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Iraq: l’Isis brucia vive 19 donne yazide. Rifiutavano i rapporti sessuali coi miliziani

Le done sono state chiuse in alcune gabbie nel centro di Mosul e arse vive davanti a centinaia di persone.
A cura di Davide Falcioni
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Diciannove donne della minoranza yazida sono state chiuse in una gabbia e arse vive dai miliziani dello Stato Islamico. E' accaduto a Mosul, in Iraq, e a renderlo noto è stata l'agenzia di stampa curda Ara News, secondo cui i fatti l'orrore si è consumato lo scorso 2 giugno. Le vittime erano state rapite dagli uomini del califfato per farne delle schiave sessuali, ma secondo alcune testimonianze sono state chiuse in delle gabbie nel centro della città e bruciate vive di fronte a centinaia di persone costrette a guardare senza poter fare nulla per salvarle. Un uomo ha riferito ad ARA News che le giovani sono state punite per essersi rifiutate di concedersi ai miliziani dell’Isis. Le 19 donne trucidate facevano parte di un più ampio gruppo di yazide sequestrate da Daesh nell'agosto del 2014 vicino a Mosul ed usate come schiave sessuali. Secondo l'Onu sono in totale 3.500 le donne yazide nelle mani degli aguzzini del sedicente cliffo Abu Bakr al Baghdadi.

Nei giorni scorsi il Washington Post ha rivelato come tra le orribili pratiche introdotte dallo Stato Islamico ci sia anche la vendita di schiave del sesso su facebook. Basandosi su un dossier del Middle East Media Research Institute (Memri), istituto che si occupa di monitorare la galassia jihadista, l'autorevole quotidiano ha spiegato come recentemente tale Abu Assad Almani, un combattente dell’Isis di origine tedesca, abbia pubblicato sulla sua pagina Facebook le immagini di alcune donne sequestrate dall'Isis offrendole come schiave. L'uomo lo scorso 20 maggio scriveva: "Per i fratelli che pensano di acquistare una schiava, questa costa 8.000 dollari". L'annuncio era accompagnato da una foto in cui appare una donna con il velo. Un altro post, sempre di Almani, riguarda una seconda ragazza, anche lei in vendita per 8.000 dollari. “Un’altra sabiyah (schiava), per circa 8.000 dollari. Sì o no?”.

Gli annunci del miliziano sono stati cancellati da facebook dopo poche ore: secondo autorevoli osservatori quei post rappresentano l'ennesima dimostrazione di quanto lo Stato Islamico sia penetrante anche grazie ai social network e alle promesse che i nuovi adepti avrebbero potuto sposare molte done nei territori controllati da Daesh. Non a caso, secondo alcune stime, potrebbero essere 1.800 le donne catturate degli uomini di Al Baghdadi.

Nei mesi scorsi Reuters ha diffuso il contenuto di una fatwa dello Stato Islamico che codifica le relazioni sessuali tra i combattenti e le donne catturate e considerate schiave da vendere e comprare, anche in comproprietà. Le indicazioni del Califfato iniziano con una domanda: "Alcuni fratelli hanno commesso violazioni in materia di trattamento delle schiave. Queste violazioni non sono consentite dalla legge della sharia perché queste regole non sono aggiornate al nostro tempo. Ci sono indicazioni sull'argomento?". Segue una lista di "regole", spesso molto dettagliate, che "legittimano" lo stupro in alcuni casi e lo proibiscono in altri. La fatwa impone che un padre e un figlio non possono avere rapporti sessuali con la stessa schiava. Poi ancora: ""Non si possono avere rapporti con una donna con il ciclo mestruale", "è vietato fare sesso anale con una prigioniera", "se è incinta, non si può fare sesso con lei fino al parto" e "non le si può causare un aborto". Tra le "norme" da rispettare si legge anche che "se due o più individui comprano insieme una prigioniera, nessuno di loro può avere rapporti con lei perché è proprietà condivisa".

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