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Julian Assange e il caso Wikileaks

Julian Assange vince in tribunale: l’Alta Corte di Londra concede nuovo appello contro l’estradizione

L’Alta Corte di Londra ha concesso un ulteriore appello a Julian Assange contro l’estradizione negli Stati Uniti, riconoscendo come non infondate le argomentazioni della difesa del fondatore di WikiLeaks sul timore di un processo non giusto negli Usa. Qui rischia una condanna monstre a 175 anni di carcere.
A cura di Eleonora Panseri
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L'Alta Corte di Londra ha concesso un ulteriore appello a Julian Assange contro l'estradizione negli Stati Uniti, riconoscendo come non infondate le argomentazioni della difesa del fondatore di WikiLeaks sul timore di un processo non giusto negli Usa, dove rischia una condanna monstre a 175 anni di carcere.

Assange è accusato di aver rivelato il contenuto di documenti riservati del Pentagono e del Dipartimento di Stato, che includevano anche crimini di guerra commessi fra Afghanistan e Iraq. Una folla di manifestanti questa mattina si era radunata davanti alla Royal Courts of Justice di Londra, dove hanno sede la High Court e Court of Appeal.

I giudici britannici, che avevano già aperto il 26 marzo scorso uno spiraglio per la battaglia di libertà del giornalista australiano, rovesciando il no opposto in prima istanza all'ammissibilità di un estremo appello da parte della difesa di Assange, oggi, lunedì 10 maggio, erano chiamati a stabilire se la Corte si ritenesse soddisfatta o meno delle assicurazioni vincolanti preventive fornite da Washington.

Assicurazioni riguardanti il fatto che l'attivista non sarà condannato a morte negli Usa e potrà invocare la tutela sulla libertà di espressione sancita dal Primo Emendamento della Costituzione americana. Quest'ultimo rappresenta un nodo nella vicenda giudiziaria, in quanto i sostenitori di Assange, temendo un ingiusto processo, non si sentono affatto tutelati in merito.

Come aveva dichiarato la settimana scorsa in una conferenza stampa Kristinn Hrafnsson, il giornalista d'inchiesta a capo di Wikileaks, le autorità statunitensi si sono limitate a dichiarare che l'attivista lo potrà "chiedere", ma che spetta a una Corte Usa non alla pubblica accusa concederlo o meno.

Assange non presente in aula per motivi di salute

Per motivi di salute, secondo il suo avvocato Edward Fitzgerald, il 52enne australiano non era presente di persona all'udienza in cui la Procura britannica, in rappresentanza di Washington, e la difesa ha esposto le loro argomentazioni, prima che la Corte emetta la sentenza.

In una conferenza stampa tenutasi venerdì scorso, sua moglie e madre dei suoi due figli più piccoli, Stella Assange, ha confermato che le sue condizioni rimangono precarie, dopo più di cinque anni di detenzione preventiva nel carcere di massima sicurezza Belmarsh di Londra.

Dall'estradizione alla scarcerazione: i possibili esiti dell'udienza

Erano tre i possibili esiti dell'udienza odierna: l'Alta Corte accogliendo in pieno le garanzie Usa poteva dare il via libera all'estradizione a stretto giro, salvo i tempi di un ricorso d'urgenza da parte del team legale di Assange alla Corte di Strasburgo.

Altrimenti, poteva aprire alla discussione di un nuovo appello nei prossimi mesi e infine, la meno probabile, accogliere immediatamente le ragioni della difesa, con la scarcerazione del giornalista e la sua eventuale partenza per l'Australia.

Il verdetto dei giudici d'appello Victoria Sharp e Jeremy Johnson non entra nel merito del ricorso, che sarà quindi dibattuto più avanti, ma riapre la partita dell'estradizione. Dopo la lettura del breve dispositivo, gli avvocati di Assange si sono abbracciati in aula. Il cofondatore di WikiLeaks avrà ora "alcuni mesi" per preparare un nuovo "processo d'appello", precisa la Bbc. Per ora resta in custodia cautelare nel carcere di massima sicurezza londinese di Belmarsh.

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