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Iran, polizia spara a genitali e seno delle manifestanti: 11 i condannati a morte, alcuni sono minorenni

Dopo il primo manifestante impiccato, sono almeno 11 i cittadini iraniani condannati a morte dal regime per aver preso parte alle proteste. Intanto la polizia spara alle donne in piazza: colpite al viso e ai genitali.
A cura di Chiara Ammendola
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Sono undici i cittadini iraniani condannati a morte dal regime per aver preso parte alle manifestazioni che hanno invaso il paese da più di due mesi. La denuncia arriva dalle ong che monitorano la situazione in Iran dove ieri è stato giustiziato il primo manifestante: Mohsen Shekari.

Secondo Amnesty International però la lista dei condannati a morte è assai più lunga e il fatto che le autorità della Repubblica islamica non diffondano i nomi dei condannati rende la situazione ancora più drammatica. “Lo scopo è ridurre i loro contatti con le famiglie, e impedire un equo accesso alla difesa – la denuncia della ong Iran Rights Watch – corriamo il rischio di avere esecuzioni di manifestanti ogni giorno”.

Intanto continua la repressione violenta da parte delle forze di sicurezza iraniane nei confronti dei manifestanti: le proteste si sono infatti allargate in tutto il Paese intensificandosi proprio nei giorni scorsi. E secondo le organizzazioni no profit che operano sul territorio gli agenti avrebbero iniziato a reprimere i cortei sparando a distanza ravvicinata, accanendosi contro le donne, colpendole al volto, agli occhi, al seno e ai genitali. La conferma arriva anche da alcuni medici che, secondo quanto riportato dal Guardian, hanno curato le ferite di tantissime donne che, soccorse in strada, sono state poi portate in luoghi protetti e al riparo delle forze di polizia, per essere medicate.

Fondamentale in questo senso, secondo Amnesty, è la presa di posizione da parte della comunità internazionale che deve condannare con fermezza quanto sta accadendo in Iran. La notizia della prima condanna a morte ha incontrato le critiche feroci di Stati Uniti ed Europa. In Italia il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha parlato di un "punto di non ritorno" e ha fatto sapere che "continueremo in ogni sede, con le nostre pressioni diplomatiche, a difendere la libertà e i diritti umani violati da Teheran".

Il ministro degli Esteri iraniano ha risposto spiegando che "nel contrastare le rivolte, l'Iran ha mostrato la massima moderazione e, a differenza di molti regimi occidentali che diffamano e reprimono violentemente anche i manifestanti pacifici, l'Iran ha impiegato metodi antisommossa proporzionati e standard. Lo stesso vale per il processo giudiziario: moderazione e proporzionalità". Intanto il capo della Giustizia iraniana Gholam-Hossein Mohseni-Ejèi ha annunciato che "le sentenze inflitte per le proteste" saranno presto eseguite.

La magistratura iraniana ha confermato nei giorni scorsi la pena capitale per cinque persone, per avere per aver ucciso a pugnalate un membro delle forze paramilitari Basij il 3 novembre a Karaj, durante duri scontri tra manifestanti e forze dell'ordine, mentre si teme per le sorti di Fahimeh Karimi, allenatrice di pallavolo e madre di tre bambini piccoli, arrestata durante le manifestazioni.

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