescara si è trasferito in Ucraina sei anni fa, vive a Kiev, mezz’ora a piedi dal centro, e lì ha uno studio di architettura e design, ma soprattutto lì ormai c’è la sua famiglia: la fidanzata Anastasia, con i genitori di lei e la nonna disabile. «Sono disperato – ci dice in un messaggio vocale -, ero tornato in Italia qualche giorno fa per il rinnovo del visto, ho già il biglietto di ritorno, ma da stamattina tutti gli aeroporti sono chiusi. Sto cercando il modo per raggiungere l’Ucraina via terra, ho contattato l’unità di crisi,  mi hanno risposto che non posso partire… La mia vita è finita».

"Non ci resta che pregare"

Quella della piccola Marfa, invece, non è ancora cominciata, ma è già piena di difficoltà. La sua futura mamma, Olga, vive al confine settentrionale dell’Ucraina e lavora nel mondo della musica, spesso anche in Italia. Ora però è intrappolata nel cuore della guerra: «Mio fratello è militare, ho paura per lui, per me e per la mia bambina, ma non posso fare niente. Se non pregare».

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