Israele, protesta da centomila persone contro Netanyahu a Gerusalemme: è la più grande dal 7 ottobre
Ieri sera circa centomila persone si sono riuscite in protesta davanti alla Knesset, il Parlamento israeliano con sede a Gerusalemme. Già sabato sera, in migliaia erano scesi in piazza in molte grandi città di Israele, e la mobilitazione continuerà nei prossimi giorni. Le rivendicazioni dei manifestanti sono soprattutto due, e entrambe sono rivolte al governo di Benjamin Netanyahu: servono più sforzi nelle trattative per liberare gli oltre cento ostaggi detenuti a Gaza, e servono elezioni anticipate per dare una nuova guida al Paese.
Cosa chiedono i manifestanti contro il governo Netanyahu
Uno dei leader della protesta, Moshe Radman, secondo quanto riporta The Times of Israel ha dichiarato: "Siamo qui fino a mercoledì. Prima di tutto, vogliamo le elezioni perché pensiamo che questo governo non rappresenti l’opinione pubblica". Chi era in piazza a Tel Aviv anche bloccato l'autostrada principale della città, e la polizia è intervenuta con cannoni ad acqua sui manifestanti davanti al Parlamento a Gerusalemme.
I presenti hanno rivendicato che si trattasse della mobilitazione più grande dall'inizio del conflitto, partito il 7 ottobre 2023 con l'attacco di Hamas. Già nei mesi precedenti non erano mancate le proteste nei confronti del governo di Netanyahu, che poi si erano fermate. Oggi, la richiesta è che il governo si impegni di più nelle trattative, mettendo al primo posto la liberazione degli ostaggi. Per di più, Radman ha detto che le elezioni anticipate dovrebbero svolgersi prima del 13-14 maggio, il Giorno dell'indipendenza.
Ieri sera, il primo ministro ha escluso la possibilità delle sue dimissioni in un intervento televisivo: le nuove elezioni, ha detto, bloccherebbero il Paese per mesi e questo renderebbe più complicato portare avanti le trattative anche per quanto riguarda gli ostaggi di Hamas. I negoziati in Egitto in teoria dovrebbero ripartire, dato che venerdì lo stesso Netanyahu ha dato il suo via libera per la ripresa. Il giorno fissato per i nuovi incontri era ieri, secondo i media egiziani, ma non è chiaro se questo sia avvenuto. Ieri sera, poi, il primo ministro si è operato urgentemente per un'ernia: il procedimento è avvenuto "con successo", ha fatto sapere il suo ufficio stampa.
Idf si ritira da ospedale al-Shifa, Hamas si "scusa" con abitanti di Gaza per le sofferenze
Questa mattina, l'esercito di Israele ha iniziato il ritiro dall'ospedale al-Shifa. I carri armati erano entrati nel complesso ospedaliero circa due settimane fa. Le forze di difesa israeliane (Idf) hanno confermato ufficialmente il ritiro, dicendo di aver completato le "operazioni mirate" che dovevano svolgere. Il ministero della Sanità di Gaza – guidato da Hamas – ha detto di aver ripreso il controllo della struttura e di aver trovato "decine di corpi" nell'ospedale, oltre a danni "molto significativi" agli edifici. Da Hamas è anche arrivata una dichiarazione pubblica con le "scuse" agli abitanti di Gaza per le sofferenze causate dal conflitto, pur insistendo sulla volontà di raggiungere "vittoria e libertà".
Oggi è atteso anche un incontro virtuale tra rappresentanti del governo Netanyahu e dell'amministrazione Biden degli Stati Uniti, secondo Axios. Il vertice dovrebbe discutere l'intervento militare a Rafah, che il premier israeliano continua a ritenere necessario. Ieri il presidente dell'Oms Tedros Ghebreyesus ha denunciato che le forze israeliane hanno attaccato l'ospedale di Al-Aqsa a Gaza, uccidendo quattro persone e ferendone 17. Israele ha detto che il bombardamento ha colpito un "centro di comando operativo" di Hamas, che si sarebbe trovato "nel cortile dell'ospedale", che la struttura sanitaria non sarebbe stata danneggiata.