Isis, Obama preme sugli alleati. A Kobane più di 660 morti in un mese
Sono oltre 660 le persone rimaste uccise a Kobane dall’inizio dell’offensiva lanciata dai jihadisti dello Stato islamico contro la città siriana al confine con la Turchia. Un numero all’interno del quale, secondo quanto ha precisato l’Osservatorio siriano per i diritti umani, non rientrano le vittime dei raid aerei lanciati dalla coalizione internazionale guidata dagli Usa. Nel dettaglio, dal 16 settembre a oggi sono rimasti uccisi 374 jihadisti dell’Isis, 258 combattenti delle Unità di protezione del popolo curdo (Ypg), 10 curdi impegnati al loro fianco e 20 civili. I combattenti curdi, intanto, stando a quanto comunicato da un funzionario, hanno riconquistato alcune zone della città. Le forze di autodifesa curde avrebbero guadagnato terreno nell’est e nel sud-est della città, riducendo la presenza dei combattenti del Califfato a circa il 20% dell’area urbana. I curdi sono ottimisti sul fatto di poter cacciare l’Isis dalla città assediata nell’arco di qualche giorno.
Isis, Obama in videoconferenza con gli alleati
Intanto ieri, nel giorno in cui il presidente americano Barack Obama si è confrontato via telefono con i principali leader europei compreso Matteo Renzi, è arrivato l’allarme del Consiglio Supremo della Difesa. L’Italia e l’Europa sono esposti a “rischi rilevanti” a causa della “pressione militare” dello Stato islamico in Iraq e Siria, così il Consiglio riunitosi al Quirinale. “È necessario che l’Italia, insieme a Nazioni Unite e Unione Europea, consideri con estrema attenzione gli eventi in corso ed eserciti ogni possibile sforzo per prevenire, in particolare, l’ulteriore destabilizzazione della Libia”, ha sottolineato ancora. Obama, in videoconferenza con Renzi, Merkel, Cameron e Hollande, ha fatto il punto della situazione in Iraq e in Siria e dei risultati raggiunti con l'intensificazione dei raid aerei nelle ultime ore. Il presidente americano ha esortato i paesi impegnati nella lotta all'Isis ad una maggiore unità avvertendo che non ci sono soluzioni rapide e che lo sforzo è “ancora nella fase iniziale”.