Negli attacchi israeliani su Gaza sono stati usati database creati dall’Intelligenza artificiale. Secondo un’inchiesta realizzata dal magazine israeliano-palestinese +972 e da Local Call, ripresa dal Guardian e che cita fonti di intelligence, 37mila obiettivi potenziali sono stati identificanti per possibili legami con Hamas e Jihad islamica. Il sistema, denominato Lavender, ha permesso all’esercito israeliano di uccidere un gran numero di civili palestinesi, soprattutto nelle prime settimane e nei primi mesi del conflitto.
Un uso senza precedenti dell’AI
Si tratta di un uso mai sperimentato prima in campo bellico che solleva dubbi legali e morali trasformando il rapporto tradizionale tra personale militare e strumenti bellici. “Abbiamo a che fare con un uso dell’Intelligenza artificiale senza precedenti”, ha commentato un funzionario dell’intelligence, citato dal Guardian. “La macchina ha prodotto dei calcoli freddi e questo ha reso più semplice l’esecuzione degli ordini”, ha aggiunto.
“In venti secondi avrei raggiunto ognuno dei miei obiettivi, colpendone decine ogni giorno. Non ho potuto fornire alcun valore aggiunto come essere umano se non per una approvazione formale nel colpire i target che ha permesso di guadagnare molto tempo”, ha continuato la fonte che ha chiesto l’anonimato.
A raccogliere le testimonianze dei funzionari di intelligence è stato il giornalista Yuval Abraham di+972. Lavender ha processato una massa impressionante di dati per identificare potenziali sostenitori operativi di Hamas. Inizialmente sono stati inclusi in una prima lista 37mila palestinesi con potenziali legami con il gruppo. Lavender è stato sviluppato dall’unità 8200 dell’esercito israeliano.
I militari dell’IDF hanno usato meccanismi di autorizzazione preventiva per il numero stimato di civili che sarebbero stati uccisi negli attacchi prima dell’autorizzazione dei raid. Secondo l’inchiesta giornalistica, nelle prime settimane degli attacchi, IDF ha ricevuto il disco verde per uccidere tra i 15 e i 20 civili nei raid aerei contro militanti di base di Hamas. Questi attacchi sono stati effettuati usando munizioni senza pilota che hanno distrutto intere case e chi ci abitava.
“Non vogliono sprecare armi costose per persone di poco rilievo”, ha dichiarato una delle fonti. “Gli attacchi sono stati effettuati con bombe standard che hanno spesso distrutto intere abitazioni e chi ci viveva”, ha continuato la fonte. “Anche se un attacco viene cancellato, non è molto importate perché ce ne sono altri 36mila da colpire”, ha ammesso.
L’uso dell’Intelligenza Artificiale contro le case di sospettati con legami con Hamas e altri gruppi, attivi a Gaza, può aiutare a spiegare l’alto numero di morti nella guerra e le "politiche di genocidio" che vanno avanti dal 7 ottobre scorso e che hanno causato oltre 33mila tra i palestinesi, soprattutto donne e bambini.
IDF ha dato prime spiegazioni alle accuse avanzate dall’inchiesta giornalistica sostenendo che gli attacchi sono avvenuti secondo le regole di proporzionalità, presentate dal diritto internazionale.
“Si tratta di liste che permettono di raccogliere informazioni operative su possibili accusati di terrorismo, non di obiettivi da colpire”, si legge nella nota pubblicata da IDF. “L’esercito israeliano non usa sistemi di intelligenza artificiale per identificare terroristi o per predire se una persona è un possibile terrorista”, prosegue il documento.
Un database con decine di migliaia di individui
Nei conflitti precedenti a questo l’identificazione e la decisione di colpire un obiettivo avrebbe richiesto un processo lungo, inclusa una possibile discussione con un team legale. Nelle settimane dopo il 7 ottobre, questo modello di approvazione dei raid su obiettivi civili ha subito un’accelerazione senza precedenti, secondo il report.
Per aumentare il numero degli obiettivi da colpire, IDF ha fatto un uso diffuso di Lavender per generare prima di tutto un database di individui da colpire. Si tratta soprattutto di decine di migliaia di persone, considerati come parte della base del sostegno all’ala militare di Hamas. Con l’aggiunta del sistema Gospel sono stati identificati, in seguito, edifici e strutture da colpire.
“La definizione di ‘sostenitore di Hamas', dal 7 ottobre scorso, è stata usata in senso estensivo. E così una lunga lista di personale civile, polizia e altri che non hanno fatto necessariamente uso della violenza contro i soldati israeliani sono stati inclusi”, ha ammesso una fonte di intelligence. “In quella fase c’era una politica permissiva nell’alzare l’asticella del numero di persone da colpire che aveva elementi avvicinabili alla vendetta”, ha accusato un funzionario.
Gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023 hanno causato 1200 morti israeliani e oltre 200 ostaggi, alcuni dei quali sono ancora nelle mani del gruppo a Gaza. Quando l’esercito israeliano ha voluto colpire la manovalanza di Hamas ha preferito farlo quando erano a casa. “È molto più semplice colpirli in casa, il sistema è fatto per trovarli in queste situazioni”, aggiungono gli ufficiali di intelligence.
Questa strategia ha implicato un aumento del numero di perdite civili considerate accettabili nei raid. Secondo l’inchiesta, IDF ha considerato accettabile uccidere fino a 100 civili per attacchi contro i leader di Hamas. Numeri che sono andati fluttuando verso l’alto soprattutto nelle prime settimane degli attacchi. In quella fase potevano essere uccisi fino a 15 non combattenti, un numero assolutamente eccessivo di “danni collaterali” secondo gli esperti di diritto internazionale, per colpire anche un solo militante di base di Hamas a Gaza.
Ma le stime di morti civili erano imprecise in quella fase perché non era possibile sapere con certezza quante persone si trovassero in quel determinato edificio nel preciso momento dell’attacco. “IDF rifiuta ogni accusa di aver ucciso migliaia di persone nelle loro case”, prosegue la nota dell’esercito israeliano. Eppure questa strategia ha il sapore della vendetta per gli ufficiali di intelligence intervistati.
“Nessuno in quelle settimane pensava a cosa sarebbe successo dopo o come sarebbe stato possibile vivere a Gaza”, ha ammesso uno di loro. “C’era una grande contraddizione: da una parte, si respirava un senso di frustrazione perché non si stava facendo abbastanza, dall’altra, migliaia di palestinesi, soprattutto civili, venivano uccisi ogni giorno”, ha concluso un intervistato.