Israele, Gaza e il Medio Oriente a un anno dal 7 ottobre
41mila morti, quasi 90mila feriti a Gaza, circa 200mila sfollati solamente in Libano. È quello che è successo da quando, il 7 ottobre 2023, si è riacceso il conflitto tra Israele e Palestina. Ma cos’è successo in questi dodici mesi? A un anno da quella data, proviamo a ricostruire come si è arrivati fin qui.
Che cos'è successo il 7 ottobre 2023 e perché Hamas ha attaccato Israele
Il 7 ottobre, i miliziani di Hamas attraversano il confine della Striscia di Gaza e attaccano a sorpresa Israele. I combattenti del gruppo terroristico penetrano nei kibbutz e colpiscono civili e militari. Un attacco feroce, che prende di mira anche il Supernova Festival, organizzato per la festività ebraica di Smichat Torah. Le immagini dei giovani in fuga dagli spari fanno il giro del mondo. Contemporaneamente, razzi vengono lanciati contro le postazioni militari israeliane. Alla fine della giornata il bilancio delle vittime per Israele è drammatico: oltre 1200 morti e circa 250 ostaggi catturati.
La data del 7 ottobre non è casuale. È il cinquantesimo anniversario della guerra del Kippur, il conflitto tra arabi e israeliani. Quella tra Israele e Palestina è una questione irrisolta che va avanti da decenni. Dalla proclamazione dell'indipendenza di Israele nel 1948, dopo la fine della Seconda Guerra mondiale, la Palestiniaso tra il neonato Stato israeliano e i Paesi arabi confinanti. Dalla fine degli anni 60 Israele ha iniziato un'espansione verso le terre abitate dalla popolazione palestinese, costruendo insediamenti e controllando di fatto il territorio.
Dopo il ritiro delle truppe israeliane nel 2005 e l’acquisizione di Hamas del controllo della Striscia, Gaza finisce sotto un blocco militare che la trasforma in una prigione a cielo aperto. Un milione e mezzo di persone vive in 360 km2, isolata dal resto del mondo. Israele controlla chiunque entra o esca dal territorio, così come l’accesso di risorse tra cui acqua, cibo ed elettricità. Per Hamas l’attacco è la risposta a “un’occupazione iniziata cento anni fa”. Il 7 ottobre si inserisce dunque in un contesto di estrema instabilità, che negli anni precedenti aveva già visto scontri e sanguinose repressioni.
Dopo il 7 ottobre: inizia la controffensiva israeliana
Due giorni dopo l’attacco, il 9 ottobre, il premier israeliano Benjamin Netanyahu dichiara lo stato di guerra e mobilita migliaia di riservisti per riconquistare le aree finite sotto il controllo di Hamas e colpirne gli obiettivi strategici. Inizia una controffensiva massiccia con bombardamenti a tappeto sulla Striscia e, a fine ottobre, parte l’invasione di terra su vasta scala. È l’inizio dell’Operazione Spade di Ferro.
L’obiettivo? Per l’esercito israeliano colpire le strutture di comando di Hamas, ma la realtà è ben più complessa. Dal momento che la maggior parte di queste strutture è vicino a zone densamente abitate da civili. La crisi umanitaria a Gaza peggiora rapidamente e a novembre la situazione precipita: mancano acqua, carburante, cibo e farmaci. Migliaia di palestinesi restano uccisi nei primi 30 giorni di conflitto. Non vengono risparmiati neanche gli ospedali: al-Shifa, il più grande, finisce sotto assedio. Oggi non esiste più.
Iniziano le evacuazioni attraverso il valico di Rafah, unico accesso verso l'Egitto per i gazawi in fuga dai bombardamenti e il 24 novembre scatta la tregua tra Israele e Hamas. Grazie all’intervento nei negoziati di Qatar e Egitto una cinquantina di ostaggi israeliani vengono liberati in cambio di circa 150 prigionieri palestinesi. Ma la pace dura poco, il 1° dicembre, le ostilità riprendono.
La guerra però si combatte anche fuori dalla Striscia. Da una parte ci sono gli Houthi, i ribelli yemeniti sostenitori della causa palestinese, che cominciano a sferrare una serie di attacchi nel Mar Rosso contro le navi mercantili dirette verso Israele. Dall’altra c’è Hezbollah, organizzazione paramilitare libanese,vicina all’Iran e schierata al fianco del popolo palestinese.
Nel frattempo, tra dicembre e le prime settimane dell’anno si intensificano i raid aerei e le incursioni delle forze di difesa israeliane contro le roccaforti di Hamas. Mentre gli occhi sono puntati su Gaza, aumentano le tensioni anche in Cisgiordania con diversi palestinesi morti e centinaia di feriti.
Ma in tutto questo cosa fa il resto del mondo? Sin da subito gli Stati Uniti si impegnano in un’azione diplomatica, ma nonostante i viaggi del Segretario di Stato Antony Blinken in Medio Oriente, le trattative per un cessate il fuoco restano in stallo. Netanyahu ribadisce che la guerra non si fermerà finché Hamas non sarà completamente distrutto.
A marzo il Consiglio di Sicurezza dell’Onu approva per la prima volta una risoluzione che chiede il cessate il fuoco a Gaza e il rilascio di tutti gli ostaggi, ma senza successo. Gli scontri continuano e aumenta la pressione attorno a Israele dopo l'attacco di droni che a inizio aprile provoca la morte degli operatori umanitari della ong World Central Kitchen.
L'intervento dell'Iran e le critiche nei confronti di Netanyahu
Ad aprile, un nuovo capitolo: in risposta al bombardamento israeliano sull'ambasciata dell’Iran a Damasco, Teheran interviene lanciando un pesante attacco di missili contro Israele. Quasi tutti vengono intercettati dall’Iron Dome, il sistema antimissile israeliano. Si evita una catastrofe.
Nel frattempo aumentano le critiche nei confronti di Netanyahu. Il procuratore della Corte penale internazionale dell'Aja chiede un mandato di arresto per il premier isreaeliano e i leader di Hamas accusandoli di crimini di guerra. Anche la Corte internazionale di Giustizia ordina di fermare l'offensiva a Rafah, nel frattempo finita sotto il controllo dell’esercito israeliano. I negoziati sono a un punto morto.
A fine luglio l’uccisione del capo politico di Hamas vanifica gli sforzi diplomatici per una tregua. Per il Tribunale internazionale dell’Onu l’occupazione militare dei territori palestinesi da parte di Israele "è illegale" e deve cessare "immediatamente". Ma dopo dieci mesi dall’inizio della guerra, le trattative per una pace sembrano ormai senza via d’uscita e la situazione umanitaria a Gaza disastrosa.
Cosa sta succedendo oggi in Medio Oriente
Arriviamo ad oggi. In quest’ultimo mese il conflitto si è esteso anche al Libano, con l’obiettivo, per Israele, di decapitare Hezbollah. Qualche giorno fa in un raid dell’Idf è rimasto ucciso il leader Hassan Nasrallah. L’ingresso di Tel Aviv nel territorio libanese, per la prima volta dal 2006, ha provocato nuovamente la reazione dell’Iran, intervenuto al fianco dell’alleato Hezbollah.
Un anno dopo il 7 ottobre 2023, il Medio Oriente è in fiamme. Si stima che la guerra sia costata finora 67 miliardi di dollari, ma il conto potrebbe essere ben più alto. E mentre la comunità internazionale si interroga sul futuro del conflitto, le vittime aumentano. Oggi, il bilancio a Gaza sfiora i 42 mila morti ma un cessate il fuoco sembra ancora lontano.