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Iran, Roya Heshmati rifiuta velo, punita con le frustate: “Li ho sfidati per tutte le donne”

L’Iran punisce con 74 frustate chi non vuole portare il velo. Roya Heshmati, attivista iraniana, si è presentata senza il hijab anche nella “camera di tortura medievale”: le è stato messo a forza sulla testa. “Non ho contato i colpi: nonostante il dolore, non lasciavo loro vedere la mia sofferenza”.
A cura di Biagio Chiariello
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Roya Heshmati è un'attivista iraniana che si oppone all'uso del velo obbligatorio a Teheran. È stata punita con 74 frustate per aver diffuso una sua foto senza l'hijab, cioè il velo. La condanna è stata eseguita lo scorso 3 gennaio: prima della flagellazione, la giovane si è di nuovo tolta il velo e si è rifiutata di indossarlo. Una dipendente del tribunale glielo avrebbe quindi messo di forza sulla testa.

”Accompagnata dal mio avvocato, sono entrata nell’ufficio del procuratore del Distretto 7 togliendomi deliberatamente l’hijab. Ignorando gli ordini dei funzionari, ho mantenuto la mia posizione”, ha raccontato Roya sul proprio profilo Facebook (ora inaccessibile). La ragazza ha paragonato il luogo delle frustate a una "camera di tortura medievale".

“Il giudice mi ha chiesto se se stavo bene e io sono rimasta in silenzio, mostrando la mia resistenza" ha proseguito. "Poi mi è stato ordinato di prepararmi per le frustate. Ho appeso il cappotto e la sciarpa, rifiutandomi di indossare l’hijab nonostante la loro insistenza. Quando sono iniziate le frustate, ho recitato in silenzio una poesia sulla liberazione e la resistenza. Nonostante il dolore, non lasciavo loro vedere la mia sofferenza”, rivendica. Roya è stata colpita sulla sua schiena, sui glutei e sulle gambe.

“Dopo la punizione”, conclude, “ho continuato a sfidare le loro richieste di indossare l’hijab, simbolo della mia ferma posizione contro l’oppressione. In nome delle donne, in nome della vita, le catene della schiavitù sono state spezzate”.

La foto costata la condanna a Roya Heshmati
La foto costata la condanna a Roya Heshmati

L'attivista era stata condannata anche a un anno di reclusione con la sospensione della pena e al divieto di lasciare l'Iran per tre anni. Un controsenso, visto che il giudice incaricato dell'esecuzione della sentenza, racconta semprea Roya, le ha consigliato di "vivere all'estero per una vita differente" e si è sentito rispondere con la riaffermazione dell' "impegno per la resistenza" contro il regime degli ayatollah e contro la negazione dei diritti umani, per le donne in particolare, di cui l'obbligo del velo rappresenta sicuramente uno dei principali simboli.

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